Scrivo per cancellare il mio nome
(Bataille)
Lo scritto di Flavio Ermini si snoda accompagnato da un’immagine tratta da Il trono di sangue di Akira Kurosawa. Nel film, alle maschere del teatro No, necessarie in prima istanza al mascheramento dell’orrore e al nascondimento del male, si alternano scene in cui il disvelamento del volto viene a connotare il tragico che ogni potere assoluto determina. Gli eventi storici legati alla caduta del potere assoluto partoriscono la follia del pensiero unico e la protervia di qualsiasi ideologia. Quanto ci invita a perseguire il poeta Flavio Ermini è proprio l'“essere nemici” di tutto ciò che in qualche modo si avvicini a stereotipi, rigidità e narcisismo. La sua è una lucida e nel contempo appassionata ricerca ontologica della parola, della poesia e quindi, a mio avviso, della storia umana. Si annullano quindi le distinzioni di generi letterari per dar o perlomeno tentare, un cammino di continua tensione che ristabilisca la centralità responsabile della parola e consenta ad essa percorrenze di ricerca che creino poesia e non ego-poeti. Un pensiero, il suo, non incardinato nelle categorie logiche ma semmai agli albori di queste, nell’alveo della pre-scienza e della precognizione. Ciò che leggiamo non conosce termini prescrittivi, piuttosto termini tensivi. Una continua ricerca ontologica della poesia come espressione priva di analogie con la vita vissuta, non implica né conoscenze né estetica; è quindi un continuo perdersi nel tutto e dentro l’altro da sé. La realtà, di per sé immutabile invita a staccarci da essa, ricercare un’origine, un prima, un anterem entro il cui spazio percepire con pensiero e sentimento l’incontro con il mondo. Le cose lentamente perderanno la loro sudditanza all’io e diventeranno soggetti dell’antiterra.
La poesia è ricerca di un ordine perduto da cui trapelano nostalgia e silenzio, due condizioni per tendere “verso” e non “dentro”. Non un progetto quindi ma un’ipotesi da sentire, annullando se stessi in un continuo “matrimonio del cielo con la terra” e dove vedere un fiume sia veramente sentirne la voce, la sua. E così, in questo messaggio aurorale si connota “la parola rumorosa” del ritmo, della sonorità, del rumore di tutti i fiumi, mari terre, cielo, abissi e orrori. Questo messaggio aurorale di Flavio Ermini, commuove e suggerisce, interroga e invita a ricordare un “paradiso perduto” e un “trono di sangue” e ad accettare distonie, fratture, dolore strappandole di dosso alle contorsioni del nostro ego per naufragare in dimensioni appartenenti al prima di noi dove bellezza e paura siano sublime e preziosa ricerca. Una parola oracolare che suggerisca “tra veglia e sonno” la modalità per “abitare poeticamente” il mondo.
Patrizia Garofalo
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