Mentre Ferrara ha preferito non arricchire le proprie collezioni museali con opere del ’900, e disperdere la straordinaria collezione d’Arte contemporaneae di Casa Cini
A cento anni dalla sua fondazione, la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti espone e racconta le sue collezioni del ‘900: «secolo di fervore innovativo di strappi culturali (e non solo), di tragedie e di ricostruzioni, un secolo che nelle arti ha indirizzato una contemporaneità del XXI secolo, profondamente modellata da quelle esperienze ereditate» (Crisina Acidini).
Per celebrare il centenario della sua fondazione la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti ha voluto dedicare una mostra alle collezioni novecentesche possedute dal museo. Infatti, nonostante la Galleria d’arte moderna sia nota soprattutto per essere il museo che vanta la più vasta e importante, storicamente e qualitativamente, collezione di dipinti macchiaioli al mondo, è sconosciuta a quasi tutti l’interessante raccolta di opere novecentesche fino ad oggi relegata nei depositi.
L’esposizione, a cura di Simonella Condermi e Ettore Spalletti (Catalogo Sillabe), tende ad attrarre l’attenzione su questo museo nel museo, fino ad ora sommerso per insufficienza di spazi espositivi: «Sono come le luci di un faro che (…) si accendono e spengono sulle collezioni di questo museo: una sorta di percorso a corrente alterna che consente di poter far vedere le più significative selezioni di tutto il patrimonio (…)» (Simonetta Condemi).
Viene così raccontata attraverso questa mostra, grazie al suo taglio storicistico, i tempi e i modi che caratterizzarono le acquisizioni delle opere in Galleria così da evidenziare, attraverso le scelte operate nel corso dei decenni del secolo scorso, i fermenti culturali della Firenze di quel tempo. L’evento è più di una mostra, è la prova per un percorso museale di capolavori per lo più inediti del secolo scorso, che dovrebbero finalmente trovare, a conclusione dell’esposizione, una collocazione stabile nelle ultime sale di facciata della Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Come del resto è accaduto per le collezioni novecentesche del Comune di Firenze che con il nuovo Museo Novecento hanno trovato recentemente i loro spazi espositivi nel complesso delle Leopoldine.
Fu l’importante Legato al museo voluto nel 1896 dal critico Diego Martelli, sodale del movimento macchiaiolo, ad evidenziare la necessità che anche Firenze, come già Roma e Venezia, vi fosse una Galleria che presentasse al pubblico le proposte dell’arte moderna. La raccolta di opere di importanti esponenti dell’arte ottocentesca toscana, soprattutto macchiaiola, doveva quindi trovare degna collocazione in un percorso che comprendesse anche le novità correnti contemporanee.
Nel marzo del 1913 nelle sette sale della Galleria dell’Accademia di Firenze, il Direttore generale del Ministero, Arduino Colasanti, inaugurava una prima modesta sezione degli spazi museali dedicati all’arte moderna che undici anni dopo, nel giugno 1924, sarebbe approdata a Palazzo Pitti nell’attuale sede. Le diverse provenienze delle opere che allora la componevano, consistenti soprattutto nei premi Accademici e nelle raccolte lorenesi e sabaude, erano già in grado di illustrare criticamente la lunga e complessa storia verso la fondazione museale; si tratti di fasi storiche che precedettero e prepararono la successiva stagione culminata con la Convenzione tra Stato e Comune di Firenze stipulata nel giugno 1914; rimaneva però ancora da individuare uno spazio espositivo adeguato ad una collezione in continua crescita.
Le donazioni di opere accolte, oltre agli acquisti allora effettuati finalizzati fin dall’inizio a comporre il percorso del futuro museo, permettono di comprendere i criteri di scelta che vennero adottati da quella Commissione, tuttora vigente, che era stata istituita e giuridicamente prevista dalla Convenzione con l’incarico di accrescere, secondo precise indicazioni critiche, il patrimonio del museo.
Nella selezione delle opere esposte sono state scelte quelle dei principali interpreti della cultura figurativa italiana del ‘900: Felice Casorati, Felice Carena, Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis, Gino Severini, Giuseppe Capogrossi, Guido Peyron, Ottone Rosai, che si alternano a quelle, prevalenti per qualità, degli esponenti del gruppo del “Novecento toscano” di Baccio Maria Bacci, Giovanni Colacicchi e degli altri sodali, vicini al clima della rivista Solaria ed al ritrovo canonico della cultura fiorentina, il caffè delle “Giubbe Rosse”, che resero la città negli anni venti un fertile centro di incontro dei migliori artisti ed intellettuali italiani.
In mostra le opere acquisite alle varie edizioni delle Biennali veneziane tra il 1925 ed il 1945, alla Quadriennale Romana del 1935, e quelle, molto più numerose, comprate in sede locale presso la società di Belle Arti di Firenze, ma soprattutto alle Sindacali Toscane, dedicate alla cultura figurativa regionale.
Oltre a questi ingressi non meno rilevanti erano quelli che giungevano grazie ai doni, testimonianza, con la loro crescente frequenza, di un rapporto sempre più stretto tra la Galleria d’arte moderna e la città.
Gli anni del dopoguerra furono caratterizzati da una stasi nell’attività di acquisizione di opere da parte della collezione del Novecento grazie all’ingresso delle opere premiate alle varie edizioni del “Premio del Fiorino”, che lo statuto della stessa manifestazione destinava al museo. Queste opere, del resto, sono l’unica testimonianza efficace della cultura figurativa italiana di quegli anni e rappresentano un significativo incremento di dipinti dovuti alla mano di Felice Casorati, Filippo De Pisis, Primo Conti, Fausto Pirandello, Vinicio Berti, Fernando Farulli, Sergio Statizzi, Corrado Cagli.
Il percorso della mostra termina con la presentazione delle ultime acquisizioni volute dalla Commissione operate negli ultimi trenta anni della sua attività, dal 1985 ad oggi: tra queste Confidenze di Armando Spadini, La Mascherata di Mario Cavaglieri, già in collezione Longhi, e una bellissima Veduta di Grizzana di Giorgio Moranti, dedicata all’amico Ragghianti.
Firenze con il nuovo Museo del ‘900 nel complesso delle Leopoldine e la raccolta di Arte Moderna di Palazzo Pitti ha compiuto un’operazione di notevole prestigio e di “memoria” per la città, dando grande attenzione ad un secolo colmo di fervore innovativo e di ricerca. Per chi scrive si pone una riflessione sul territorio estense, patria di Filippo De Pisis e di molti grandi artisti del novecento e del contemporaneo presenti nelle collezioni fiorentine.
La città di Ferrara ha abbandonato, da molto tempo, ogni tipo di attenzione all’arte del ‘900 e alla crescita delle raccolte museali, resta la memoria, ormai lontana, delle “Raccolte di opere d’arte” passate al Centro Attività Visive di Palazzo dei Diamanti e Palazzo Massari (per la Video Arte) degli artisti espositori, curate da Franco Farina (fondatore delle Gallerie civiche di Arte Moderna di Palazzo dei Diamanti) e della straordinaria collezione di “Arte Contemporanea” di Casa Cini, raccolta con sapienza da don Franco Patruno con la consulenza di Claudio Spadoni, di Renato Barilli e dello stesso Franco Farina, ormai, dispersa inesorabilmente.
Maria Paola Forlani