Dopo molti anni i radicali, grazie al progetto politico della Rosa nel Pugno, sono tornati nelle istituzioni. Siamo in Parlamento, siamo in maggioranza e siamo al Governo. Ciò comporta una responsabilità che personalmente vorrei condividere con tutti i radicali e su cui chiedo collaborazione. Ciascuno di noi ha, nella propria vita personale e lavorativa, tanti spunti di insoddisfazione per come il nostro Paese è governato. Le leggi ingiuste, assurde, inutili, dannose e da cambiare sono così tante che non deve sfuggirci il fatto che siamo esattamente nel luogo deputato a questo compito: fare e sfare leggi! È vincolante per tutti noi, non solo per quelli che fisicamente entrano nel Palazzo. Sono passati pochi mesi e sono tante le iniziative che abbiamo avviato, come piccole formichine stiamo imparando a muoverci in questi corridoi con le nostre bricioline di pane, ma il rischio di perderci è dietro ogni angolo. Esiste la possibilità di girare a vuoto, di fare chilometri per essere sempre al punto di partenza.
Per scongiurare questo pericolo c’è bisogno della collaborazione di tutti, e per questo è necessaria la presenza di un partito fatto di donne e di uomini che ci ricordino e ci segnalino i pericoli e le strade da seguire. Occorre che ciascuno diventi una sorta di assistente parlamentare... cominciamo a guardare le leggi con l’occhio del legislatore! Nella commistione di pubblico e privato, o meglio di privato che diventa pubblico, il solo fatto di avere avuto una figlia mi ha fatto toccare con mano come quella politica che parla di donne, famiglia e di pari opportunità sia lontana dalla realtà della vita di tutti i giorni.
Per fortuna non ho avuto bisogno di una fecondazione assistita, ma anche quando la gravidanza è raggiunta in maniera naturale, gli ostacoli che seguono non sono da poco in una società connotata da una impronta decisamente maschilista. Nell’Italia del 2006 è infatti ancora un miraggio partorire senza dolore, a Firenze c’è un solo ospedale che in teoria su richiesta della donna pratica l’anestesia epidurale, nella pratica è invece difficile averla perché non rientrando tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria manca l’anestesista in sala parto. Se poi una donna decide, in accordo anche con l’altro genitore, di dare anche il proprio cognome al figlio, si trova costretta a ricorrere ad una serie di escamotage che permette la legge solo alle coppie non sposate. Il figlio poi che nasce fuori dal matrimonio, nonostante le continue segnalazioni della Corte Costituzionale, è ancora etichettato come naturale, diverso da quello legittimo, in particolare e guarda caso, per le questioni di eredità
Una donna poi che si ritrova con un figlio diventa una sorta di paria, muoversi e viaggiare diventa un percorso ad ostacoli, allattare sembra sia una sfida e in molti casi si preferisce lasciare il lavoro perché lo stipendio spesso non basta a coprire le rette di asili nido irraggiungibili e introvabili. Sono piccoli e pochi esempi di come le leggi ti si attaccano addosso e di come sia necessario liberare la nostra societa’ da quei vincoli e lacci che non intervengono solo nell’ambito del mercato del lavoro e dell’impresa, ma anche nell’ambito della vita privata.
È su questi temi che in particolare intendo per parte mia impegnarmi, perché uno Stato paternalista sia sempre di più un brutto ricordo invece che una realtà quotidiana. Ed è su questo che chiedo spunti e segnalazioni da un congresso che si preannuncia ricco.
Per parte mia darò conto di ciò che ho fatto e di quello che intendo fare, mentre chiederò al congresso e ai radicali di usarmi-usarci. Siamo in Parlamento per non lasciare niente di intentato, percorriamo tutte le strade per cambiare l’Italia.
Per liberare, legalizzare e riformare la politica e l’Italia proviamo insieme ad usare anche lo strumento del parlamentare!
Donatella Poretti
(da Notizie radicali, 27 ottobre 2006)