Leggerezza e solidità di ispirazione costituiscono la cifra de Il dopo Estoril di Anna Vincitorio, autrice di numerosi libri di poesia la quale, in quest’ultima silloge, ha saputo condensare in limpide immagini il sentimento della natura e del mito, fusi in uno sguardo ammirato, oscillante tra memoria e sogno.
Il libro, diviso in diverse parti, risulta amalgamato nelle coordinate spazio-temporali con precisi riferimenti a luoghi geografici, teatro di personali incontri, o rimandi a paesi di grande interesse storico, archeologico, paesaggistico che accolgono figure mitologiche come luce che permea ogni cosa. Solo apparentemente, quindi, le parti sono autonome e, come scrive nell’introduzione Eugenio Ribecchi, “ognuna di esse è una storia a sé”, ma tutte “tracciano un percorso esistenziale di ampio respiro”.
Da collante opera la costante adesione della poetica alla realtà nella sua concretezza materica, nella sua immediatezza fenomenica. L’incipit, ad esempio, è di grande impatto visivo: Lento l'incedere tra pietre accese / Sole calante / Nuvole striate nel blu / Affiora il tuo volto nel vento...
La poeta percorre nei suoi versi un itinerario di sempre rinnovata scoperta (In tempi diversi il mio ritorno / Non ricordavo i mandorli nel verde / … tutto è ancora nella mente… / …Solo ancora pensieri…) che nella solitudine e nei silenzi più preziosi si arricchisce di dolci evocazioni. Itinerario che comprende cronaca e fatti dolorosi, ma predilige la natura nel suo simbolismo più antico e stupefacente (vedi Menhir, pag. 21) e l’umanità nel suo nucleo più fragile (La gioia negata, pag. 23). Itinerario che trae linfa vitale dall’umiltà delle piccole cose e della memoria, dal loro correlarsi con la malattia del vivere: ciò appare chiaro quando l’autrice inserisce, come in esergo, (dopo il titolo della sezione Il dopo Estoril 2007-2014) alcuni versi di Fernando Pessoa: Fari lontani.../ Incertezze della vita... È tornata in crescendo la luce accesa […] ingigantendosi, / nella casualità dello sguardo perduto...
Capace di intrecciare spazio e memoria, la poeta semina metafore nei versi quasi a raccogliere non una modalità formale ma il paradigma di un’esperienza (Onde plasmavano / il tuo corpo… rauche grida fiondano le prede…).
Alterna con accortezza registri lirici diversi così che, accanto ad una spiccata fisicità del verso (acqua: / trascina, risucchia) offre paesaggi di più chiuso sentimento, malinconicamente adagiato sul dorso della memoria (…Lisci capelli d'oro, / il fisico sottile, / le sue risate / i ricordi salati / dell'oceano schiumante / fin'ora amico / che li separerà).
Né mancano tonalità più meditative che sfumano nei colori tenui dei paesaggi, ora quelli della costa atlantica del Portogallo, Estoril appunto, ora quelli mediterranei dell’Anapo, di Morgantina, Calcinara… Pantalica. Attimi e momenti paesaggistici semplici come le pietre che il cielo indora, ma che catturati dallo scorrere del tempo, acquistano un senso particolare, diventano quasi una testimonianza non solo dell’esistenza, ma anche dell’essere stesso delle cose.
Il dopo Estoril è una silloge che scorre veloce come il tempo, ma lascia il sapore di qualcosa di durevole e intenso, il ricordo di fatti, di cose, di persone e sentimenti veri e unici che la poeta ha voluto fermare.
Giuseppina Rando
Anna Vincitorio, Il dopo Estoril
Blu di Prussia, pp. 112, € 12,00