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Maria Paola Forlani. MAN RAY a Villa Manin
Autoritratto, 1943
Autoritratto, 1943 
30 Ottobre 2014
 

Villa Manin di Passariano, Codropio (Udine) presenta una grande mostra dedicata a Man Ray (1890-1976) a cura di Guido Comis e Antonio Giusa, con la collaborazione della Fondazione Marconi, Milano, aperta fino all’11 gennaio 2015. Con oltre 300 opere, fra fotografie, oggetti, dipinti, disegni e film sperimentali, l’esposizione ripercorre la vita e l’opera di uno degli artisti più significativi del Novecento, autore di vere e proprie icone del secolo scorso, come Le Violon d’Ingres, figura femminile con due intagli di violino sulla schiena e Caveau, ferro da stiro con la piastra percorsa da una fila di chiodi. La straordinaria inventiva di un artista, allo stesso tempo fotografo, pittore, ideatore di oggetti e autore di cortometraggi cinematografici, viene raccontata attraverso un ricco percorso espositivo che permette così di scoprire, oltre all’artista, anche Man Ray uomo e di seguito nella lunga e movimentata carriera fra Stati Uniti ed Europa, fra amori e amicizie. Per Man Ray non esiste infatti distinzione fra arte e vita, fra interesse estetico e sentimentale, fra desiderio e invenzione visiva. Pur mettendo in evidenza le diverse espressioni dello stile dell’artista, talvolta quasi disorientati nel loro carattere enigmatico, la mostra permette di cogliere gli elementi di continuità nell’opera di Man Ray, le curiosità e le ossessioni che le punteggiano.

Man Ray è lo pseudonimo di Emmanuel Radnitzky che nasce a Filadelfia nel 1890 da una famiglia di religione ebraica da poco immigrata dall’Europa orientale. Dopo l’apprendistato a New York dove si avvicina all’opera delle avanguardie e stringe amicizia con alcuni fra i più importanti artisti dell’epoca, come Marcel Duchamp con cui condivide la passione per gli scacchi, Man Ray sbarca nel 1921 a Parigi, accolto da numerosi colleghi artisti. Non è una scelta dettata dalla nostalgia delle origini, ma dalla convinzione che a New York non sia possibile far attecchire una nuova arte. Man Ray è infatti uno sperimentatore e un innovatore e i movimenti artistici cui si avvicina, dadaismo e surrealismo in primo luogo, rappresenteranno lo spunto per invenzioni sempre nuove in campo fotografico, come i rayograph e le solarizzazioni, in pittura, nella cinematografia e nella creazioni di oggetti e assemblaggi. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, dopo un ventennio di intensissima attività artistica, ripara nuovamente negli Stati Uniti. È però un soggiorno temporaneo. Nel 1951 l’artista, questa volta accompagnato da Juliet, conosciuta in California e sposata nel 1946, fa ritorno a Parigi dove risiederà fino alla morte, nel 1976.

La mostra attraversa tutta la vita dell’artista: dagli anni d’esordio fra New York e Ridgefield – New Jersey, sede di una vivace colonia di artisti – alle prime opere dadaiste; dall’arrivo a Parigi nel 1921, alla fuga dalla Francia occupata dopo un ventennio di attività intensissima; dagli anni di Hollywood, dove Man Ray si stabilisce al ritorno in america, agli ultimi due decenni in vita trascorsi a Parigi. Non si tratta tuttavia di un iter semplicemente cronologico, ma di un percorso articolato in una successione di approfondimenti che hanno per tema la scoperta della vocazione per l’arte, il rapporto con gli amici artisti e il contributo alla definizione dell’estetica dadaista e surrealista, l’elaborazione di tecniche fotografiche e cinematografiche.

Già a partire dal percorso newyorchese, quando strinse amicizia con Marchel Duchamp, e negli anni parigini, Man Ray frequentò molti fra i più importanti artisti del Novecento: oltre al già citato Duchamp, Francis Picabia e Pablo Picasso, poi Henri Matisse, Giorgio de Chirico e Constantin Brancusi, solo per citare alcuni nomi.

L’esposizione mette in evidenza il sodalizio sia umano che creativo con queste figure e molte altre attraverso gli indimenticabili ritratti a cui Man Ray affidò il loro ricordo, ma anche attraverso opere di Man Ray stesso o degli artisti citati che testimoniano le curiosità e gli ambiti di ricerca condivisi.

Così come dalle amicizie con colleghi artisti, la vita e l’opera di Man Ray furono segnate dall’incontro con donne affascinanti: Kiki de Montparnasse, Lee Miller, Meret Oppenheim, Juliet Browner e molte altre che non furono solo modelle e, spesso, amanti, ma vere e proprie muse capaci di ispirare, attraverso il proprio corpo, alcune delle sue opere più celebri: dal Violon d’Ingres, che ha per protagonista Kiki, alla Erotique Voile, serie fotografica nata dalla collaborazione con Meret Oppenheim, per giungere ai magnifici ritratti che Man Ray scattò alla moglie Julliet Browner nel corso degli anni. Oltre a un’ampia selezione di fotografie femminili la mostra presenta opere in cui i corpi delle donne si fondono con architetture, oggetti geometrici, forme inanimate. L’erotismo di queste immagini lascia trapelare anche l’interesse per il marchese De Sade, che grande influenza esercitò sugli artisti surrealisti.

 

Maria Paola Forlani


Foto allegate

Noire et blanche, 1926
Meret Oppenheim, 1933
Juliet in California, 1944
Villa Manin
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