A Treviso nella sede della Casa Dei Carraresi si è aperta la mostra “Giappone. Dai Samurai a Mazinga”, fino al 22 febbraio a cura di Adriano Madaro e Francesco Morena.
Dal 1868, il Giappone sviluppò una cultura del tutto originale, dovuta alle contaminazioni con l’esterno che seppero fondersi con lo spirito più misterioso di questo popolo, in un connubio di rara eleganza e straordinaria raffinatezza. In questo armonico contrasto – quasi un paradosso – risiede l’aspetto più interessante della cultura giapponese, creata da un popolo che diede i natali ai più feroci guerrieri – i Samurai –, e alle più delicate e raffinate figure femminili – le Geishe -; che seppe aspirare alla perfezione nel compiere ritualmente un unico gesto immutabile di secolo in secolo – la Cultura del Tè –, e perfezionato la propria tecnologia elevandosi ad esempio insuperato per tutto il mondo – i Robot –.
Sezione dedicata ai Samurai
Il Samurai figura del guerriero, detto anche buschi, ha avuto nella storia del Giappone il ruolo di protagonista assoluto. Tra l’equipaggiamento dei samurai la spada era l’oggetto più importante nel quale si incarnava la sacralità di questa figura ormai mitologica. La spada giapponese è l’arma perfetta letale eppure bellissima, forgiata nell’acciaio più puro da Maestri venerati quali demiurghi della guerra. In mostra sono esposte una ventina di armature complete, corredate da elmi; due spade accompagnate da else di altre spade appartenute a famosi guerrieri e suddivise in clan, e alcune maschere da combattimento.
Sezione dedicata al Teatro
Il Nð è la più sofisticata forma di teatro giapponese. Fortemente imbevuto dei principi del Buddismo Zen, fu messo a punto tra il XIV e il XV secolo rielaborando tipologie di teatro più antiche e beneficiando della protezione dello shðngun e dell’aristocrazia militare. I drammi – messi in scena da soli attori maschi che impersonano anche i ruoli femminili – hanno come trame storie di divinità, di battaglie, di spiriti vendicativi; il palcoscenico è sobrio, e la recitazione è una miscela di danza e canto con ritmi cadenzati e movimenti lenti e iconici. I costumi sono lussuosi e raffinatissimi. Il più importante strumento a disposizione dell’attore di teatro Nð, quasi oggetto di venerazione, è la maschera (men). Ne esistono numerose tipologie, tante quanti i ruoli che formano il repertorio tradizionale. Realizzate da intagliatori specializzati, hanno la capacità di assorbire e di riflettere le variazioni della luce, catalizzando emozioni per divenire specchio di sentimenti e passioni, divine e terrene. In mostra sono esposte dieci preziose maschere tutte appartenenti al Teatro Nð.
Sezione dedicata a la “Via della scrittura”
In tutta l’Asia estremo-orientale, in Cina come in Corea e Giappone, scrivere non è solamente un mezzo per comunicare ma è un processo artistico, proprio come la pittura e la musica. Il sistema di scrittura giapponese combina caratteri cinesi con un alfabeto che si tramanda sia stato inventato da Kðbð Dashi (774-835), il monaco che diffuse nell’arcipelago i precetti del Buddismo esoterico. Il gesto del pennello che imbevuto di inchiostro precedentemente sciolto con acqua sulla pietra imprime il tratto sulla carta, non è che finale di un processo mentale complesso, che coinvolge studio, meditazione, preghiera, affinché il risultato sia armonico, ispirato, degno della trascendenza.
Sezione La Cerimonia del Te
La Cerimonia del tè (Chanoy) è la quintessenza dell’estetica giapponese. In mostra è ricostruita una antica Sala da Té con i suoi semplici arredi e tutti gli oggetti di rito.
Una sezione è dedicata allo Shunga, le immagini della primavera
Le shunga (“immagini della Primavera”, intesa come rinascita) non si può descriverle in maniera diversa, sono immagini dall’esplicito contenuto erotico. Tuttavia prima che erotiche o pornografiche che si voglia, le shunga sono opere notevoli della storia della grafica giapponese. Esse furono realizzate da artisti di prim’ordine dell’Ukiyo-e, le “immagini del Mondo Fluttuante”, da maestri della xilografia, come Hokusai e Utamaro, ai quali il mercato richiedeva, per svago degli acquirenti, immagini di questo tipo. In mostra sono esposte 34 shunga.
Ukiyo-e, le immagini del Mondo Fluttuante
L’Ukiyo-e, letteralmente le “immagini del Mondo Fluttuante”, è il genere artistico che meglio ha descritto una parte della società giapponese del periodo Edo (1603-1868). Le sue immagini raccontano la vita degli abitanti delle più importanti e popolose città di quei tempi, soprattutto Edo (l’attuale Tokyo), Kyoto e Osaka. In mostra sono presentate opere di Hokusai, Utamaro, Eisen e di altri artisti tra il XVIII ed il XIX secolo.
Sezione Inrð (scatoline), netsuke (fermagli), ojime (anellini): vezzi per uomini elegantoni
In questa sezione si possono ammirare tre Kimono (uno femminile, uno maschile e uno del teatro Nð), tre obi oltre a raffinati oggetti da toeletta, assieme ad una dozzina di bellissime lacche (scatole, portavivande, servizi da scrittura) e due preziosi strumenti musicali, i famosi samisen e Koto, fondamentali per la musica giapponese. Non vi sono gioielli, perché le donne giapponesi, comprese quelle nobili e quelli appartenenti alla famiglia imperiale non indossavano alcun gioiello, ma ponevano particolare cura solo alla capigliatura.
Sezione “dei piaceri effimeri nel Giappone del periodo Edo”
Nel periodo Edo (o Takugawa, dal nome della famiglia cui appartennero gli shðgun (comandanti dell’esercito, dittatori militari, che governavano il paese in quel lasso di tempo). Il Giappone scelse autonomamente di isolarsi dal resto del mondo: a tutti i giapponesi era fatto divieto di abbandonare l’arcipelago così come per gli stranieri era proibito l’ingresso; solo a Nagasaki era concesso che risiedessero una comunità cinese e gli olandesi delle compagnie delle Indie Orientali. Il fenomeno sociale più importante di quell’epoca è stato sicuramente l’inedito sviluppo della città di Edo, l’attuale Tokyo. Con il declino economico dei militari, sorsero molte attività artigianali e mercantili che formarono una nuova borghesia, ricca e prosperosa. Le città pullulavano di attività ricreative per i nuovi facoltosi: teatri, arene di sumð e, soprattutto, le cosiddette Case Verdi, per attività licenziose. Il quartiere che le raccoglieva si chiamava Yoshiwara.
Dopo secoli di isolamento il Giappone conquista l’Occidente con la raffinatezza dei suoi gusti e la precisione tecnologica. Dagli antichi samurai ai futuristici super robot: si chiude un antico cerchio per diventare modello di modernità nella produzione di sofisticati giocattoli, molti dei quali visibili in mostra.
I raffinati maestri d’arte nipponica ispirano i grandi maestri della pittura europea, questo tema apre
La sezione del Giapponismo, “il Paese del Sol Levante ispira gli artisti”
Il Giapponismo è un fenomeno artistico che si è sviluppato tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento in Europa e negli Stati Uniti. Gli artisti si resero subito conto di quanto nuova e diversa fosse l’arte giapponese e ne trassero ispirazione per realizzare opere d’arte di stile e gusto innovativo. In mostra vi sono due stampe di Hiroshige che furono modello per Van Gogh, il quale le copiò a testimonianza del suo apprezzamento per l’arte giapponese. Accanto a queste opere vi sono anche le riproduzioni degli originali custoditi al Museo Van Gogh di Asterdam.
Maria Paola Forlani