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Lidia Menapace. Le occasioni (perse)
Milano, Corso Garibaldi (1882-1883)
Milano, Corso Garibaldi (1882-1883) 
19 Dicembre 2014
 

La crisi di sistema del liberalismo avviene verso la metà del secolo XIX, quando le condizioni sociali peggiorano e una borghesia miope e avida non interviene a sanare le più cocenti diseguaglianze. Quella borghesia illuminata che precedentemente aveva avviato l'unificazione dell'Italia, fatto notevoli riforme giuridiche (i cultori del diritto, soprattutto espressione dell'illuminismo napoletano e toscano), abolito la pena di morte (primo stato al mondo il Granducato di Toscana), avviata l'industrializzazione (ferrovia Napoli-Portici, cantieri navali di Napoli Palermo Genova ecc. ecc.), illustrato se stessa proteggendo letterati (Parini), tenuto relazioni internazionali ecc. diviene incapace di proseguire.

Dopo la metà del XIX le condizioni sociali peggiorano e la distanza tra le classi si fa fortissima e insostenibile: da qui partono le prime rivendicazioni operaie, le sanguinose lotte per avere mutue e sindacati operai, spesso sedate nel sangue, e si sviluppa anche un pensiero socialista che culmina nel 1882 col primo congresso del Psi, il più antico partito nel nostro paese.

Quasi contemporanea è la prima enciclica sociale della Chiesa cattolica, la Rerum novarum di Leone XIII del 1882 essa pure, e le prime organizzazioni popolari.

La Rerum novarum viene promulgata d'imperio dal papa, contro l'opinione di tutti i cardinali e vescovi consultati mentre scriveva, tutti favorevoli a condannare il sindacato come espressione quasi demoniaca, tranne il vescovo belga mons. Ketteler e il prete cattolico austriaco Kolping, che seguiva gli operai ed era convinto che la chiesa avrebbe perso seguaci e fedeli in gran quantità se non si fosse fatta carico della questione operaia.

Se volessi indicare un evento, un fatto che illustri al meglio l'ineguaglianza e la violenta ingiustizia sociale, ricorderei una manifestazione delle "piscinine" milanesi, proprio di quegli anni. Essa ha il "merito" di avere come protagoniste delle ragazzine orribilmente sfruttate, e di mettere in luce quella che proprio in quegli anni veniva cominciata ad essere chiamata "questione femminile" anche in Italia. Dunque una domenica mattina si riuniscono in piazza del Duomo a Milano le "piscinine" che con sorpresa di tutti, compreso il sindacato, hanno organizzato una manifestazione di protesta a mezzogiorno, proprio all'uscita dalla solenne messa, frequentata dalla ricca borghesia cattolica lombarda. Si chiamavano "piscinine" con affettuoso ipocrita nome le ragazzine di 13-14 anni che in sottoscala e cantine umide e malsane, dove si ammalavano di tubercolosi, facevano le cucitrici e le stiratrici per sartorie e modisterie della città. Andavano anche a consegnare a domicilio camicie cucite lavate e stirate e i ricchi borghesi le tiravano dentro e le violentavano, promettendo qualche soldo se la prossima volta avessero mandato qualche loro simile ma ancora vergine. Orbene, proprio queste sfortunate vanno in piazza con uno striscione "rivendicativo" che dice: "vogliamo anche noi qualcosa di buono dalla vita": manifestazione politica, sciopero politico? Certamente se la vita è -come credo- anche sempre politica.

Le molte lotte che movimentarono la fine del secolo decimonono non si saldarono, non costituirono una base grande a sufficienza per far fronte alla repressione, che mise sotto silenzio quelle condizioni terribili e chiamò il periodo tra i due secoli "Belle époque" alla faccia delle orribili condizioni sociali. Restò alla grande letteratura romanzesca europea soprattutto inglese e francese di illustrare la storia, e basta ricordare I Miserabili o Zola per capire. Fu una grande occasione perduta, so che questa espressione non è scientifica.

Ma basta sentire nei migliori talk show televisivi giornalisti democratici e persino progressisti deprecare, scotendo le rispettabili loro zucche, che il sindacato proclami uno sciopero "politico" come quello del 12 dicembre, espressione di una cultura non moderna, oggi il lavoro è cambiato ecc. ecc.: forse il capitalismo è scomparso? non è crisi? non è incapace di fare riforme?

Sarà lecito chiedersi come mai se Cgil Uil e sindacati di base fanno sciopero, esso è "politico" (orrore!) e antiquato, mentre la Confindustria, sindacato dei datori di lavoro, può fare tutte le pressioni gli incontri e le trattative che vuole direttamente col governo e non fa "politica"? Sarà ancora vero, benchè non "moderno" che nel sistema capitalistico il governo è il gabinetto d'affari della borghesia? Scusate, sono antiquata lo so, ho quasi il diritto di esserlo.

La Belle époque sfocia nella prima guerra mondiale, secondo una via d'uscita che diventa tradizione nel capitalismo. La prima guerra mondiale esecrata dalle popolazioni (ma tutto il malcontento popolare viene coperto dal Piave che continua a mormorare, mentre i renitenti disertori e quelli che si procurano ferite e menomazioni che li esonerano dal servizio militare, vengono messi in galera e fucilati in numero esorbitante) fa in Italia 600.000 vittime militari e altrettante (moltissimi civili) dopo la fine della guerra per una epidemia (la spagnola).

La fine della prima guerra mondiale è provocata dallo scoppio della rivoluzione in Russia con la pace separata di Brest Litovsk che accende speranze e lotte in tutta Europa. Quella rivoluzione socialista che era stata attesa nel 1905, riparte, ma la borghesia vittoriosa imbocca in Italia la via della repressione dei moti popolari, sceglie la crisi della democrazia e il fascismo pochi anni dopo la fine della guerra. Seconda enorme occasione perduta, sia per le lotte precipitose sia per gli errori in cui incorre ben presto la rivoluzione d'Ottobre e la crisi generale del pensiero e delle pratiche politiche.

La dittatura copre l'Europa e con l'egemonia nazista produce il più grande sonno della ragione mai visto e i seguenti mostri. Impossibile vedere nel contesto una possibile occasione: in condizioni di repressione durissima essa è rappresentata solo dall'antifascismo impegnato, esule, perseguitato. Non passa molto e già il capitalismo è di nuovo in crisi, la crisi strutturale, la più grande provocata tra l'altro dalla crescente finanziarizzazione dell'economia, sicché ben presto si profila all'orizzonte un nuovo terribile rischio di guerra: invano Keynes indica una ricetta economica per uscire dalla crisi di sistema; la seconda guerra mondiale scoppia e si scopre la tremenda repressione nazista, bruciano risorse umane e materiali senza fine, le vittime di guerra civili sono più numerose di quelle militari, è davvero la mussoliniana "guerra totalitaria". Ultimo regalo l'atomica, e il pernicioso armamento planetario di mezzi di distruzione del pianeta. Segue un assetto di "pace" armatissma, col rischio connesso di guerra persino per errore. Tuttavia un incerto equilibrio mondiale che poggia sulla spartizione del mondo in zone di influenza destinate dai vincitori costruisce un periodo nel corso del quale la tradizione della grande socialdemocrazia europea di sinistra (che include il Pci) produce lo stato sociale o Welfare, che dimostra scientificamente gli invalicabili limiti intrinseci: quando per finanziare il Welfare, bisogna tagliare le spese militari, viene tagliato il Welfare e si ripiomba nel caos della crisi. Nel periodo vi è stato un movimeno prerivoluzionario, se si bada alla coscienza che aveva di sé, il Sessantotto, sconfitto per improprio uso della violenza e meccanismi di repressione particolarmente duri tenaci e raffinati. Il Sessantotto è l'ultima occasione persa. Nel senso che perdere quella in corso significa consegnarsi alla distruzione atomica.

 

Siamo a una nuova crisi strutturale globale e -credo- finale del capitalismo e ho buttato giù questa sommarissima lettura storica solo per dire che ci sono segni di disaglo, punti di conflitto, risveglio di coscienze quasi ovunque, taciute, censurate da un sistema informativo mondiale asservito: ma non si può perdere questa occasione.

Quali ne sono le avvisaglie? le forme? Le potezialità? il seguito a presto...

 

Lidia Menapace


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