Ci siamo svegliati con la notizia che Alan Gross “imprenditore americano” o “nemico della rivoluzione” (a seconda della fonte del comunicato) è stato liberato e si dice che in cambio ci manderanno gli “eroi” o “spie”, (dipende dall’emittente che trasmette la notizia).
All’Avana il popolo commenta che a partire da oggi la politica tra Cuba e gli Stati Uniti cambierà.
Si dice che cambierà il rapporto con “gli yankee” e che poco a poco verrà tolto il blocco (embargo).
Tutto questo sarà vero?
Noi cubani non abbiamo notizie, è solo una voce che da stamattina all’alba si rincorre da un isolato all’altro.
All’angolo, al negozio di alimentari, alla fermata dell’autobus la gente dice che Obama e Raúl terranno un discorso alle 12 per annunciare “qualcosa”. Che cosa annunceranno? Non lo sappiamo.
La metà dei nostri affetti oggi vive negli Stati Uniti. Così vicini e così lontani! Da Miami o New York, da Los Angeles o Chicago, da qualunque città del nord noi cubani riceviamo ogni giorno notizie, medicine e spedizioni famigliari. Nemici intimi, viviamo aspettando il modo di rincontrarci, di riallacciare le nostre vite, di riattaccare la pellicola che per 50 anni e che generazione dopo generazione la politica ha interrotto.
Non ci resta che aspettare. Non ci resta che sperare che, mentre noi dormiamo i due governi si mettano d’accordo.
Una donna come me, nata a Cuba nel 1970 ha trascorso tutta la sua vita, è cresciuta e maturata nell’embargo, ha vissuto e vive bloccata. Morirò nell’embargo? Come sarebbe vivere in una Cuba senza embargo?
Oggi è il 17 dicembre 2014, giorno di San Lázaro, data sacra per molti cubani, noi tutti chiediamo, desideriamo, mormoriamo la possibilità di un cambiamento.
Wendy Guerra
(Habáname, 17 dicembre 2014)
Traduzione di Silvia Bertoli