Diciassette morti su sette miliardi di persone nel mondo per la statistica sono un bel nulla, per il pensiero di chi sogna la libertà sono il tutto in essa racchiuso.
Al vivere non servono dogmi, essi servono a chi crede che l'esser nel mondo sia funzionale ad una vita che sta oltre la morte.
È un problema che non mi ha mai interessato, preferisco la vita vissuta per esser vissuta non rimandando la felicità al tempo senza tempo, sarà la mia fine a chiarire il problema.
Sono un vecchio che ha usato le sue ore per capirne il senso, ho apprezzato il profumo del mondo cercando di evitare il suo puzzo tanto caro ai dogmatici.
Sette miliardi di persone pesano sulla terra che non sa far crescere la sua superficie seguendo l'umanità che cresce senza sapere il perchè lo fa, segue un dogma senza mai chiederne il significato.
Mi piace lasciare al pensiero il diritto di vagare nello spazio di luce che esalta l'ombra di valli profonde, mi piace stare in quest'ombra viola per vedere il giallo dorato della rugiada in gocce che la luce trasforma in diamanti sul pioppo privo di foglie.
Sono momenti che mi fanno sentire la bellezza di un inverno che già profuma di primavera, mi annoia il piagnisteo per la mancanza di neve che non porta moneta al portafogli, mi fa pena chi vorrebbe sostituirsi al tempo nel programmare le stagioni, tremila cannoni da neve sono inerti in questo inverno che non la vuole.
Uno stuolo di sapienti vorrebbe programmare il futuro ma non sa valutare il presente come sua base: quanta bellezza è racchiusa in un inverno che vuole pratoline fiorite nel prato?
Diciassette morti che usavano la matita per negare al dogma il diritto di rendere difficile il vivere per la statistica sono un nulla, ma la statistica è pur essa un dogma che l'economia di carta usa per essere economia.
La matita che irride la nostra stupidità è per me indispensabile per rendere meno pesante il peso dell'uomo, essa sa intimidire il dogma meglio di un esercito bene armato.
Quindici milioni di morti nella prima guerra mondiale, sessanta milioni nella seconda, il tempo che stiamo vivendo accumula i suoi morti senza contarli: il dogma vuole un mondo così.
Ancora non riesco a capire chi fa della vita una struttura di morte, mi intristisce chi vorrebbe ancora crescere per sostenere l'economia che valuta l'uomo nel quanto possiede.
Il dogma che vuole la donna sottomessa al maschio mi sembra la quintessenza della cretinità, Eva voleva Adamo come concentrato di conoscenza e per questo sfidò Dio, Maometto divenne profeta per far piacere ad una vedova che lo voleva così.
Avevo disegnato una volta la grazia di una donna che danza per esaltare con la sua arte il Dio che l'aveva voluta così, avevo scritto che non mi piace Dio che permette all'uomo di bruciare le "streghe" o di lapidare l'adultera di un marito violento e cretino, un Dio che impicca una donna che non ha concesso i suoi favori ad un barbuto che profuma di morte non è certo il mio Dio.
Il Dio felice che vede negli uomini la sua felicità è il Dio che mi piace immaginare, è la divinità che esiste ma che l'uomo non vuole conoscere per timore di non sentirsi più Dio.
I giornali di mezzo mondo condannano l'assassinio delle intelligenze che usano la matita per evidenziare la cattiveria dell'uomo ma non spiegano che quella matita è gradita al vero Dio che la vuole per smascherare la finta divinità delle religioni monoteiste col loro Dio creato dall'uomo.
Sarebbe magnifico che miliardi di matite si divertissero a spiegare a questa povera umanità che il sacro esiste senza dogmi di sorta, esiste nella bellezza che ci circonda la cui anima si esplicita attraverso gli artisti ma l'oggi non li vuole conoscere perchè teme la loro verità.
Tutto nel mondo ha due facce, mi piacerebbe che la tragedia vissuta a Parigi fosse vista come partenza di un nuovo rinascimento, è esistito il tempo che negava alla religione il bigottismo caro ai dogmatici, gli artisti costrinsero chi non usava il cervello ad accettare la loro visione del mondo che, nella bellezza, vedeva il volto del vero Dio ma fu un solo momento: il dogma impose all'uomo di rinunciare alla ricerca che negava a Dio l'onnipotenza.
Giuseppe Galimberti