Non è una festa, l’otto marzo.
Ma lo è diventata per i tramandati ricorsi della memoria.
Per tenere a filo teso le consapevolezze di donne
che un altro mondo non è possibile senza di loro.
Per il tessere l’arazzo delle conquiste nel tempo,
delle perdite contro il tempo,
del librarsi di ali e del loro incagliarsi.
Per il recitare a voce alta il copione dei diritti negati,
delle maternità lacere,
delle offese di colpi e parole,
delle intelligenze mai viste,
delle esclusioni.
Non è una festa l’otto marzo per chi non conosce
e non riconosce più giorni di festa.
Ma lo diventa per le parole indossate e giocate.
Per un canestro di emozioni intrecciate,
Per la conquista di pensieri lievi,
Per le trasformazioni agite e per le speranze di un futuro altro.
Per una coralità ricercata tra fatica e entusiasmo
e per il rosso di passi uguali.