Sabato , 23 Novembre 2024
VIGNETTA della SETTIMANA
Esercente l'attività editoriale
Realizzazione ed housing
BLOG
MACROLIBRARSI.IT
RICERCA
SU TUTTO IL SITO
TellusFolio > Critica della cultura > Lo scaffale di Tellus
 
Share on Facebook Share on Twitter Share on Linkedin Delicious
Giuseppina Rando. Diversità 
Un'annotazione dalla lettura di “Daimon” di Patrizia Bisi
12 Ottobre 2014
 

 

quella di Diletta, forse, si potrebbe chiamare “malattia dell’anima” dalla quale nessuno può guarire se non ascolta se stesso e non impara a dominare le proprie emozioni.

 

 

Entrare in relazione con l’altro significa entrare in contatto con un’altra identità, con qualcuno diverso da me; ed è questo rapporto con l’altro che, mentre genera maggior coscienza della propria identità, arricchisce.

Eppure la diversità, a livello sociale e talvolta anche educativo, viene vista in chiave negativa. … Ah, essere diverso – in un mondo che pure / è in colpa – significa non essere innocente, scriveva Pier Paolo Pasolini.1

Si emargina il diverso e non si comprende che non ha alcuna responsabilità della propria natura. C’è una specie di imprinting che la nostra famiglia, la cultura, la spiritualità d’origine lasciano nell’anima. Questa identità è certo, fonte di diversità, ma è proprio questa la bellezza dell’umanità.

Altra è la prospettiva di Platone che (in La Repubblica – Il mito di Er.) scrive: «Non sarà il daimon a scegliere voi, ma voi sceglierete il vostro daimon». Questa frase è richiamata in epigrafe dal romanzo Daimon di Patrizia Bisi,2 ricercatrice di matematica alla “Sapienza” di Roma e scrittrice creativa al Mit di Boston.

Complessa l’interpretazione del titolo.

Daimon significa destino, energia che pulsa e che spinge, ma nell’intenzione dell’autrice è sofferenza, è “diversità” del proprio esistere rapportato all’altro, una diversità vissuta come malattia, disagio, inquietudine, fuga.

Su questa ambivalenza si snoda la storia di Diletta, la protagonista, in fuga soprattutto da se stessa. È lei che si racconta con snellezza e mobilità in una prosa dal taglio ora diaristico e colloquiale, ora descrittivo e poetico, ora riflessivo e distaccato. Diletta è figlia del maestro-pianista Enrico Lanzetti e di Elisabetta O’Leary, americana creatrice di moda.

“Non è normale” dice la madre. “È una bambina eccezionale” dice il padre concertista. “Speciale ha detto per un po’ e poi sulla mia specialità si è steso un velo”. Per tutti gli altri è una “peste” che colleziona incidenti, che ha comportamenti imprevedibili, che scaglia coltelli e, in conseguenza, trascorre ore e ore negli ambulatori di neuropsichiatria con diagnosi tra autismo e schizofrenia.

L’incipit (Tutto è cominciato la notte in cui un tifone ha spezzato il palo della luce, oscurando il quartiere intorno all’ospedale dove mia madre stava partorendo) è in sintonia con l’intera vicenda che scopre i meandri e gli abissi di una sensibilità perturbata e si ammanta di una sorta di impressionismo plastico tendente alla trasfigurazione simbolica, quasi favolosa. Significativo in tal senso “il nano”/ folletto emerso dal buio di un metrò, dove un giorno Diletta, a undici anni, si è persa: il nano era in frac e canticchiava in falsetto. Da quel giorno è stato sempre con lei, invisibile, come un angelo custode, che però la interroga o la contrasta, come fosse la voce della coscienza e che la chiama affettuosamente ma petite.

Tema complesso e difficile “la diversità” vissuta come malattia che “rapisce i sensi, la coscienza” e apre “il cancello di quel mondo oscuro… che ti risucchia”.

Al lettore, però, la diversità della protagonista non appare tanto una malattia quanto una forma d’incapacità o difficoltà nel non sapersi rapportare agli altri. Diletta più che “seguita” dai genitori sembra “inseguita” nel modo più egoistico e sbagliato. Ella reagisce sempre per impulso riflesso e sovverte ogni ordine tradizionale; in questa lotta impari con il mondo circostante, però, riesce solo ad affermare il valore disperato della vita come istinto e natura. Anche la musica che suona senza saperla leggere, assume toni selvaggi, accenti diabolici.

È “un male di vivere” che nasce dal contrasto tra il proprio “io” e l’ambiente circostante dal quale è catturata. Sofferenza e riluttanza, allucinazioni e dislocazioni mentali s’intrecciano lungo il viaggio in tre tempi che corrispondono ai tre momenti cruciali della vita di Diletta, vissuta tra il reale e il fantastico.

Quella di Diletta, forse, si potrebbe chiamare “malattia dell’anima” dalla quale nessuno può guarire se non ascolta se stesso e non impara a dominare le proprie emozioni.

Romanzo denso ed amaro che rivela una scrittrice affascinata dal senso tragico della vita e nello stesso tempo dalla pietosa penetrazione nell’essenza della natura umana.

Patrizia Bisi, che aveva firmato il suo primo romanzo, con l‘eteronomo Artemisia Boccadoro, dichiara, durante un’intervista, che deve ad Antonio Tabucchi la decisione di uscire allo scoperto firmando questo libro con il suo vero nome ed afferma, con orgoglio, di essere stata allieva al “Program in writing” del Mit di Anita Desai, fra le massime voci della narrativa indiana contemporanea.

 

Giuseppina Rando

 

 

1 P.P. Pasolini, Serenata romana da “La ricchezza”, in Scritti Corsari, Garzanti, 1997.

2 Patrizia Bisi, Daimon, Einaudi, 2005.

 

 

Patrizia Bisi di sé scrive: Sono nata con una propensione genetica ereditaria per gli studi scientifici che mi è stata diagnosticata nell'adolescenza. Da qui la laurea in matematica e il ruolo di ricercatrice. Sono cresciuta con i libri, compagna del cuore la letteratura, complice la penna che dalle formule scappava sui fogli dove venivano fuori storie, si materializzavano personaggi. Ho pubblicato il mio primo libro di narrativa sotto pseudonimo – il Viandante di Artemisia Boccadoro – nella casa editrice che ho fondato nel 1992 e portato avanti insieme a un gruppo di donne (edizioni dellautore, senza apostrofo). Grazie al Viandante, e a un italianista, Wiley Feinstein, che ha voluto tradurlo, sono entrata al Program in Writing and Humanistic Studies del M.I.T, a Boston. Dove ho vissuto e lavorato per due anni, ho partecipato ai laboratori di scrittura tenuti da Anita Desai e Alan Lightman, ho portato a termine il mio romanzo: Daimon (Einaudi 2005, Premio Rapallo-Carige, Premio Città di Bari). Romana, vivo da molti anni nella campagna della Tuscia viterbese.

www.patriziabisi.com


 
 
 
Commenti
Lascia un commentoNessun commento da leggere
 
Indietro      Home Page
STRUMENTI
Versione stampabile
Gli articoli più letti
Invia questo articolo
INTERVENTI dei LETTORI
Un'area interamente dedicata agli interventi dei lettori
SONDAGGIO
TURCHIA NELL'UNIONE EUROPEA?

 70.8%
NO
 29.2%

  vota
  presentazione
  altri sondaggi
RICERCA nel SITO



Agende e Calendari

Archeologia e Storia

Attualità e temi sociali

Bambini e adolescenti

Bioarchitettura

CD / Musica

Cospirazionismo e misteri

Cucina e alimentazione

Discipline orientali

Esoterismo

Fate, Gnomi, Elfi, Folletti

I nostri Amici Animali

Letture

Maestri spirituali

Massaggi e Trattamenti

Migliorare se stessi

Paranormale

Patologie & Malattie

PNL

Psicologia

Religione

Rimedi Naturali

Scienza

Sessualità

Spiritualità

UFO

Vacanze Alternative

TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
Sede legale: Via Fontana, 11 - 23017 MORBEGNO - Tel. +39 0342 610861 - C.F./P.IVA 01022920142 - REA SO-77208 privacy policy