Una delle immagini che si ricorda più volentieri dell'anno che sta per finire, sono le coloratissime iraniane che hanno tifato per la loro nazionale maschile di pallavolo alle finali della World League, svoltesi a Firenze. Quanta freschezza in quei volti che potevano finalmente esprimersi senza il timore di essere visti, gesto impensabile nel loro paese di origine e si immagina il grigiore di stadi uniformati al maschile. È bello che una città italiana sia stata teatro per questo messaggio di libertà, specie quando la libertà è messa in pericolo anche da noi. Troppo spesso infatti, in risposta ai fondamentalismi, ISIS in testa, si sente evocare la legge del taglione: vietare qui ciò che là è vietato. Nessuna moschea in Italia se non si possono costruire chiese nei paesi musulmani. Togliere il velo, addirittura la barba se espressione di una fede. La ragione sarebbe che agendo diversamente ci si mostri deboli agli occhi del “nemico” e per questo attaccabili, dominabili.
Ma quale dimostrazione maggiore di forza se non quella della democrazia. Arroccarsi sulla certezza della libertà, fare affidamento su un'autorità pubblica che vigila affinché nessuno, né capo religioso o politico, né familiare, possa importi il suo volere. La nascita di movimenti estremisti che si vedono costretti ad imporre non solo con la violenza, ma addirittura con la barbarie, pratiche fino a pochi anni prima accettate come usi dalle popolazioni locali, è il segno che la democrazia, intesa come valore più che come organizzazione, vince la sua battaglia. Si tratta però di un processo lento, lungo e che prevede ricadute, ma non bisogna scoraggiarsi. Perché negli occhi di quelle tifose iraniane, che divoravano la libertà che in occidente spesso ci si dimentica di assaporare fino in fondo, c'è la sensazione che il confine tra bene e male possa essere definito e si chiama libertà. Ma i primi a crederlo dobbiamo essere noi, per quanto duro e inutile a volte ciò appaia.
Marco Lombardi