Per amor di Siria
Sono un poeta che ha prestato la sua anima alla causa di un popolo che muore. Alla causa del suo popolo, alla causa di quei figli dell’umanità dimenticata che è stata madre e sorella di tanti popoli e culture. Sono un poeta che non sa più cantare ma con la testa china scrive epitaffi su fosse comuni.
Vorrei scrivere di cose belle. Vorrei liberare la mia mente da tanto orrore e lasciar fluire le parole, lasciar amoreggiare gli occhi con le bellezze del creato, impregnare il mio spirito del profumo del mare… ma l’indifferenza non mi appartiene e credo che morirò per quello che è stato un profondo amore. Ho amato e bramato con il mio popolo la libertà e con il mio popolo ogni giorno muoio di mille morti. Mi uccide l’impotenza, mi uccide l’onere di sopravvivere a bambini che non hanno mai assaporato la dolcezza della vita. Mi soffocano le parole che non riesco a gridare, mi opprime il peso di tutti quei morti innocenti che non trovano nemmeno chi li pianga.
Sono una scrittrice di incompiute pregne di sentimento e lasciate lì in sospeso, come in un limbo tra la vita e la morte, in attesa che arrivi il tempo di scrivere. In attesa che l’incubo finisca. Ma quando finirà temo che il mio inchiostro si sarà asciugato e le mie parole saranno finite in fondo a quello stesso mare che ho contemplato in adorazione nei tempi in cui ho osato sognare…
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 28 ottobre 2014)