Una morte improvvisa, inaspettata. Un fulmine a ciel sereno quello che ha annunciato la morte di Gianmario Lucini, editore sempre lungimirante, raffinato e impegnato dal punto di vista civile. Nel suo lavoro di ricerca, che indossasse le vesti di autore, intellettuale o editore, aveva battuto, come un esploratore appassionato e attento, numerosi sentieri e vie, ma mai aveva rinunciato a discutere dei grandi temi sociali, che poi s'intrecciano strettamente con quelli esistenziali che travagliano l'umanità: pace, ecologia, disarmo, giustizia, attenzione agli ultimi e ai deboli.
Aveva appena finito di editare l'ultima antologia, Keffiyeh. Intelligenze per la pace (CFR, 2014, 200 pagine, euro 15), curata da lui personalmente insieme con Mario Gigli, quando ci ha raggiunto la notizia della sua precoce e subitanea scomparsa. Una gran tristezza. Il mondo editoriale perde una delle sue migliori persone.
Keffiyeh, con i suoi scritti e le sue poesie dissidenti, è un vero gioiello. «Di umano, in questo contesto, resta soltanto la sofferenza delle vittime e il lutto per le perdite, il dolore per gli affetti spezzati, per l'esistenza sconvolta e la frantumazione di ogni certezza. Assente la pietas, o almeno l'empatia, la capacità di sentire il dolore del nemico, che troviamo ad esempio ne I persiani di Eschilo», queste le parole di Gianmario nella introduzione al volume, «... a pagare sono quasi sempre i poveri, gli innocenti e, fra loro, i più indifesi: i bambini, le donne, i vecchi […] l'Africa sembra piuttosto un magazzino di materie prime da rapinare e non un continente di popoli. Da qui l'esodo dei profughi che solleva tante polemiche e ci trova doppiamente incapaci e colpevoli di migliaia di morti in mare e nei deserti (forse la maggior ecatombe del nostro tempo): fuggono le guerre provocate dalle nostre rapine e noi imperterriti a non capire». Innumerevoli gli stimoli fornitici dalla disamina, completa, di Gianmario e dalla sua consueta brillante onestà intellettuale. Viviamo in un mondo sconcertante, di falsa democrazia – questo è il vero. «Tutti dichiarano di volere la pace e intanto l'industria bellica prospera più di ogni altra industria […] Se dunque nessuno vuole la guerra, che ce ne facciamo dell'esercito? Che ce ne facciamo delle fabbriche di armi? […] Ecco le ragioni della rabbia e del dolore, che ispirano questo libro. Che però non rinuncia alla speranza della pace. Sappiamo, questa speranza è chiamata “utopia”. E tale sia, ma nel senso di “luogo che sta altrove” e quindi esiste e lo si può raggiungere: basta attrezzarsi e volerlo. Agli artisti e ai poeti spetta prefigurarla».
Mercoledì 10 dicembre, alle ore 18 (ingresso libero), in via Laghetto 2, Milano, l'Associazione Culturale Milanocosa, CFR Edizioni e Associazione Poiéin presenteranno l'antologia con i suoi 132 autori di ogni nazionalità (oltre agli italiani, USA, Belgio, Svizzera, Francia, Israele, Palestina, Egitto, India, Giordania, Malta). I testi sono in lingua e traduzione, un affascinante mosaico. «Il libro vuole essere la ricerca di un lessico comune, un orizzonte culturale di pace che vada oltre le ideologie e si imperni sul dialogo fra i popoli e la giustizia fra le nazioni».
Info: tel. 02 76394142/347 7104584
www.chiamamilano.it e www.milanocosa.it
negozio@chiamamilano.it
Chiudiamo quest'articolo con la citazione di una poesia fra le tante (tutte magnifiche e nel segno della solidarietà). Versi forti ed emblematici...
Epifania del kamikaze
(in tanta oscurità ci tocca scendere)
… e sparai allora anch'io, e fallii, al giovane bendato.
Lui mi lanciò le sue ferite contro
mi lanciò la divisa del suo corpo,
che inferno intorno, tutti in quella buca
radiosa – tutti a urlare, anch'io
premetti per esplodere, scoppiare
trovarmi in un altro posto
sul ventre ancora caldo come un albero
sollevato alle radici, fra calcinacci e abbracci
(si spezzò il filo, si aprì l'abisso)
anch'io dico fluttuai a mezz'aria
nella brezza del viale illuminato
e all'angolo della bocca un grumo lento
un morso di cervello colava in volto
(forse il mio) sotto marmitte elisie
e nuvole lampeggianti, sull'asfalto,
in una broda di sangue e sanguinacci,
ovunque l'aria posasse come aureola
sopra ogni anima appassita;
per caso, sul menu à la carte.
(Salvatore Ritrovato)
Alberto Figliolia