Le collezioni d’Arte Moderna e Contemporanei di Ferrara, artefici dell’attuale evento al Castello Estense, riportano alla memoria il fondatore di tale e prestigiosa struttura: “Franco Farina” (foto) e “l’età dell’oro” in cui Palazzo dei Diamanti, grazie a lui, fu riconosciuto tra i musei più importanti in tutto il mondo.
Al Castello Estense di Ferrara è stata allestita una sezione di capolavori di due grandi pittori ferraresi che sono stati protagonisti della scena artistica tra Ottocento e Novecento, Giovanni Boldini e Filippo De Pisis. Il monumento simbolo della città fa da cornice alle opere dei due artisti scelte dalle collezioni delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Massari a Ferrara.
L’arte per l’arte. Il Castello Estense ospita Giovanni Boldini e Filippo de Pisis è un evento che intende riconsegnare al pubblico il patrimonio rimasto celato in seguito al terremoto del 2012 e sottolineare il rilievo della pittura moderna ferrarese attraverso due figure di statura internazionale. L’obiettivo degli organizzatori è quello di far vivere i musei nonostante la chiusura della sede che li accoglieva. Più che una mostra, questo magnifico percorso di splendidi capolavori, diventa un allestimento semi-temporaneo che può essere visitato sino alla riapertura di Palazzo Massari, ora in corso di restauro.
Le sale fastosamente decorate al piano nobile del Castello Estense e i celebri Camerini di Alfonso I sono, ora, la sede temporanea di due percorsi monografici che raccontano la parabola creativa di Boldini e De Pisis. I musei ferraresi conservano, infatti, i più ricchi e completi fondi dei due artisti, documentando ogni aspetto della loro ricerca: olii, pastelli e acquarelli, studi e annotazioni di Boldini, e le opere depisisiane sono messe in dialogo secondo due linee di lettura che restituiscono un intenso ritratto della personalità artistiche dei due maestri.
Il percorso espositivo si sviluppa a partire dalle sale del Governo, della Devoluzione, dei Paesaggi e delle Geografie, con dipinti opere su carta e documenti appartenuti a Boldini, dando risalto al ruolo di spicco dell’artista nel rinnovamento della pittura italiana e internazionale. Innanzitutto le prove nella Firenze dei macchiaioli, invenzioni di sorprendente immediatezza come Le sorelle Lascaraky; poi la produzione successiva al trasferimento nella Parigi degli impressionisti, in cui spiccano brillanti evocazioni delle atmosfere della vita moderna – da Notturno a Montmartre alla Cantante mondana – testimoni del confronto con Degas; infine, le icone della ritrattistica – come il Ritratto del piccolo Subercaseaux, Fuoco d’artificio, La passeggiata al Bois de Boulogne o La signora in rosa – che sanciscono l’affermazione della cifra stilistica con cui Boldini si impone come protagonista incontestato di questo genere in Europa e oltreoceano. L’allestimento presenta, in un affascinante sequenza, i volti delle protagoniste della Belle Èpoque, da Rita Lydig alla contessa de Leusse a Olivia Concha de Fontecilla, e gli amici artisti, come Degas, Menzel e Whisler.
I Camerini, solitamente non aperti al pubblico, ospitano la seconda parte dell’allestimento, dedicata a un altro talento ferrarese attivo sul palcoscenico parigino. A raccontare il percorso creativo di De Pisis sono le opere che sono entrate a far parte della raccolta ferrarese soprattutto grazie all’attività della Fondazione Pianori e al generoso lascito di Manlio e Franca Malabotta. Aprono la narrazione preziose testimonianze del periodo giovanile, da Natura morta col martin pescatore, dipinta a Ferrara prima del trasferimento nella capitale francese, a Le cipolle di Socrate, rivelatore della riflessione di De Pisis su De Chirico e la pittura metafisica. Seguono i capolavori del periodo parigino che raccontano la nascita di un linguaggio altamente personale: pure invenzioni liriche, come le nature morte marine e Il gladiolo fulminato, o trascrizioni pittoriche delle brucianti emozioni che l’esperienza della Ville lumiére procura al pittore, di cui un esempio è Strada di Parigi. Il cerchio si chiude con la produzione successiva al rientro in Italia: penetranti effigi maschili come il Ritratto di Allegro e poi i commoventi capolavori dell’ultima stagione - La rosa nella bottiglia e Natura morta con calamaio – nei quali la poesia delle immagini si spoglia fino all’essenziale.
Un altro fondamentale apporto alla valorizzazione del patrimonio delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea è, infine, offerto dalla pubblicazione dell’edizione critica della corrispondenza boldiniana conservata presso il Museo Giovanni Boldini a cura di Barbara Guidi, che rappresenta un prezioso strumento scientifico per l’evoluzione degli studi del pittore ferrarese.
Questo omaggio alle raccolte dei Musei d’Arte Moderna e Contemporanea, permette di rammentare il fondatore e l’artefice di questa importante struttura: Franco Farina, indimenticabile direttore ed operatore culturale.
Scriveva sull’Osservatore Romano del 1° marzo 2000, Franco Patruno:
«Ricordo ancora l’affollamento, nella trecentesca Casa Romei, alla prima delle grandi rassegne promosse da Franco Farina: era il 1963 e nel mirabile Palazzo dei Diamanti, vera perla quattrocentesca di Biagio Rossetti, si stavano svolgendo lavori di ripulitura interna per rendere funzionali ed agibili gli spazi per future mostre […]. La mostra era quella di Giovanni Boldini, non a caso un ferrarese sprovincializzato…»
Fu proprio Franco Farina a raccogliere il patrimonio boldiniano e a iniziare un fulgente caleidoscopio di mostre ed eventi indimenticabili. Palazzo Massari, quando gli fu affidato, lo restaurò lui stesso con un collaboratore interno (il pittore Giovanni Bandiera) trasformandolo in struttura “polivalente” per ospitare mostre ed eventi di “genere”. Tutto questo non va dimenticato, Palazzo dei Diamanti, a quel tempo, era diventato un museo dinamico noto in tutto il mondo come il “Beaubourg” di Parigi.
Non sarà facile ritornare agli antichi splendori, soprattutto per le attuali difficoltà economiche nel mondo dell’arte, ma quella prassi di aperture a tutti i linguaggi, a tutte le correnti, all’accoglienza di artisti e di giovani attenti al mondo della cultura e della ricerca spero possa ritornare un giorno, proprio come lo aveva ipotizzato e realizzato Franco Farina, in “quella età dell’oro estense” in cui “L’Arte per l’Arte” non era solo un motto o una sigla, ma segno di amore e solidarietà e che la città di Ferrara ha vissuto grazie ad una persona illuminata come questo “grande maestro”, carico di umanità.
Maria Paola Forlani