Voce e colore hanno ombre lunghe...
iniziano con il viaggio della crescita
s’intensificano a ogni contatto con la realtà.
(Flavio Ermini)
Se è vero che Nessun uomo è un’isola – come scrive John Donne –, è ancor più vero che nessuna espressione del pensiero – poesia, pittura, scultura, filosofia o scienza – può costituirsi in solitudine, senza un confronto molteplice. Si può, ad esempio, intraprendere un viaggio nella pittura e scoprire attraverso lo sguardo del poeta-filosofo un mondo impensato, un mondo in cui sono presenti molteplici incroci da cui si distendono vie di incessante flusso esperienziale.
Un canto a due voci, Ali del colore, quella dell’arte e quella della poesia-filosofia che insieme ci permettono di calarci nelle incrinature dell’io e contemporaneamente ci sollevano verso apertura cosmiche.
La convinzione che la pittura è poesia silenziosa e la poesia pittura parlante la troviamo – è bene ricordarlo – già a fondamento dell’Ars poetica oraziana, in quell’ut pictura poesis che dal Rinascimento in poi alcuni pittori e teorici dell’arte ribaltarono nell’ut poesis pictura.
Nei secoli seguenti, e per tutto il Novecento, non mancarono separazioni o fusioni tra le due espressioni artistiche, più o meno legittimate da scuole di pensiero, più o meno felicemente attuate.
In Ali del colore, il rapporto tra le due arti sembra configurarsi come un’esperienza raffinata e sinestetica che potrebbe aprire al confronto (o rivelare semplicemente la simbiosi) tra la poetica della pittrice Giovanna Fra e il pensiero del poeta Flavio Ermini.
Questi dà geniale lettura dei dipinti della Fra, in una scrittura poetica e “visionaria”, chiaramente fluente dal proprio pensiero filosofico: si rivolge al “soggetto”, a quel “tu” che vive il colore delle carte della Fra, per ordire sulla figura che via via gli appare, un affascinante “racconto” poetico/filosofico: Ti avvicini alla fonte… Grazie al colore appari…
Nella pagina che affianca il dipinto, e così per tutto il libro, catturano l’attenzione e assumono rilievo, le riflessioni/narrazioni che Ermini, da poeta-filosofo, esprime, proprio in conseguenza del “corpo” che egli “vede”.
Non corpo oggetto, ma corpo vivente dell’essere umano che, nella specifica prospettiva erminiana, vuole indicare il momento imprescindibile dell’unità tra corpo e io/pensante: corpo come spirito o come pensiero incarnato. Corpo che cadi per sorgere, corpo che allontanandosi dalla fonte – certo la primordiale origine – segnala l’imminenza della luce e denuncia l’interminabilità della nascita.
Flavio Ermini – scrive lo storico dell’arte contemporanea, Silvia Ferrari, nel saggio Il colore e le ali a chiusura del testo – materializza l’assente, esplicita ciò che la pittura di Giovanna Fra sottintende, e gli conferisce un respiro assoluto, cosmogonico.
Non solo. Ermini va più in là, vuole dare valore all’immediatezza dell’esistenza proprio con la riaffermazione del primato della corporeità che si rivela anche nella presenza di un mistero: In un primo tempo, eri tu a spingerti verso l’alto. Ora ti accorgi che è il corpo ad allontanarsi dalla terra.
Corpo cosciente e vivente che fa parte della dimensione dell’“essere”: C’è una speranza mai completamente arresa al fondo delle ribellioni del corpo… E questo è sufficiente per fartelo accettare. […] Raggiunge con le sue larghe ali i confini del cielo.
La prospettiva filosofica di Ermini coglie così, nei dipinti della Fra, la problematica del soggetto esistenziale; anche se il corpo/soggetto e il corpo/oggetto si contrappongono (i due corpi sono le opposte curvature su cui oscilla l’anima), l’io pensante ne prende consapevolezza e, attraverso il colore, cerca di superarli: con il colore elimini ogni residuo contatto dell’impensato con il tuo corpo.
Nella sezione “Il secondo corpo” Ermini “vede” e “narra” del corpo quasi come in preda al mistero dell’essere umano che cerca di sfuggire a se stesso per trovare pacificazione nelle promesse di un altro corpo. Sarà il colore a segnare in maniera indelebile l’intero tragitto … compromesso da una profonda disarmonia, il colore in realtà è fatto di polvere, proprio come la bocca.
Ciò implica la necessità di pensare all’unità dell’uomo, nel rapporto intrinseco tra corpo e anima.
Il secondo corpo resta scisso nettamente in parti inconciliabili: a un’interiorità consolidata e armonica si oppone un’esteriorità precaria, che contempla a ogni singolo passo una caduta.
In questa singolare “visione” è chiaro che Ermini, da poeta, si muove al di fuori tanto della metafisica quanto della gnoseologia e prosegue un itinerario verso l’orizzonte dell’ontologia dell’esistenza, dove l’essere e il mistero promuovono la valorizzazione del soggetto pittorico come corpo di un soggetto personale.
Nella terza e ultima parte, “Il volto della costruzione”, il poeta-filosofo interpreta le pennellate della Fra come il tentativo di liberarsi (le ali) dalle categorie proprie del colore, che poi altro non sono che quelle umane del desiderio, dell’amor proprio, del timore: Il corpo rifiuta ogni accomodamento con il colore ed esce dal bozzolo delle garanzie.
Ma potrebbe considerarsi anche l’invito a una riflessione introspettiva focalizzata sul mistero della condizione umana: Tra elementi conoscitivi e affettivi, quali sono per esempio il colore e la voce, solo la sorte è prossima a un disegno accettabile dell’essere.
E continua: Voce e colore hanno ombre lunghe, che iniziano con il viaggio della crescita e s’intensificano a ogni contatto con la realtà.
Osservando i dipinti di Giovanna Fra, alla luce della lettura che ne dà Flavio Ermini, indubbiamente si valorizza la corporeità che “vive” e che sente, ma ancor più si resta conquistati dalla sostanziale unicità dell’essere umano in tutte le sue specifiche manifestazioni.
La narrazione poetica/filosofica di Ermini, in sostanza, mette a fuoco nelle tre sequenze i nodi problematici della pittura della Fra, ovvero: il cammino Dall’essere all’impensato, la consapevolezza di sentimento corporeo, Il secondo corpo, e l’apertura alla trascendenza, Il volto della costruzione (il corpo sta rinunciando a essere visto).
Ma nel rivendicare, pur con linguaggi diversi, la centralità della presenza esistenziale dell’interiorità dell’essere umano, sia i dipinti sia la narrazione poetica si proiettano verso l’orizzonte indefinibile e indeterminabile del mistero ontologico.
Giuseppina Rando
Giovanna Fra - Flavio Ermini, Ali del colore
Riflessioni di Silvia Ferrari
Anterem Edizioni, Verona 2007