[…] non dirmi più quella frase: Io debbo tenere tutto per me il mio dolore. Non voglio più che tu la ripeta […] che cosa sarebbe la mia freschezza se non avessi te a cui donarla? Io sono assetata di luce e di bellezza: ma non sei tu, tu solo, la mia luce? […] E che cosa, se non egoismo e sterile orgoglio, diverrebbe la mia impetuosa gioia se non avessi te a cui offrire la mia giovinezza? Io sono una povera cosa, che forse non comprende. Ma se tu credi che io sia degna di leggere nel tuo cuore, te ne supplico: dammi la mano, fammi camminare con te […]. Tu non devi piangere da solo […].
Un fardello non si può distruggere: ma non sai come è più lieve se lo si porta in due? […]
Antonia Pozzi, Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938
A cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino
Con un saggio di Marco Dalla Torre e postfazione di Tiziana Altea
Ancora, 2014, pp. 392, € 26,00
7 – segue