È quasi difficile raccontarla, tanto è opulenta di tele e disegni, di stimoli e suggestioni. La mostra che il Palazzo Reale di Milano dedica a Giovanni Segantini è un autentico tripudio: arte, bellezza, messaggio, simboli e trasfigurazione.
Giovanni Battista Emanuele Maria Segatini (la n al cognome si sarebbe aggiunta successivamente) nasce da Agostino e da Margherita de' Girardi ad Arco. Cittadino inizialmente austriaco finirà per essere apolide tutta la vita, senza alcuna cittadinanza: né suddito dei Savoia o degli Asburgo né civis elvetico, in terra svizzera rimanendo con un permesso di tolleranza. A 8 anni il futuro maestro della pittura rimane orfano. A 12 anni viene arrestato a Milano per ozio e vagabondaggio e internato al riformatorio Marchiondi. Un incipit esistenziale, come si vede, estremamente duro, da cui con la forza di un prodigioso talento e delle idee Giovanni inizierà presto a riscattarsi. Milano saprà dargli altro, dopo il riformatorio: Brera, per esempio. E gli esordi di Segantini sono fulminanti: Il coro della chiesa di Sant'Antonio Abate in Milano (olio su tela, 119 x 88,5 cm, 1879) attira l'attenzione su di lui. Gli anni della produzione milanese sono importanti e Milano rimarrà, per l'innamorato dell'Engadina, un imprescindibile punto di riferimento. Sono di questo periodo le poche visioni che il suo pennello ha lasciato della città adottiva: Il Naviglio sotto la neve (olio su tela, 46 x 70,5 cm, 1879-1880), Giovane donna in via San Marco (olio su tela, 52 x 34 cm, 1879-1880), Nevicata sul Naviglio (olio su tela, 60 x 30 cm, 1880), Il Naviglio a Ponte San Marco (olio su tela, 76 x 52,5 cm, 1880). Opere mai di maniera per quanto “tradiscano” l'influenza dell'incombente Scapigliatura.
Ma il giovane Giovanni sente di volere qualcosa di più o, meglio, di diverso. Da ciò il trasferimento fuori dalla grande città, pur crocevia di istanze culturali e fecondi movimenti. Nel 1881 lo troviamo, assieme alla sua compagna (la loro fu una “unione libera”) Luigia Pierina Bugatti detta Bice, a Pusiano, là dove dipinge la prima versione di quello che sarà uno dei suoi indiscussi capolavori, ossia l'Ave Maria a trasbordo. In mostra si trovano i disegni tratti dal celeberrimo quadro: penna e inchiostro su carta beige; gessi neri e grigi illuminati da gesso bianco su carta; carboncino e gesso bianco su carta da ricalco; pastelli su carta. Infine l'olio su tela della seconda versione (120 x 90 cm, 1886), in prestito dal Museo Segantini di St. Moritz: un dipinto meraviglioso per impatto emotivo, nonché frutto di una ricerca formale che stava compiendosi con tutta la sua potenza ideale. La strada è tracciata: simbolismo naturalista e divisionismo...
L'esposizione – 120 opere da importanti musei e collezioni private europee e statunitensi – traccia un itinerario cronologico nelle sue otto sezioni, pur tematiche: L'autoritratto. L'artista vate; Gli esordi; Il ritratto. Dallo specchio al simbolo; Il vero ripensato: la natura morta; Natura e vita dei campi (Gli uomini, gli animali; Il grande paesaggio; Il disegno dal dipinto); Natura e simbolo (Sentimento e spiritualità; L'Ave Maria a trasbordo e i suoi disegni; Il disegno dal dipinto, il disegno/disegno; Il grande paesaggio); Fonti letterarie e illustrazioni; Il trittico; La maternità. E la grandezza dell'artista si scorge anche in quelle opere che potrebbero rischiare di cadere maggiormente nel convenzionale e nel banale, come le nature morte. Invero Funghi (olio su tela, 56 x 86 cm, 1886), Pesci (olio su tela, 54 x 109 cm, 1886), La gioia del colore (olio su tela, 57 x 79,5 cm, 1886) e Anatra appesa (olio su tela, 114 x 81,5 cm) sorprendono e meravigliano. Davvero il genere è ripensato e interpretato suggerendo altro, oltre il dato sensibile, oltre il mero intento decorativo e di commissione.
È evidente tuttavia che il Segantini, che tutti amano e conoscono, è quello degli immani spazi e paesaggi engadinesi e grigionesi, delle scene con la natura in tutta la sua possanza e fulgore, con l'universale e il “trascendente” a palesarsi, gli umili inseriti nell'incommensurabile gioco cosmico, al di là del giogo. È la stagione de Alla stanga, La tosatura delle pecore, Vacca bianca, Allo sciogliersi delle nevi, Ritorno all'ovile, Vacca bagnata, Sul balcone, Riposo all'ombra, La raccolta delle patate, La raccolta delle zucche, Ritorno dal bosco, Cavallo al galoppo, Mezzogiorno sulle Alpi (scelto come icona della mostra), L'ora mesta, Donna alla fonte, La raffigurazione della primavera, Le due madri, Pascoli di primavera, Petalo di rosa, atto e dono d'amore per Bice, dipinto sopra Tisi galoppante. Sino a L'Angelo della vita, monumentale, impressionante.
Chi è stato al Maloja, a Sils o in qualunque altro di quei luoghi (Nietzsche compreso) sa che cosa significhi... Scorci che paiono strappati al tessuto del divino, anche se sei nutrito di laicismo. Incomparabili immagini, fra caducità e transeunte da un lato e assoluto ed eterno dall'altro. Luoghi che lasciano esterrefatti per bellezza e, insieme, duri come solo un inverno lì può essere. La tranquilla fugacità dell'uomo e pure la rarefatta perfezione che lo circonda, in cui è inserito. Cieli d'azzurro profondo, la terra così difficile da lavorare, l'aria tersa, la neve brillante, il trascorrere implacabile dei giorni e pure la fissità, la ciclicità che non si può spezzare... Baba (Barbara Uffer, figlia del maestro falegname, domestica dei Segantini) che in Mezzogiorno sulle Alpi scruta chissà chi o cosa, chissà dove, o forse si sta soltanto aggiustando il cappellino per farsi meglio ombra nella bruciante luce solare, mentre pecore brucano indifferenti e massimamente importanti nell'economia della vita. Baba, felicemente “condannata” all'immortalità della tela, ignara del destino che le avrebbe riservato la pittura di Padron Giovanni, oggi esplorata dalla meditazione di chi trascorre e si sofferma davanti all'imponente, per esiti, quadro.
Se infinita è la gloria breve, però, può essere la vita fisica: a soli 41 anni Segantini muore. Salito a una baita sul ghiacciaio dello Schafberg, con il figlio Mario e Baba, viene colto da un violento attacco di peritonite. I soccorsi non arrivano in tempo. Il 28 settembre Giovanni muore. Il giorno dopo la sua salma viene portata a valle, nella chiesetta del Maloja, e imbalsamata. Giovanni Giacometti, il padre del geniale scultore Alberto, ne farà, con un acquerello, il ritratto di morte. Segantini scompare quando la sua fama è già vasta. Non conoscerà, tuttavia, una fortuna adeguata alla sua straordinaria impresa pittorica. Inoltre, la sua gloria – beffardo il destino... – sarà contesa, lui apolide, fra Italia, Austria e Svizzera, quest'ultima comunque luogo d'elezione della famiglia.
Il contributo portato dall'orfanello di Arco all'arte europea è stato immenso e chissà quant'altro avrebbe ancora potuto dare. Come può dimostrare la pur mancata realizzazione del Panorama... “Il panorama dipinto a sfondo abbraccerà una circonferenza di 220 metri e avrà altezza di 20, con una superficie di 400 mq. Si capisce facilmente come, con una simile estensione di dipinto, si possano rappresentare tutti i punti migliori ed avere i più grandi effetti di distanze, le più importanti masse, dalle lontane giogaie alle vicine masse imponenti del Bernina e dell'Albula. Tutti i principali paesi della nostra valle vi prenderanno posto, da San Moritz, Samaden, Pontresina e Maloja a Silvaplana, Caterina, Silz e Bernina, riprodotti fedelmente colle loro bellezze pittoresche e i loro grandi hotel grandiosi che primeggiano sui migliori. Come in una sintesi artistica si presenterà allo sguardo dello spettatore i punti salienti di un'estensione di più di 20 kilometri, un compendio reale di tutta l'alta Engadina... Sarà la più grande attrazione artistica della mostra parigina e non sarà poca cosa, tra le nazioni civili, la gloria e il nome che ne verranno alla nostra cara alta Engadina”, dal discorso tenuto da Segantini in tedesco all'adunanza di Samaden il 14 ottobre 1897.
Segantini peraltro non è stato un mero rappresentatore, la sua osservazione della Natura, e connesse riflessioni, non è mai un semplicistico naturalismo, ma può celare le ansie moderne. Del resto la complessità del suo agire si rivela e svela anche in opere quali Il castigo delle lussuriose/Le cattive madri (il tema della maternità ossessionava Segantini)... “Sviluppato sull'identificazione dell'ego con la natura, il tema, di matrice letteraria, catalizzatore di un dramma profondamente radicato nella spiritualità del pittore, appare in effetti generarsi dalla stessa gelida atmosfera dell'universo alpino...”, scrive Annie-Paule Quinsac, autrice del catalogo ragionato e maggior esperta di Segantini nel mondo, a cui ha dedicato mezzo secolo di studi.
Ma noi ancora e ancora guardiamo a Baba che a sua volta guarda oltre la tela, a un orizzonte immaginario, di idee, possibilità, domande e speranze. Un orizzonte di luce pulita, che tutti ci colma dentro.
Alberto Figliolia
Segantini. Palazzo Reale, Milano, Piazza Duomo 12. Sino al 18 gennaio 2015. Orari: lun 14:30-19:30; mar, mer, ven e dom 9:30-19:30; gio e sab 9:30-22:30. Informazioni: tel. 02 92800375; www.mostrasegantini.it e www.comune.milano.it/palazzoreale. Catalogo: Skira.