“Porno-teo-kolossal” è il titolo del film che Pier Paolo Pasolini avrebbe dovuto girare presumibilmente nel 1976, se l’anno prima non fosse stato ucciso. Del film, resta un lungo “trattamento” che Pasolini dettò al registratore. La trascrizione fu pubblicata per la prima volta, nel 1989, dalla rivista Cinecritica, e la si ritrova nei due volumi dei Meridiani Mondadori dedicati agli scritti del poeta sul cinema.
Per quantità di avventure fantastiche, per l’impiego di scene di massa e di scenografie fantasmagoriche, si tratta di un progetto davvero colossale, e si fatica a credere che Pasolini sarebbe riuscito a realizzarlo così come lo aveva concepito, che tanto materiale potesse rientrare in un solo film.
Abel Ferrara nel suo Pasolini ha voluto girarne alcuni frammenti, ma fatalmente dando del progetto un’idea molto riduttiva. La struttura del racconto è suggerita dal mito dell’Epifania. Un Re Mago che vive a Napoli – doveva interpretarlo Eduardo De Filippo – appreso della nascita del Messia, seguendo una stella cometa, accompagnato da un servo – che doveva interpretare Ninetto Davoli – attraversa alcune città immaginarie, sostenuto dal fervore di recare un dono a Gesù bambino.
Le città sono: Sodoma, ispirata alla Roma degli anni cinquanta, ma nella quale l’amore omosessuale è ritenuto normale, mentre quello eterosessuale è soltanto tollerato; Gomorra, ispirata alla Milano degli anni settanta, dove esplodono la violenza stragista e la criminalità comune, e nella quale è ammesso soltanto l’amore eterosessuale, mentre quello omosessuale è barbaramente perseguitato; e Numanzia, una Parigi utopica, nella quale un socialismo democratico e libertario è pienamente realizzato, ma che soccombe all’assedio di un esercito neonazista, tanto che i suoi abitanti decidono, attraverso un referendum, di suicidarsi in massa.
Il conflitto che è sotteso a tutti gli episodi è fra l’amore, anche e soprattutto carnale, spesso refrattario alle norme sociali sia della tollerante Sodoma sia dell’intollerante Gomorra; e la violenza, che insorge spesso misteriosamente e finisce per prevalere, generando distruzione e caos. Il Re Mago attraversa questi scenari apocalittici, forte della fede nel Messia, che dovrà portare agli uomini “felicità, ordine, bontà e fraternità”. Ma quando è giunto quasi al termine del suo viaggio, un altro napoletano lo deruba del dono per il bambinello, che si scoprirà essere un presepe immaginifico. E quando la cometa finalmente si posa, con la sua luce accecante illumina una grotta vuota. Tutto intorno, “polvere, sassi, le tracce di un fuoco di beduini, qualche cagata secca”. Spunta un ragazzino arabo che informa i pellegrini che il Messia è nato lì, ma ormai è morto, ed è stato dimenticato.
Per la delusione, il Re Mago muore. Ma il racconto non si conclude così. L’anima del Re Mago vaga nell’alto dei cieli, accompagnata ancora dall’anima del suo servo, e osservando il mappamondo del nostro pianeta, commenta: “La cometa che ho seguito è stata ‘na strunzata, ma senza questa strunzata, Terra, non ti avrei conosciuto”.
Proprio in quel momento si odono dalla Terra, sempre più nitidi, alcuni canti rivoluzionari. “E mo’?”, si chiede il re Mago. E il suo servo gli risponde: “Nun esiste la fine. Aspettamo. Quarche cosa succederà”.
Gianfranco Cercone
(da Notizie Radicali, 7 gennaio 2015)