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Antonia Pozzi. Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938/ 5.
28 Novembre 2014
 

Sorrento, 3 aprile 1929

 

Cara Nena,

bisognava proprio che venissi così lontano per decidermi a mandarti la famosa lettera che da tanto tempo ti faccio sospirare.

Qui tutto è bello di una bellezza violenta, che fa persino male; che ti prostra in un’ammirazione opprimente e angosciosamente inadeguata allo sfarzo di tutta questa natura. Se una finestra ti ammannisce una porzioncina di mare spazzato dal vento, tu butti lì sopra tutti i tuoi pensieri e stai a vederli giocherellare con le folate che fanno il solletico alla pellicina dell’acqua, la quale, poverina, si raggrinza tutta e s’increspa in striature tanto fini che sembra il capino di un uccello quando qualcuno, soffiandovi delicatamente sopra, rovesci le piume in rotelline trepide. Il cervello continua a mulinare così, nel vuoto: e più il cielo si fa languido di lunghe carezze rosa, più gli occhi si affisano nel tormento di guardare tutto, di viver tutto, con uno sguardo conscio e degno. E poi quando l’ovatta grigia delle nubi ha asciugato, all’orizzonte, tutto il sudore perlaceo del mare, il bagliore mite della prima stella ti sembra la divampante voce di tutto questo cielo, che si tende in essa con uno sforzo supremo… Contemplare così non è un riposo; ma è una vita intensissima e bella.

Io ho esplorato tutto il giardino e tutta la scogliera e ho scovato degli angolini deliziosi, dove passo la giornata in un’inerzia apparente, ma con tutto il mio spirito teso a fare tesoro dell’ebbrezza che emana dalla vastità sconfinata dell’orizzonte e dell’insolita ricchezza della vegetazione.

Prima di venire qui, siamo rimasti due giorni a Napoli, dove ho pescato il Professor Cervi e ieri siamo andati con lui a rivedere Pompei. Per me è stato un rivivere le ore indimenticabili che passavamo l’anno scorso a scuola, cioè tornare a quella felicità inconscia, e quindi immeritata, che ormai ho imparato a non rimpiangere più. Ormai so che alla gioia vera non si arriva che attraverso le lacrime e che la lontananza non è che una vicinanza più salda e più nostra, quando le anime si avvicinano fraternamente in nome della luce che bisogna cercare.

E adesso, basta filosofia.

Domani partiremo per Amalfi, Ravello, Pesto, Salerno, da dove torneremo a Napoli per imbarcarci sull’Ausonia e ritornare a Genova per mare. Pensa che emozione!

Sperando di poterti dare il resoconto della mia traversata a voce, quando verrai a Milano a trovarci, ti bacio con tanto tanto affetto.

 

La tua Antonia

 

 

 

Antonia Pozzi, Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938

A cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino

Con un saggio di Marco Dalla Torre e postfazione di Tiziana Altea

Ancora, 2014, pp. 392, € 26,00

 

5segue


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