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Maria Paola Forlani. Gherardo delle Notti 
Quadri bizzarrissimi e cene allegre
18 Febbraio 2015
   

La mostra Gherardo delle Notti. Quadri bizzarrissimi e cene allegre (Firenze, Galleria degli Uffizi, aperta fino al 24 maggio) a cura di Gianni Papi (catalogo Giunti) è in assoluto la prima che viene dedicata a Gerrit van Honthorst, il grande artista olandese che trascorse in Italia circa dieci anni fra il 1610-1611 e il 1620, quando all’inizio dell’estate fece definitivamente ritorno nella natia Utrecht.

Il periodo dell’attività italiana del pittore è quello qualitativamente più ricco e denso di novità stilistiche. Il suo accostamento alla rivoluzione caravaggesca fu pressoché immediato e i suoi primi dipinti attestano la forza e la crudezza dell’arte di un giovane pittore nordico folgorato dal naturalismo del Merisi.

Honthorst diventò in poco tempo un grande protagonista e le sue prove ebbero l’onore di occupare altari importanti delle chiese romane e genovesi, successo non così comune per un maestro di forte impronta naturalistica. Ben presto fu ricercato da prestigiosi collezionisti, come il marchese Vincenzo Giustiniani e il Granduca di Toscana Cosimo II. È proprio anche grazie alla passione di Cosimo II per Gherardo se oggi Firenze, e nella fattispecie la Galleria degli Uffizi, possiede sue cinque bellissime tele: fra queste, tre sono dedicate a soggetti conviviali, decisive per lo sviluppo di questa tipologia d’immagini in ambito italiano e nordico.

Anche l’ambasciatore mediceo a Roma, Piero Guicciardini, commissionò a Gherardo nel 1619 la pala per l’altare della sua cappella (la maggiore) in santa Felicita: quella grande Adorazione dei pastori dipinta a lume di notte, che fu vittima dell’attentato mafioso degli Uffizi nel 1993.

Gli anni italiani di Gherardo sono quelli irripetibili dell’esplosione caravaggesca, gli anni in cui da ogni parte d’Italia, dalla Francia, dalle Fiandre giungevano a Roma ondate di artisti, sicuri di poter trovare nella città pontificia occasioni di studio e di lavoro che nessun’altra città d’Europa poteva consentire. La precedente educazione artistica presso Abraham Bloemaert (la stessa avuta da Terbruggen artista suo conterraneo, già in Italia da qualche anno prima rispetto all’arrivo di Honthorst, e assai più amato ed apprezzato da Roberto Longhi) viene rapidamente cancellata dagli stimoli e dalle novità che Roma offriva.

Agli Uffizi, nella prima sala della mostra, in cui vengono esposte opere di pittori che costituiscono precedenti importanti per Honthorst (come Luca Cambiaso), sono presenti dipinti di artisti attivi a Roma nel momento dell’arrivo del pittore olandese, che possono averlo impressionato per le violente soluzioni luministiche come la Deposizione di Lucca di Paolo Guidotti e la grande e sorprendente Negazione di san Pietro della collezione Spier a Londra, al momento l’unica opera riconducibile alla stagione italiana di Terbrugghen.

Già in questa sala, a confronto con questi dipinti, è collocato uno dei grandi quadri della prima fase di Honthorst, quella segnata da un luminismo molto violento e da atmosfere più crude, nordiche, che appunto possono avvicinarlo a Terbrugghen e al misterioso autore della Derisione di Cristo della chiesa dei Cappuccini di Roma: la

Preghiera di Giuditta prima di uccidere Oloferne della Galleria Aaron di Parigi, cui seguono, per rappresentare questo periodo iniziale del pittore, che dura probabilmente fino al 1614, il Cristo morto con due angeli del Palazzo reale di Genova, la Cena con sponsali della Galleria degli Uffizi e Gesù nella bottega di san Giuseppe della Bob Jones University di Greenville.

Intorno alla metà del secondo decennio del Seicento lo stile del pittore matura verso un linguaggio di grande solennità caravaggesca e di equilibrata tensione stilistica, che lo faranno particolarmente apprezzare da coloro che saranno i suoi principali committenti a Roma: da una parte i fratelli Benedetto e Vincenzo Giustiniani (massimi collezionisti di opere caravaggesche), dall’altra l’ordine religioso dei carmelitani. Per Vittore Giustiniani, Honthorst eseguirà il meraviglioso Cristo dinanzi a Caifa, che la National Gallery di Londra ha eccezionalmente prestato per questa mostra. Per i carmelitani il pittore realizzerà la pala per la chiesa genovese di Sant’Anna (Santa Teresa incoronata da Cristo, del 1615 probabilmente), a Roma la famosa Decollazione del Battista nella chiesa di santa Maria della Scala (1618) e la grande pala con San Paolo rapito al terzo cielo (1617) di Santa Maria della Vittoria: le prime due sono in mostra (la terza, per le sue grandi dimensioni, è inamovibile) insieme a un’altra pala romana, la straordinaria Madonna in gloria con i santi Francesco e Bonaventura e la committente Flaminia Colonna Gonzaga della chiesa dei Cappuccini di Albano, firmata e datata 1618.

Oltre a questi grandi capolavori pubblici, in mostra è una sequenza clamorosa di dipinti capitali della stagione italiana, attestanti il livello di qualità e di profondità espressiva, nonché la sofisticata gestione delle luci provocate dalle candele e dalle torce, che Gerrit raggiunse nel secondo lustro del secondo decennio dalla Derisione di Cristo del Los Angeles Country Museum al Sansone e Dalila del Museum of Art di Cleveland, dal Cristo nell’Orto degli ulivi al Gesù nella bottega di san Giuseppe,

dalla Negazione di san Pietro del Musée des Beaux-Arts di Rennes all’Orfeo del Palazzo Reale di Napoli, alle tele già citate degli Uffizi tra le quali la celebre Adorazione del Bambino.

La successiva fase olandese, cominciata dall’estate del 1620, è connotata nei suoi primi anni da un linguaggio che risente dell’esperienza italiana, sebbene i contrasti luministici rapidamente si attenuino, le atmosfere si alleggeriscano, le scene conviviali diventino sempre più allegre fino all’eccesso; ma la qualità resta molto alta, come testimoniano i pochi, selezionatissimi dipinti che in mostra appartengono alla stagione di Utrecht: la Negazione di san Pietro di Minneapolis, il Figliol prodigo

dell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera e il famoso Violinista allegro del Rijksmuseum di Asterdam.

Due sale sono dedicate alle opere di pittori contemporanei a Gherardo sulla scena romana, che mostrano rapporti con lui in un fecondo scambio: Dirck van Baburen, anch’egli di Urtrecht; Spadarino; Bartolomeo Manfredi, come Honthorst autore di fondamentali scene conviviali; Giovan Francesco Guerrieri e Domenico Fiasella, che si cimentarono in notevoli esperimenti a luce artificiale. Chiude la mostra la sezione che documenta la grande influenza avuta dal pittore sullo sviluppo del filone di pittura a lume di notte di candela, di Francesco Rustici, di Rutilio Manetti, di Adam de Coster, di Mathias Stomer.

 

Maria Paola Forlani


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