Si è aperta al pubblico, fino al 6 gennaio 2015, nella Pinacoteca civica di San Gimignano, una mostra dedicata al pittore umbro Bernardo di Betto, detto il Pintoricchio, a cura di Cristina Acidini, Mario Scalini e Claudia La Malfa (Catalogo Giunti).
Con questa iniziativa virtuosa, voluta dal Comune di San Gimignano e realizzata grazie a un’efficiente alleanza tra competenze pubbliche e private, prende avvio un più ampio progetto che, con cadenza annuale, intende proporre un approfondimento critico e storico intorno ai capolavori e ai maestri presenti nelle collezioni civiche. Come l’esposizione del Pintoricchio e quella che è in preparazione per il 2015 su Filippo Lippi e i suoi meravigliosi tondi, ogni mostra sarà costruita con prestiti importanti, anche se numericamente limitati per le esigenze dello spazio espositivo, scelti per raccontare una vicenda artistica che ha lasciato una testimonianza di grande rilievo nel patrimonio storico e artistico di San Gimignano. Una rassegna, quindi, che non va intesa come un ripiego adatto a questi tempi di spending review, ma come una sapiente indicazione su quale sia la via maestra da battere nei musei del ‘Paese’ per una valorizzazione della conoscenza e della cultura.
La Vergine Assunta tra i santi Gregorio Magno e Benedetto, perno della mostra è una pala d’altare di grandi dimensioni (282 x 198 cm), proveniente dalla chiesa di Santa Maria Assunta di Barbiano a San Gimignano. Nel 1895 fu rinvenuta nell’Archivio di Stato di Firenze il contratto che documenta che l’intarsiatore Fra Giovanni da Verona assegnò l’incarico a Pintoricchio, per un compenso totale di 50 fiorini senesi, per la realizzazione di una tavola d’altare per la collegiata dei monaci di Monte Oliveto di San Gimignano con una Vergine tra cherubini e due santi. Nel contratto si richiedeva che i santi fossero Bernardo e Benedetto e tuttavia Pintoricchio decise di sostituire a San Bernardo, il Bernardo de ‘Tolomei che fondò l’ordine riformato dei benedettini a Monte Oliveto vicino a Siena, il santo papa Gregorio Magno: l’immagine del santo in ginocchio alla destra della Vergine veste infatti paramenti pontificali. Pintoricchio dipinse San Gregorio Magno con indosso il manto papale, la sopravveste esclusivamente riservata ai pontefici: un piviale rosso molto abbondante e tale da formare uno strascico – che il piviale non ha –, decorato sul davanti da una fascia detta anche stolone. Nella fascia Pintoricchio dipinse una sequenza di santi entro nicchie, realizzati con la minuzia di particolari, secondo quella sua arte di descrivere puntualmente i dettagli, fin nelle piccolissime dimensioni, che aveva espresso durante l’esperienza condotta negli anni della formazione Perugina nelle botteghe di miniatura. Ai piedi davanti al pontefice esattamente al centro della composizione, in linea retta con il vertice della mandorla, entro la quale è racchiusa la Vergine tra le teste dei cherubini, è la tiara pontificia dipinta con eccelsa maestria nella resa della tridimensionalità della forma ogivale e nei preziosismi delle pietre preziose e lamine d’oro che la decorano. Il manto pontificio e la tiara sono gli stessi con i quali Raffaello, in quello stesso torno di anni, vestiva l’immagine di papa Sisto IV nell’affresco della Disputa del Sacramento nella Stanza della Segnatura dell’appartamento privato di papa Giulio II. Si tratta di un chiaro riferimento da parte di Pintoricchio a Papa Giulio II, che sedeva in quegli anni al soglio pontificio, nipote di Sisto IV e anch’egli membro della famiglia della Rovere il cui simbolo della ghianda, presente in molte opere da loro commissionate, corona la tiara pontificia raffigurata da Raffaello a Roma e da Pintoricchio a San Gimignano.
Nella pala di San Gimignano Pintoricchio raffigura, di fronte a San Gregorio Magno, San Benedetto, la cui regola era stata abbracciata dagli olivetani, vestito del caratteristico piviale bianco, col bastone pastorale e mitria poggiata a terra.
Dal paesaggio morbido e digradante alle spalle dei due santi emergono, a sinistra, il profilo di una città, una rielaborazione fantasiosa di Roma di cui si possono identificare la piramide e le mura, e, a destra un fiume su cui remano, indisturbati dall’apparizione miracolosa dipinta in primo piano, due barcaioli.
Scrive don Andrea Bechi, responsabile dei Beni culturali per l’Arcidiocesi di Siena:
«L’immagine dipinta da Pintoricchio trasmette un convinto invito al carisma monastico, quale possibilità di anticipare la condizione celeste già durante l’esistenza terrena. In effetti la Madonna, vera e propria Regina degli angeli, irrompe nel paesaggio e si staglia maestosa all’interno di una mandorla, assisa sulle nubi del cielo e circondata da creature angeliche, due delle quali addirittura si abbassano al ruolo di sgabello per i piedi della Vergine. La città, invece, con i suoi traffici, rimane lontana, sparisce sullo sfondo, oscurata dalla grande sagoma della Vergine in mandorla, e perde di qualsiasi interesse al cospetto della sua imponente e dolce persona».
Maria Paola Forlani