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Annagloria Del Piano. Se chiudo gli occhi non sono più qui 
L’ultimo film del regista valtellinese Vittorio Moroni, una storia di un adolescente e di un’iniziazione alla vita adulta
06 Ottobre 2014
 

L’ultimo lavoro di Vittorio, ora nelle sale, è Se chiudi gli occhi non sono più qui, tratto dalla storia “7 in condotta”, scritta da Moroni per il Premio Solinas 2009 “Storie per il Cinema”. Il protagonista è l’adolescente Kiko, orfano di padre e appassionato di astronomia. Il ragazzo, sedicenne, vive con la mamma filippina e il suo nuovo compagno, Ennio (interpretato nel film da Beppe Fiorello), con cui Kiko ha un rapporto molto difficile. L’esistenza di Kiko si dipana tra il culto del padre morto in un incidente stradale, il lavoro forzato come manovale, le difficoltà scolastiche e l’incontro con Ettore, insegnante in pensione… È la vita di un adolescente, in una famiglia anomala, ma è anche l’occasione per affrontare temi già cari al regista: dall’immigrazione, all’integrazione scolastica e quotidiana in tutti i settori, fino a tematiche universali sul senso dell’esserci, qui e ora.

«È un film incentrato su un preciso periodo della vita, l’adolescenza» ci racconta il regista nell’incontro che ha seguito la proiezione del film a Sondrio «a partire dalla mia. In effetti credo, per certi versi, di non esserne ancora uscito del tutto. Ho pensato comunque, per rinfrescare quei ricordi, quelle emozioni di allora, di chiedere di poter frequentare alcune classi di un Liceo Scientifico di Roma; ho vissuto come allievo decisamente fuoricorso, le giornate scolastiche tipiche degli alunni del biennio, studiando quei ragazzi, osservandoli, intrattenendo con loro conversazioni che sapevano essere del tutto private e anonime. Questo mi ha permesso di creare una sceneggiatura (insieme a Marco Piccarreda) molto aperta per quello che sarebbe diventato il film, nel corso di cinque anni di lavorazione: ben diciannove volte, ho rivisto la sceneggiatura!»

Per la ricerca del protagonista, Moroni aveva idee molto chiare: intendeva trovare un ragazzo che non fosse attore professionista e che fosse filippino. Voleva, inoltre, che conoscesse l’esperienza del sentirsi orfano di un affetto forte, come Kiko è orfano di padre.

«Una ricerca molto specifica, è vero. Mi trovavo nelle Filippine, quando ho avuto la prima intuizione sulla sceneggiatura di quello che sarebbe stato il film. Sentivo di dover connotare il protagonista con caratteristiche di modernità; l’appartenenza alla generazione dei figli di immigrati, la conoscenza di una doppia lingua, una doppia cultura… Volevo anche che la coppia genitoriale mista avesse una sua credibilità storica, per così dire, e penso di averla trovata. In effetti in Italia ci sono molti matrimoni misti con persone di nazionalità filippina. Ai provini per il cast, fra circa duecento ragazzi, abbiamo scelto Mark Manaloto, che rispondeva perfettamente alle condizioni che avevamo in mente. Anche lui – come tanti suoi coetanei di origini filippine – cresciuto nel suo Paese coi nonni (mentre i genitori immigrati proseguivano qui le proprie esistenze) e poi rimandato in Italia a dieci anni. Distacchi pesanti, dagli affetti più grandi. Prima dai genitori, vissuti quindi a lungo come degli estranei cui portar rispetto perché ci mantengono da lontano e qualche volta arrivano in visita, poi dai nonni o da altri parenti, coloro che quotidianamente ci hanno cresciuto…»

«A partire da queste verosimiglianze», continua Moroni, «tenevo molto, però, a che la storia di Kiko fosse soprattutto storia di un qualsiasi adolescente. Credo che il 95% dei problemi affrontati da lui sia anche quello di tutti i ragazzi della sua età. Mi piace che arrivi al pubblico la netta sensazione della normalità della narrazione di vicende che riguardano immigrati di seconda generazione, esattamente come se fossero italiani».

Nel film, Kiko ha un rapporto decisamente difficile col patrigno, che lo costringe ad aiutarlo nel suo lavoro nei cantieri, considerando l’impegno scolastico quasi una perdita di tempo, che comunque può essere svolto dedicandogli assai poca concentrazione. Giuseppe Fiorello interpreta il patrigno, Ennio. Quando viene chiesto a Moroni il perché della scelta di quest’attore, ci risponde così:

«Ho chiesto a Beppe Fiorello di interpretare questo controverso personaggio, Ennio, proprio per la sua veste attoriale; solitamente abbiamo visto Beppe nei panni del buono, del santo, dell’uomo dolce, anche per la sua stessa fisionomia, il suo sguardo aperto e sincero. Mi interessava proporre quest’apparente contraddizione, visto che in ognuno di noi c’è il lato più buio. Non contemplavo, nelle mie intenzioni, dividere i buoni dai cattivi, nel mio film, consapevole che qualunque azione gli uomini compiano, la attuino a partire da un contesto, da oppressioni precedenti. Questo vale anche per le peggiori azioni, quelle che noi reputiamo tali. Sempre a partire da questa mia convinzione, trovo che l’insegnamento più importante che Kiko riceverà dalla vita, nel corso di quanto viene narrato nel film, è nella citazione da Terenzio Afro (l’ex schiavo romano, divenuto filosofo): Niente che sia umano mi è estraneo».

È proprio così: Kiko dovrà comprendere nella parte più profonda di sé, e attraverso dei momenti dolorosi, che lo feriranno, quanto ciò sia vero: tutto appartiene comunque al genere umano, cui appartiene anche lui. E sta ad ognuno compiere azioni, condurre la propria vita, nel modo che si ritenga più consono a noi, alle nostre aspirazioni e attitudini: scrivere la propria storia su quel sasso bianco donato a Kiko da Ettore (Giorgio Colangeli), l’insegnante che incontrerà e che tanto avrà da trasmettergli. Perché ad un certo punto l’eredità di un padre amato e idealizzato ingenuamente (un fardello, questo, che appesantisce; padri così non aiutano i propri figli, sottolinea il regista) deve lasciare spazio alla scrittura personale del proprio cammino.

Il film di Moroni è piaciuto molto; ha convinto gli spettatori, facendoli riflettere autonomamente, come siamo abituati con questo regista, che non fornisce mai una chiave di lettura preconfezionata, inducendo col proprio sguardo a una facile interpretazione univoca e che, invece, preferisce suggerire, mostrare dei fatti in modo direi verista, con una sospensione non solo dei giudizi, ma anche della messa in scena del film, che potrebbe, infatti, svolgersi ovunque, aprendosi così a un’allegoria filosofica.

Molto concreto d’altro canto, sul discorso scuola, altro interessante tema affrontato da Se chiudo gli occhi non sono più qui:

«Riguardo alla scuola, sentivo di doverle dare la possibilità “alta” di un’istituzione che qualche volta funziona. Avevo naturalmente ben chiare diverse criticità, ma ho trovato di maggior interesse parlare di ciò che può funzionare in una storia come quella di Kiko. A mio parere, esistono insegnanti che io chiamo doganieri, i quali hanno la presunzione di poter condurre in modo verticistico il percorso dei propri allievi e poi esistono gli insegnanti stelle comete, quelli consapevoli che non c’è percorso se non individuale. Il compito di quegli insegnanti è di essere punti di riferimento. Ricordo, da studente, giornate di noia infinita, lezioni pedanti e poi, scintille in grado di riconnettermi col sapere, con la gioia di conoscere. Quando succede questo raro incontro con gli insegnanti di questo tipo, allora ci possono essere nottate passate a pensare a brani, a poesie, ad autori… alla vita!»

 

Annagloria Del Piano

 

 

 

Un’iniziativa per le scuole

PROIEZIONI SCOLASTICHE

E CONTEST Se chiudo gli occhi vedo che...

 

A partire dall'uscita nei cinema il 18 settembre 2014, Se chiudo gli occhi non sono più qui verrà proposto alle scuole e sarà possibile organizzarne matinées in tutta Italia per l'intero anno scolastico 2014/2015.

A disposizione degli studenti un biglietto a prezzo ridotto, con ingresso gratuito per i docenti e i ragazzi diversamente abili. Il regista, gli sceneggiatori e il cast, compatibilmente ai loro impegni, saranno disponibili per dibattiti successivi alle visioni.

Nell’ambito delle proiezioni scolastiche del film, le classi partecipanti potranno aderire al contest dal titolo “Se chiudo gli occhi vedo che”, realizzato da Lo Scrittoio in media partnership con Smemoranda. Agli studenti iscritti, suddivisi per classi, verrà chiesto di elaborare un racconto di una crisi, di un momento particolarmente difficile e del suo superamento (magari grazie all'aiuto di una figura importante, di un incontro imprevisto, di una maturazione personale, di una lettura ecc.) assieme all’insegnante di riferimento.

Gli elaborati saranno poi valutati da una giuria di professionisti del settore artistico e scolastico (composta dal regista Vittorio Moroni, l’attore Giuseppe Fiorello, Vinicio Ongini del Ministero dell’Istruzione, Nico Colonna di Smemoranda e la cantautrice Malika Ayane).

La classe il cui elaborato verrà giudicato il migliore, parteciperà gratuitamente a un workshop di cinema con il regista Vittorio Moroni e lo sceneggiatore Marco Piccarreda.

 

La scheda di adesione al contest e il regolamento

sono disponibili sul sito www.50notturno.it

Responsabile proiezioni scolastiche: Antonella Montesi

mob. +39 349 7767796 antonella.montesi@yahoo.it


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