Pasturo, 28 agosto 1934
…Al Breil rimasi fino al 10 agosto: venti giorni molto intensi, benché a volte tetri e minacciosi; ora li ricordo come un miraggio lontano…
Nelle mattine serene, salivo sola alla morena del Furggen, che è cosparsa di fiori meravigliosi; e lì restavo per delle ore, nel sole violento.
…A 3000 metri, sotto le immense pareti del Cervino, sola come la prima anima sulla terra, portata avanti da quel vento che non è neppure vento, che è come il tremito leggero del silenzio e che solo il fischio di una marmotta lacera o il cadere delle slavine.
Molto in alto fui soltanto due volte: in una giornata splendente sulle creste del Furggen, che è facile facile, ma in uno scenario incomparabile; e in un’orrenda giornata di nebbia e neve, sulla bocca di Guen, che non è difficile, ma dove ci si prova abbastanza sulla roccia. Giornata orrenda; ma siccome ero sola con Pellissier, la bravissima guida del Cervino, e dormimmo al rifugio dei Jumeaux (per la strada ci eravamo colti dei legni di rododendri morti per accendere il fuoco – Pellissier mi preparò la minestra, mentre io guardavo il tramonto e le valli lontane, azzurre delle prime ombre, e pensavo come è bella, com’è dolce la terra quando s’addormenta –), credo che me ne ricorderò a lungo. Alla sera accesero dei gran fuochi, giù al Breil, ed anche noi incendiammo, su di una roccia, un fascio di paglia e le scintille volavano giù nella notte…
Quando poi parlai della mia gioia della solitudine, qualcuno si stupì; chi mi capiva e mi approvava, senza parlare, solo con il cenno dei suoi magici occhi azzurri, era Guido Rey. Che occhi , Lucia! Color pervinca, cielo dopo la tempesta, fiaba: si pensa ai secoli di luce sepolti oltre le vette, oltre le nubi. Si resta muti a guardarli, a berli, ci si perde in un prato di prodigiosa innocenza, in un fiume di silenzio.
Oh, la sua voce dolce di vecchio, nella sua casa di pietra e di legno! Le sue mani pallide, scarne, sul tavolo scuro di abete – o levate nel saluto come a benedire! Che bello, che bello, Lucia, avergli parlato, aver sentito che lui mi capiva, ch’era contento quando andavo a trovarlo! Che gioia vedere il suo fuoco, quella notte, su dal rifugio…
Antonia Pozzi, Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938
A cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino
Con un saggio di Marco Dalla Torre e postfazione di Tiziana Altea
Ancora, 2014, pp. 392, € 26,00
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