Camminavo in Via De Amicis a Milano, alcuni giorni fa, e la vista di un muro di cemento rete di ferro e bambole appese mi ha catturata, nell’attenzione prima e nel farmi cambiare la meta del mio camminare dopo.
Si chiama il “Wall of Dolls”, questo muro con diverse bambole, allestito il 2 giugno di quest’anno, da Jo Squillo, come strumento di sensibilizzazione e di evidenziazione al tema della violenza di genere. Iniziativa che è caduta all’interno della settimana della moda maschile. Vi hanno partecipato artisti, associazioni e cittadini con il contributo di una bambola, con il contributo di mettere in strada, aprendo le pareti – e di non tenere nascosta, una violenza che si consuma nelle mura domestiche, ogni giorno.
L’OMS definisce la violenza di genere (Gender-based violence) come il più grande problema di salute pubblica e di diritti umani violati in tutto il mondo. Per tale violenza si intende l’uso intenzionale della forza fisica o del potere, o la minaccia di tale uso, rivolto contro un’altra persona che può produrre lesioni fisiche, danni psicologici, fino all’omicidio o fino ad indurre il suicidio.
I dati sono sulle dita di una mano: Già nel Word Report on Violence and Health del 2002 pubblicato dall’OMS si sottolinea come: «La violenza da parte del partner si verifica in tutti i paesi, a prescindere dal gruppo sociale, economico, religioso o culturale». La Terza commissione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha riferito che una donna su tre in tutto il mondo subisce violenza, nel corso della vita, da parte di un famigliare o partner. Da indagine ISTAT-2006 sul tema “Violenza e maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia” emerge che quasi una donna su tre tra i 16 e i 70 anni ha subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita.
Apriamo quelle porte e quelle finestre di casa, per chiamare aiuto e per ascoltare chi lo sta chiedendo...
Barbarah Guglielmana