17 luglio 1935
…Come uniscono, come cuciscono le persone le cose, le povere stupide dolcissime cose di tutti i giorni!
…Da Roma, dalla basilica di Massenzio, trasmettono un concerto bellissimo e questo m’invita a stare alzata ancora. Stanno suonando la “Pavana per una infanta defunta” di Ravel, un pezzo breve che mi piace molto. A quante cose penso, ascoltando questi concerti!
Te lo dissi una sera – ricordi? – quando tu mi chiedesti il perché dei miei occhi fissi e io dicevo: cose lontane… Lontane sì, eppure presenti e buone, come il ricordo di un morto caro e innocente; il sogno impossibile di due persone lontane dalla realtà che, naturalmente, a contatto con la realtà doveva assolutamente cadere, ma senza colpo di nessuno…
Tu mi hai detto un giorno che io sembro sempre colta alla sprovvista dalle cose, svegliata alla vita ogni giorno e ogni giorno stupita e impreparata: eppure dentro di me, nel mio mondo sentimentale, c’è un grande senso di continuità. Alti e bassi, sì, burroni e vette; ma tra le vette, cioè tra i momenti di più intensa sincerità spirituale, come una linea ininterrotta, come il crinale delle montagne, ed una, l’ultima, la più alta, non ci sarebbero se non ci fossero le precedenti…
Adesso è veramente tardi; tu sei sul punto di partire, forse sei già partito. Io tolgo di tasca il fazzoletto, e lo sventolo, sventolo…
Penso alla tua notte in treno, al primo visto sul passaporto del signor R.C…. Che tu possa trovare tutto quello che desideri nel paese nuovo, la salute e dire deutsche Sprache e tanta serenità.
Qui, a far la guardia al tuo paese, resta il Tognino, che è una brava sentinella e sa aspettare…
Antonia Pozzi, Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938
A cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino
Con un saggio di Marco Dalla Torre e postfazione di Tiziana Altea
Ancora, 2014, pp. 392, € 26,00
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