Caro Enea...la povera fagianella fece una brutta fine sotto ai miei occhi. Ogni volta che è tempo di caccia mi torna in mente l'episodio. Per questo ho scritto la “istoria” che invio a Tellusfolio. Portale che spero, fra le tante voci che accoglie, accolga la voce di chi è animalista e contro ad ogni persecuzione contro gli animali. Fra l’altro leggo sempre con grande piacere la rubrica Spinus. Sia questa la mia testimonianza.
Saluti dalla campagna romana, Maria
ISTORIA DI UNA FAGIANELLA
Eccomi qui, comincio a conoscere questo posto, a muovermi più liberamente. È un posto bello, ricco di vegetazione, fossi e torrentelli e una sorgente di acqua purissima. Ma il trauma dell’arrivo è stato forte, ci hanno spinto giù da una scatola puzzolente e rumorosa e abbandonati a noi stessi…
– Mamma, mamma, guarda che bello quell’uccello, guarda che coda lunga e che ciuffo impertinente sulla testa…
– È un fagiano, caro, anzi una fagiana.
– Da che cosa si riconosce che è un uccello femmina?
– Dal suo piumaggio, meno ricco e variopinto di quello del maschio…
Ecco, sono passati e andati via, non ho avuto paura di loro. Ma su questa via non passano solo persone che non fanno paura. Sarà bene che me ne torni nel castagneto, con le mie amiche. Prima di venir catapultate qui stavamo in un posto stretto. Ne ho pochi e brutti ricordi, mi sentivo oppressa, una tra le tante fagiane di allevamento. Ci davano da mangiare cose che più ne mandavi giù, più ne avevi voglia, mai soddisfatte e sempre un po’ nauseate; non so bene per quanto tempo, ma credo per tutto lo svezzamento e l’infanzia, fino alla prima giovinezza. Poi venne la fine di quel mondo, convogliate e scaricate qui con malagrazia. Non ho il ricordo di uno scarruffamento, di uno spulciamento, una coccola. Di qualcuno che ascoltasse le mie curiosità e mi rispondesse, come quel bambino che è passato prima con la sua mamma.
Ho come la memoria di una memoria, l’eco di una voce antica che mi racconta di com’eravamo, noi fagiani, tempo fa, come Natura ci fece e quali leggi ci governavano. In questi ricordi lontanissimi c’è destrezza e gioco, l’affetto caldo della fagiana madre e l’abbraccio della covata.
Come dicevo, adesso sono qua e ho paura. Ogni volta che spunta il sole non so se lo vedrò calare. In giro vanno persone con abiti pieni di tasche - ne hanno fin sulla schiena -, di color muschio; se stanno fermi li si confonde con il bosco. Li accompagnano animali che sono simpatici e abbaiano quando devono avvertire di qualche cosa, ma diventano intrattabili quando hanno l’ordine di stanare selvaggina. Sono cani e non sarebbero cattivi, per loro natura, ma vivendo a fianco dell’uomo lo sono diventati. Annusano, annusano e quando trovano fanno la spia. Chissà perché gli uomini ci mettono così uno contro l’altro, a noi animali. Dicevo che sono vestiti in grigioverde e imbracciano una brutta cosa che fa un rumore assordante. Ma questo non sarebbe il peggio, il fatto è che da quella canna esce una fiamma che se colpisce uccide, come ho visto accadere a tante mie compagne prese di mira.
– Anvedi che ber pollo!
– Ma quale pollo, è una fagiana.
– Embé? sempre ‘na bella padellata ce verebbe fori!
– Quanto sei materialista! Ma guarda quanto è elegante, guarda come si muove, sembra che porti le scarpe coi tacchi a spillo… è proprio un bell’uccello!
– D’accordo su tutto, ma io continuo a vederla bene in padella col rosmarino e ‘na punta de peperoncino.
– Fortuna che lo dici solo per dire, tu non sei un cacciatore!
– A te però bella pollastrella mia t’ho ‘ncastrata! viè qua, damme ‘n bacio!
Ecco, sì, giustappunto, si chiamano cacciatori e da un po’ di tempo non ci danno tregua. Prima, appena arrivati qui, benché spaesati, si stava benino. Il posto è bello e gli altri animali compresi i fagiani selvatici non ci infastidiscono, anzi, non ci degnano di uno sguardo. Poi, da un brutto giorno all’altro è finita la pace ed è cominciato il terrore…
– Quante belle fagianelle! Com’è che non ci sono fagiani maschi?
– Boh, sarà per caso. Comunque è la Federcaccia che si occupa di ripopolare i territori.
– Con animali in batteria per far divertire i cacciatori? Ma non è una vergogna questa disparità? Guardale, sono imbranate, impaurite al punto da essere intontite… facile preda…
– Se è per questo, nemmeno il cacciatore ha più l’istinto del predatore!
Ecco che ne arriva uno, con cane, fucile e regolare licenza di uccidere. Via, presto, dentro un anfratto spinoso, dentro un tronco cavo, ma via, al riparo. Non riesco a controllare le ali, dovrei zampettare lontano dalla strada il più possibile acquattata, invece mi vien da volare. Non riesco a impedirmelo, ecco che sono partita in verticale, la paura mi ha fatto spiccare il volo e…
– Che stupide queste fagiane. Si mettono proprio alla giusta altezza e traiettoria per favorirti il compito. Bene, mia moglie sarà contenta del suo uomo cacciatore, le porto a casa una pietanza da leccarsi i baffi…
Fine della triste istoria. Ero una fagianella e adesso sono cibo da spennare, frollare e cucinare per gli umani… – Umani?
Maria Lanciotti
N.B. – La riserva di caccia di cui si parla è in località Le Cone nelle campagne di Subiaco in provincia di Roma. Il fatto è stato osservato da chi scrive nel settembre del 1999. I commenti di alcuni passanti sono riportati fedelmente nel racconto.