Firenze – Nei giorni scorsi, alcuni hanno denunciato* la messa in onda di una trasmissione che ieri sera è andata in onda su Rai3 relativamente ad una vicenda processuale ancora in corso, quella della clinica Santa Rita di Milano e del suo principale accusato -in carcere- il medico Pier Paolo Brega Massone. Al di là della vicenda giudiziaria, la denuncia ha riguardato il fatto che la tv di Stato abbia ritenuto di intervenire per indirizzare il giudizio ancora in corso.
Mi sono guardato la trasmissione, lunga e documentata, andata in onda in prima serata fino a quasi mezzanotte: una sorta di inchiesta giornalistica in stile realismo mediatico, dove i fatti e le circostanze (spesso riportate con didascalie che ne avvalorano l'autenticità rispetto all'iter processuale) si mescolano col romanzo. Con tanto di narratore/conduttore che, come un fantasma che gli attori in scena non vedono, appare ogni tanto, con cipiglio di chi la sa lunga, per trarre le proprie conclusioni e declamare gli avvisi all'utenza su pericolosità e malaffare che, dallo schermo che lui sta commentando, si possono riversare nel nostro quotidiano. E per dare un tocco di attualità/populismo viene anche presentata la cattiva politica che, proprio nei giorni delle indagini basate su intercettazioni telefoniche e video, sta pensando di limitare questi strumenti di indagini solo a reati di mafia e terrorismo: con tanto di preoccupazione/scoramento nei volti delle attrici che interpretano i magistrati inquirenti. Il romanzo/popolare sulla scia del presunto sentimento diffuso è stato messo quindi in scena (sentimento che -a nostro avviso- lo è solo per giornalisti che spacciano per opinione pubblica le loro fregole di carriera e notorietà).
Un genere di comunicazione mediatica e di fare “informazione” che a me non piace, poiché, al di là della presentazione dei fatti presunti “nudi e crudi”, ha la pretesa di indirizzare la valutazione dell'utenza e, sostanzialmente, di trarne una morale pubblica, con irrilevanti spazi al giudizio del singolo, se non nei casi in cui quest'ultimo sia molto “attrezzato” per maturarselo. Ma la Rai (e non solo) è questo e anche di più, e non è questo che qui intendiamo rilevare.
Ci interessa, invece, il fatto che questa trasmissione sia andata in onda, in disprezzo (e violazione?) degli elementari diritti del cittadino.
L'impressione è stata quella di uno schermo tv in funzione di pubblico ministero, che invece di spiegare e motivare al collegio giudicante i fatti frutto delle proprie indagini, manda le immagini di una propria ricostruzione romanzata. Solo un metodo bizzarro e -sostanzialmente- illegale? No! Prima di tutto perché non siamo in un'aula di tribunale, e poi perché il collegio giudicante non è fatto da togati o da una giuria popolare scelta, ma è fatta da tutti coloro che sono davanti a questo schermo; quella -per l'appunto- che alcuni giornalisti chiamano opinione pubblica e che -non crediamo di essere marziani nel pensarlo- può pesantemente condizionare il giudizio ancora in corso.
Siamo nel 2014 e, proprio come 2014 anni fa, la Rai ha scelto di emulare la folla vociante che fu chiamato a scegliere se liberare Gesù di Nazaret o il presunto ribelle Barabba, E la folla/popolo, si sa -oggi come 2014 anni fa-, non va molto per il sottile rispetto a fonti per la maturazione di un giudizio.
Un pensiero ai prossimi giorni in cui saremo chiamati al rinnovo dell'obbligo di pagamento dell'imposta per il possesso di un apparecchio tv, imposta che serve al finanziamento anche di questa tv di Stato.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
* Radicali in primis, con l'appoggio di giornali come Cronache del Garantista e L'Opinione.