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La Collezione delle icone russe agli Uffizi 
I mai visti XIV. Capolavori dai depositi degli Uffizi
28 Dicembre 2014
 

Fino al 1° febbraio 2015, la Sala delle Reali Poste del Museo fiorentino accoglie la mostra “Collezione delle icone russe agli Uffizi”

 

 

La rassegna promossa dell’Associazione Amici degli Uffizi e curata da Valentina Corticelli, Daniela Parenti e Vincenzo Gobbo (catalogo Sillabe) è parte integrante del ciclo I mai visti’, che ogni anno offre al pubblico l’opportunità di approfondire temi legati ad opere poco note delle sue collezioni.

La mostra presenta 81 icone delle Gallerie fiorentine, costituenti il più antico nucleo collezionistico di icone russe esistenti al di fuori del mondo ortodosso.

I due esemplari più antichi, un’icona mariana e quella raffigurante la Decollazione del Battista, sono databili fra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII e conservano ancora la coperta d’argento, detta oklad, che le rendeva gradite al gusto principesco di casa Medici, trovando posto fin dal Seicento fra le suppellettili della cappella di Palazzo Pitti. Ad eccezione di pochi esemplari, tuttavia, la collezione giunse a Firenze in epoca lorenese ed è costituita per la maggior parte da icone databili alla prima metà del XVIII secolo; i caratteri stilistici che le accomunano sono tali da far supporre che possano essere state acquistate per piccoli gruppi in qualche bottega provinciale della Russia centrale. S’ignorano gli eventi che hanno portato questa raccolta a Firenze. Una scritta presente sul retro dell’icona con le Storie di Cristo porta a ipotizzare un legame con la chiesa ortodossa della Santissima Trinità di Livorno, eretta alla fine del sesto decennio del XVIII secolo con il favore del granduca Francesco Stefano di Lorena. Nell’ambito della strategia propagandistica messa in atto da Caterina di Russia durante la guerra con i Turchi (1768 – 1774), nel corso della quale la flotta russa soggiornò a Livorno, la zarina fece ricorso più volte a doni votivi, tributandoli anche alle comunità ortodosse d’occidente, ed è possibile che la collezione delle icone oggi agli Uffizi si origini in un episodio legato a questo particolare momento storico.

La tradizione vuole che proprio un tipo di rappresentazione iconografica del Cristo sia l’icona più antica e quella maggiormente carica di significato religioso: l’immagine del suo volto. La mostra inizia proprio con l’icona del Salvatore Acheropita (XVIII secolo).

Nel pannello centrale sono raffigurati due angeli in piedi sulle nuvole, che reggono un drappo riccamente decorato con l’effige di Cristo. Nell’arte bizantina non si ha notizia di immagini del Salvatore Acheropita con angeli (generalmente gli arcangeli Michele e Gabriele) che reggano il drappo su cui si imprimono i suoi lineamenti. Nella Rus’ esse appaiono per la prima volta nel XV secolo e, all’incirca a partire dallo stesso periodo, si incontrano nell’iconografia dell’Ucraina occidentale.

Sebbene il tema della venerazione degli angeli all’effige “non dipinta da mano umana” compaia in opere bizantine e russe già nel XII-XIII secolo, le raffigurazioni di angeli che reggono il velo sono probabilmente desunte dall’iconografia occidentale della Veronica.

Come per le icone di Cristo, la chiesa cristiana d’Oriente ammantano di leggenda anche la creazione delle prime immagini recanti la figura della Madre di Dio, che la tradizione vuole siano state dipinte dall’evangelista Luca quando Maria era ancora in vita. In mostra Madre di Dio di Kazan, con i miracoli (Russia centrale, secondo quarto del XVIII secolo). Questa immagine è una dei tesori sacri più venerati nel tardo medioevo e nell’era moderna per i miracoli da essa compiuti. Secondo la tradizione, l’icona miracolosa venne rinvenuta a Kazan l’8 luglio 1579, dopo che la Madre di Dio apparve in sogno per tre volte a una fanciulla di nove anni, Matrona, figlia dell’arciere Danila Onučin. Segue l’icona della Madre di Dio di Vladimir (Russia Centrale, secondo quarto del XVIII secolo). Questa immagine è una delle più venerate dell’antica Russia, palladio dello stato russo, era diventata un modello per numerose copie in tempi diversi. Nota sotto il nome di Glikofilusa, questa iconografia vuole rappresentare la consapevolezza delle future sofferenze di Cristo. Molte sono le icone presenti in mostra rappresentanti la Natività della Madre di Dio (Russia centrale, secondo quarto del XVIII secolo).

La prima tavola che inizia questo percorso si riferisce alla variante iconografica breve del soggetto più popolare nell’antichità, secondo la quale la Natività della Madre di Dio veniva unita alla scena della lavanda del Bambino. La raffigurazione della scena di Gioacchino assiso nel seggio e in conversazione con Anna, resa manifesta dal gesto, è diventata caratteristica della pittura di icone anticorussa a partire dal XVII secolo.

Esposte secondo l’ordine della gerarchia celeste, le numerose icone raffiguranti gli angeli, i profeti, i santi, i martiri e i beati ben rappresentano il sentimento popolare che legava la devozione del popolo russo verso queste sante figure, evidenziando con le icone ad esse dedicate la più spontanea e partecipe manifestazione della vita religiosa dei singoli. Infatti, se per i momenti di grande pericolo o per eventi negativi che interessavano l’intera collettività, si invocava il Cristo o la Madre di Dio, per i bisogni del fedele le preghiere erano rivolti ai Santi protettori o taumaturghi, agli Angeli Custodi, a Martiri che davano, con la loro morte, un chiaro esempio di fede.

L’icona con l’Arcangelo Michele, condottiero delle schiere celesti (Russia centrale, secondo quarto del XVIII secolo), presenta al centro della composizione l’arcangelo Michele, al galoppo su un destriero rosso alato. Egli suona una lunga tromba dorata e le sue braccia allargate reggono l’arcobaleno. Con la destra Michele impugna la croce, gli strumenti della passione e una lunga lancia, con cui trafigge il diavolo riverso a terra, e nella sinistra regge un Vangelo con rivestimento dorato, tempestato di perle e pietre preziose, e un turibolo anch’esso dorato.

Nella seconda parte l’accostamento con opere antiche di maestri toscani accanto alle icone, propone un percorso assai affascinante.

Prendiamo, ad esempio, la Madonna del parto incoronata da angeli (Madonna della Nina) (1330) Galleria degli Uffizi. Il dipinto raffigura la Vergine stante, recante un libro con la mano destra poggiata sul grembo, a sottolineare lo stato di gravidanza, denunciato anche dalla rotondità del ventre; al contempo due angeli incoronano Maria come Regina.

Ritornando ad un’immagine molto amata dai fedeli tra le icone russe spicca Natale di Cristo (Russia centrale, secondo quarto del XVIII secolo). Al centro della composizione, su un alto trono senza schienale, con piedistallo circolare a gradini, sopra un cuscino rosso, siede la Madre di Dio. Ha le mani protese in avanti nel gesto della Desis. Accanto al trono, una mangiatoia, appoggiata su sostegni, nella quale è posto il Bambino Cristo Gesù. La Madre di Dio e il Bambino sono raffigurati sullo sfondo di una grotta nera, all’interno della quale si vede l’immagine stilizzata di un letto. Da sinistra si avvicinano al Bambino i tre Magi con in mano i doni; uno di essi è raffigurato con la pelle nera. A destra sta Giuseppe, con le braccia al petto.

Nella parte più alta, nuvole color marrone circondano un lembo semicircolare di cielo, dal quale scendono in direzione del Cristo raggi con la stella di Betlemme.

 

Maria Paola Forlani



Foto allegate

Salvatore Acheropita
Salvatore
 
 
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