Ieri sera a Bolzano, nella sala “Kolping”, restaurata e molto bella, che ricorda tutti i mestieri, attribuendo persino il tessile ai maschi, e non parliamo della sartoria, sicché si dovrebbe dedurre che le donne non hanno mai “lavorato”, ma via! non voglio fare la solita femminista che protesta: ieri sera dunque si è tenuta una riunione per far conoscere narrare la storia del popolo curdo ecc., una iniziativa molto utile e ben fatta, con la presenza di molti dei curdi emigrati a Bolzano, e naturalmente molte citazioni delle donne partigiane curde, presentate anche attraverso un bel documentario, naturalmente senza invitarne nessuna e nemmeno provvedendo a che una qualche donna curda preparasse un piccolo intervento: perché chi si sbraccia a dire che lui sta dalla parte delle donne, che senza le donne ecc., farebbe bene a impegnarsi per promuoverne la presenza, cedendo magari qualche posto nelle assemblee, dove si prende solo la parola e nemmeno un posto.
Sono stata molto colpita e ho paragonato la Resistenza anche armata della mia generazione e questa delle curde: penso che si dovrebbe cercar di raccontare mantenendo il filo continuo sottile ma importante che collega e fa vedere la maturazione del movimento politico delle donne ecc. Comunque mi ha molto colpito la dichiarazione di una di loro quando ha detto di aver dovuto sparare e addirittura uccidere una volta e che uccidere è terribile, ma non avevano altra possibilità, sono state messe nella condizione ineludibile di anche uccidere: voglio solo notare che quello che dicono mi suona noto e mi ricorda simili espressioni di altre donne della resistenza, mentre non esiste nei racconti maschili un atteggiamento simile. Noto insomma che il fatto di parlare di donne partigiane non significa solo aggiungere “e donne” dopo “uomini”: ma rendersi conto che la presenza delle donne con la sottolineatura della oppressione sociale e sessuale patriarcale ed economica capitalistica sempre citate dalle donne curde, non si può né cancellare né attenuare, ma ribadire come specificità, non essendovi simili dichiarazioni maschili: le donne che narrano tutto ciò hanno ragioni politiche sociali e culturali per dirle, e servono, se prese coscientemente in carico, a “mutare lo stato di cose presenti”, cosa importantissima, come sosteneva Marx.
Lidia Menapace