Il 18 dicembre 2014, per la quinta volta in sette anni, la stragrande maggioranza degli stati membri dell'Onu ha votato in assemblea generale una risoluzione che invita a stabilire una moratoria delle esecuzioni capitali in vista dell'abolizione totale e definitiva della pena di morte.
Il voto di giovedì ha visto 117 paesi votare a favore (6 in più rispetto alla volta precedente nel 2012) e il più basso numero di paesi contrari (38, tre in meno rispetto a due anni fa), mentre son rimasti 34 gli astenuti, cinque gli assenti.
Rispetto al 2007, quando una risoluzione simile fu votata per la seconda volta, i paesi favorevoli son passati da 104 a 117. Non solo, tra quelli che hanno votato a favore del documento, sette hanno già abolito la pena di morte. Tutti in Africa. Sempre dall'Africa arrivano le buone notizie in termini di co-firmatari, la Sierra Leone, e di nuovi voti a favore, il Niger e la Guinea Equatoriale.
Più che si allarga il numero dei paesi che vota a favore, più il testo viene rafforzato, in particolare la risoluzione di quest'anno era stata rafforzata nella parte in cui chiede agli stati di "rendere disponibili le informazioni rilevanti circa l'uso della pena di morte" quindi il numero delle condanne a morte e delle esecuzioni, il numero dei detenuti nel braccio della morte e delle sentenze capitali rovesciate o commutate in appello o per le quali è intervenuta un'amnistia o concessa la grazia.
L'assemblea generale ha quindi ribadito la limitazione progressiva dell'uso della pena di morte e l'impossibilità di imporla per reati commessi da persone minori di 18 anni, donne incinte e – da quest'anno – anche nei confronti di disabili mentali. Infine, per la prima volta, gli stati sono stati invitati ad assicurare il diritto all'assistenza consolare ai cittadini stranieri coinvolti in processi in cui rischiano la pena di morte.
Perché si tratta di una notizia importantissima, e che per questo passerà in secondo piano? Perché si conferma la tendenza globale a ritenere la pena di morte una violazione di un diritto umano, anzi due: il diritto alla vita, che non può esser nelle disponibilità dello stato, e il diritto, o forse meglio sarebbe dire la possibilità, del recupero del reo. Principi di un diritto penale che dalle riflessioni di Beccaria è andato consolidandosi negli ulitmi decenni con l'adozione di trattati, patti e protocolli internazionali che li hanno resti veri e propri obblighi internazionali.
Dietro questa conquista politica ci sono, da almeno 20 anni con costanza, il Partito Radicale e l'associazione Nessuno tocchi Caino. Solo nel 2014 son state organizzate due conferenze regionali, una a Freetown, Sierra Leone e una a Cotonou, in Benin e missioni in Zimbabwe, Comore e Niger. Col sostegno del governo norvegese, della Farnesina di poche centinaia, ahinoi, di iscritti.
In occasione del voto, Sergio D'Elia, segretario di Ntc ha dichiarato:
«Il nuovo voto al Palazzo di Vetro, il quinto in sette anni dell'assemblea generale Onu, a favore della moratoria registra l'evoluzione positiva in atto nel mondo verso la fine dello Stato-Caino e il superamento del fasullo e arcaico principio dell'occhio per occhio. È stato determinato dalla scelta dialogica e creativa di Nessuno tocchi Caino e del Partito Radicale di proporre – sin dall'inizio e da soli – la moratoria delle esecuzioni come passaggio chiave per giungere all'abolizione».
Secondo il rapporto 2014 sulla pena di morte nel mondo redatto da Nessuno tocchi Caino, il 90 percento delle esecuzioni del mondo avviene in quattro paesi: Cina, Iran, Iraq e Arabia Saudita. Purtroppo il quinto esecutore sono gli Stati Uniti. Giovedì sera gli Stati Uniti hanno confermato il loro voto contrario alla risoluzione con un piccolo giallo: al momento del voto la luce relativa agli Usa non si era accesa – pare per un guasto. Io voglio pensare che la delegata si sia vergognata e che poi sia stata ripresa da un suo superiore e abbia dovuto denunciare il malfunzionamento del sistema di voto.
Come dicevo, la risoluzione è stata votata con successo nel 2007; 13 anni prima, una versione molto simile a quanto oggi riconosciuta la via maestra verso l'abolizione della pena di morte in tutto il mondo, era stata sconfitta per otto voti, l'aveva presentata l'Italia e diversi membri dell'Unione europea non la sostennero, alcuni perché la ritenevano una fuga in avanti, altri perché si erano lasciati convincere da Ong, come Amnesty International, che la ritenevano una posizione debole che avrebbe annacquato la campagna abolizionista mondiale.
In nessun libro di storia troverete narrate queste vicende, ma son realmente accadute e, per la ricerca della perfezione c'è il forte rischio che molte persone – e tra queste sicuramente molti innocenti – son state uccise nei bracci della morte di decine di paesi. Polemiche a parte, che sicuramente un giorno dovranno esser affrontate con tanto di "scuse" o "autocritica" da parte di chi 20 anni fa, governo o Ong, bloccò un'iniziativa che oggi chissà dove ci avrebbe potuto portare, siamo di nuovo di fronte all'inveramento di un'analisi e teoria della prassi che distingue l'agire politico Radicale da decenni. Una concretizazzione di visioni che viene riconosciuta in Africa ma, purtroppo, non in Italia. E i frutti si vedono.
Nessuno tocchi Caino è una parafrasi di un brano della Genesi che afferma la superiorità della giustizia divina su quella umana, una giustizia che contiene la pietà. Negli anni il "nessuno tocchi Caino" è stato fatto proprio anche dalla Chiesa, che fino a una trentina d'anni fa non escludeva la pena di morte per alcuni reati, un "nessuno tocchi Caino" che purtroppo ancora oggi non riesce a scalzare "l'occhio per occhio" di alcune interpretazioni distorte del Corano. La risoluzione all'Onu invita gli stati a sospendere le esecuzioni per aprire un dibattito sulla pratica della pena di morte, c'è da sperare che questo dialogo possa esser avviato anche a livello inter-religioso perché, come ci si sente spesso dire, chi crede in Dio non può imputar a lui comportamenti umani. Il dibattito sulla pena di morte mette insieme cultura, morale, religione, sentimenti e tradizioni giuridiche, è forse la summa della politica.
Un voto su una risoluzione all'assemblea generale dell'Onu non ha potere vincolante ma rappresenta un forte messaggio politico. Se però la notizia non circola c'è il forte rischio che tra qualche tempo ci si possa ritrovare punto e a capo.
Marco Perduca
(dal suo blog su L'Huffington Post, 19 dicembre 2014)