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Cambiamenti climatici: quali scenari per le nostre culture 
a cura di Donatella Valente
19 Settembre 2014
 

 

La tematica dei cambiamenti climatici, riconosciuta l’estrema importanza che riveste può essere, a buon diritto, considerata uno dei temi più caldi del panorama politico e scientifico mondiale, oltre ad essere tra gli argomenti più discussi, tutt’ora oggetto di aspre polemiche.

Le attività antropiche hanno in epoca recente compromesso la naturale variabilità del clima, alterando i valori medi e gli intervalli entro cui si verificano i fenomeni atmosferici, originando i cosiddetti cambiamenti climatici. Probabilmente nei primi momenti in cui tale problematica è emersa era ritenuta qualcosa di lontano dalla sfera locale, tale da non coinvolgere le popolazioni nella loro quotidianità. Tuttavia, l’intensificazione di eventi estremi (quali alluvioni, siccità, eventi precipitativi concentrati, grandinate, esondazioni, sbalzi improvvisi e bruschi di temperatura, ecc.) che si è verificata negli ultimi anni ha determinato un’accresciuta attenzione sulle tematiche inerenti i mutamenti climatici anche da parte della società civile. In aggiunta, le indagini effettuate hanno messo in evidenza che il territorio italiano, data la sua particolare conformazione orografica e l’elevato livello di urbanizzazione delle aree collinari e costiere, è particolarmente sensibile ai su citati fenomeni.

Tra le diverse conseguenze che gli eventi imputabili ai cambiamenti climatici hanno avuto sull’ambiente naturale, di sicuro l’agricoltura è da considerarsi il settore maggiormente impattato da tali manifestazioni. I cambiamenti climatici, incidendo sensibilmente sulle rese colturali e sulla loro variabilità interannuale, possono condizionare la loro tradizionale distribuzione territoriale specialmente nell’area mediterranea provocando seri danni con conseguente perdita delle produzioni. Un altro settore connesso all’agricoltura ma parimenti meritevole di particolare attenzione è l’elemento risorsa idrica. Le conseguenze sul ciclo idrogeologico e, quindi, sulla disponibilità e sulla distribuzione spazio-temporale delle risorse idriche può essere considerato uno degli scenari di cambiamento più preoccupanti.

Su questa tematica così attuale e inquietante sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Agricultural Water Management due importantissimi studi intitolati “Impacts of climate change on olive crop evapotranspiration and irrigation requirements in the Mediterranean region” e “Climate change and Mediterranean agriculture: Impacts on winter wheat and tomato crop evapotranspiration, irrigation requirements and yield” che vedono tra gli autorevoli autori il Prof. Piero Lionello dell’Università del Salento esperto della dinamica del clima a scale regionale e ricercatore presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC). Il primo lavoro «è incentrato sui potenziali impatti del cambiamento climatico sulla crescita dell’olivo e prende in esame le possibili alterazioni cui possono andare incontro le aree coltivate, i principali eventi del ciclo vitale delle piante (date fenologiche), e altri parametri come l’evapotraspirazione e le esigenze d’irrigazione delle colture. I risultati hanno evidenziato come le aree coltivabili adatte alla crescita dell’olivo potrebbero estendersi del 25% nell’arco di 50 anni, mentre è previsto un aumento dell’evapotraspirazione e dei consumi di acqua per l’irrigazione (rispettivamente, dell’8% e del 18,5%) in tutto il Mediterraneo. In futuro, la coltivazione dell’olivo sfruttando le sole precipitazioni potrebbe non essere più praticabile». Il secondo «riguarda gli impatti sul pomodoro e sul grano (in particolare, sul grano seminato nel tardo autunno – winter wheat –). Gli impatti dei cambiamenti climatici sono in questo caso assai variabili a seconda delle diverse varietà coltivate e delle diverse regioni prese in esame; nuove aree coltivabili potrebbero in particolare estendersi soprattutto nei Paesi del nord del Mediterraneo, mentre gli impatti causati dalla prevista riduzione delle precipitazioni sembrano interessare soprattutto le colture invernali–primaverili».

 

 

Intervista Prof. Piero Lionello (foto)

 

Si parla tanto e oramai ovunque dei cambiamenti climatici, ma molto spesso crediamo si tratti di una tematica lontana dal nostro vissuto quotidiano, che non ci riguarda da vicino, né tantomeno nell’immediato. Tuttavia dai suoi lavori appare evidente quanto tale problematica ci possa interessare in prima persona e in un futuro anche prossimo.

Al momento attuale quelli che percepiamo come evidenti dal punto di vista statistico sono dei cambiamenti di temperatura, altri cambiamenti, sia pure attribuibili a cambiamenti climatici, (quando si parla di eventi estremi, precipitazioni estreme, tipo tornado, grandine, ecc.) se è vero che ne saranno influenzati, è altrettanto vero che quello che percepiamo adesso è difficilmente attribuibile ad un cambiamento climatico in atto. Per le ondate di calore, quindi, e per l’aumento di temperatura in generale, quello a cui assistiamo è un’anticipazione di un cambiamento climatico futuro. Per altri eventi questo tipo di attribuzione tra quello che osserviamo ora e il cambiamento climatico è molto più incerta. Questo non significa che il cambiamento climatico non influirà molto su questi altri tipi di fenomeni, influirà, però quello che vediamo ora non lo è ancora. Quelli che vediamo sono dei segnali che possono essere interpretati. Tuttavia, la statistica di questi eventi non si discosta ancora sufficientemente dalla normalità (ovvero il passato) da poterci garantire che questo che vediamo ora è l’effetto del cambiamento climatico. Per la temperatura si, per le piogge ancora no. Secondo i modelli lo potremmo affermare tra qualche decade, forse un paio di decadi, può variare a seconda dei luoghi, ma questo non significa che non sarà un effetto reale. In generale, frasi del tipo “è caduta la frana a causa del cambiamento climatico” non hanno fondamento scientifico.

 

Il bacino del Mediterraneo, così come il territorio salentino, presenta condizioni climatiche particolarmente adatte alla coltivazione dell’ulivo, che riveste una grande importanza socio-economica nella nostra regione. Potrebbe illustrarci cosa è emerso a tal proposito dalle sue ricerche?

A tal proposito è emersa una potenziale criticità, nel senso che il cambiamento climatico potrebbe cambiare il rendimento delle olive e accrescere il fabbisogno idrico necessario per la sua coltivazione. Anche se a livello locale l’effetto potrebbe non essere significativo, quello che va sottolineato è che questo tipo di problematiche hanno degli aspetti non locali, ovvero aspetti economici non locali. Per cui, da un lato c’è questo effetto locale potenziale (che significa aumentare i costi e quindi diminuire un po’ la produzione), dall’altro, altre zone potrebbero diventare più adatte di quanto non siano ora alla coltivazione dell’ulivo. Allo stesso tempo, altre zone potrebbero diventare meno adatte al tale coltivazione. È in corso una transizione in cui è molto importante mantenere una certa flessibilità e monitorare non solo quello che avviene localmente, ma anche quello che avviene su una scala geografica più ampia. La progressiva diminuzione delle risorse idriche, associata all’aumento di temperatura, potrebbe compromettere la resa in termini economici della coltivazione dell’ulivo in tutta la fascia meridionale della regione Mediterranea e renderla proficua in zone più a Nord, che probabilmente non avranno il problema di una diminuzione delle risorse idriche.

 

Dalle analisi condotte si potrebbe parlare per il frumento di segnali in generale positivi per le future coltivazioni e per il pomodoro ancora migliori?

Le stime che si fanno si basano su delle semplificazioni piuttosto importanti, offrono delle indicazioni e devono essere percepite come indicazioni di criticità o di non criticità. Per il pomodoro è importante l’irrigazione, per il frumento un po’ meno nella condizione attuale. Il frumento risulta dunque meno critico, per il pomodoro invece c’è il problema dell’irrigazione. Resta sempre l’avvertimento che gli scenari attuali sono scenari globali, per cui non bisogna solo guardare quello che succede a livello locale, ma anche le scelte e l’evoluzione del clima altrove. Come sempre in un periodo di crisi, la flessibilità è un’arma vincente per gli organismi, per gli ecosistemi, per le società e per gli individui (e coltivatori). È necessario fare attenzione ad una scala più alta.

 

Alla luce della situazione globale e delle tendenze attuali dello sviluppo economico i risultati dei vostri lavori potrebbero essere ritenuti confortanti o piuttosto scoraggianti?

I risultati ottenuti non sono da ritenere né confortanti, né scoraggianti, ma direi ancora di fare attenzione, ci sono delle criticità, c’è chi potenzialmente ci guadagna e chi potenzialmente ci rimette. Una risorsa essenziale per l’ambiente e fondamentale per la sua caratterizzazione, ma soprattutto per l’agricoltura è l’acqua. Essa conta, in misura diversa, però forse anche di più della temperatura, anche se poi l’acqua è trasportabile e la temperatura no. Da questo punto di vista il cambiamento climatico è estremamente iniquo, nel senso che sottrarrà acqua nella regione mediterraneo a chi ne ha poca e continuerà a darla o ne darà di più a chi già ne ha tanta. Tutta la fascia a sud del Mediterraneo che coinvolge marginalmente la Puglia, che è al centro e dunque border line, vedrò le proprie risorse idriche diminuire, essendo già poche. Se andiamo in regioni povere come il Medio Oriente, già lì attualmente vengono classificate come situazioni di povertà dal punto di vista delle risorse idriche, avendo di meno di quello che servirebbe. Per loro andrà ancora peggio. Questo caratterizzerà un po’ l’evoluzione futura. Chi vincerà in un contesto globale? Vincerà chi è già avvantaggiato dall’evoluzione del clima, ma soprattutto chi avrà le risorse economiche, l’intelligenza e la lungimiranza per adattarsi. Ancora una volta chi è tecnologicamente evoluto ed ha una struttura economico-sociale solida saprà reagire meglio e dunque non avere svantaggi o addirittura avere vantaggi rispetto a chi non sarà in grado di sviluppare questo tipo di reazioni.

Di sicuro per i paesi poveri potrebbe essere uno stress difficile da gestire con le proprie risorse tecnologiche ed ambientali.

 

A suo parere lo scenario ad ulivo che da generazioni connota il nostro territorio salentino, tanto da costituirne il tratto distintivo della nostra identità agricola, potrebbe considerarsi seriamente minacciato dai temuti cambiamenti climatici (oltre che dal purtroppo tristemente noto batterio Xylella che sta flagellando questa specie autoctona)?

Seriamente minacciato è presto per dirlo, ma sicuramente in un contesto di sempre maggiore concorrenza e di sempre minori risorse è importante che il mercato ed i coltivatori sviluppino le strategie per continuare a mantenere un prodotto di alta competitività e di alta qualità. Se avessi degli ulivi non penserei adesso di doverli sostituire con un’altra coltivazione, però sicuramente è necessario monitorare la situazione, prestare attenzione a dei segnali perché ci possono essere delle criticità ed ovviamente il sistema ha dei tempi di reazione, da tutti i punti di vista, quindi monitorare e prevedere. Questo soprattutto alla luce del fatto che nel momento in cui ci sono dei segnali è possibile che sia già troppo tardi.

 

Secondo lei questi (Batteri killer, cambiamenti climatici, ecc.) sono segnali chiari che la natura ci sta mandando?

Sì, sono segnali a cui è necessario prestare molta attenzione. È anche vero che adesso siamo molto più sensibili ad essi di quanto non lo siamo stati in passato e questo è sicuramente un aspetto positivo. Il problema non può più essere ignorato e l’accurata gestione delle risorse è oramai fondamentale.

 

Volendo spiegare la situazione ai nostri contadini utilizzerebbe un tono allarmistico o sostanzialmente rassicurante riguardo al futuro delle culture del frumento, pomodoro ed ulivo?

L’allarmismo è sempre da evitare, però non sarei neanche rassicurante, perché l’inerzia potrebbe un domani avere delle gravi conseguenze. Non c’è motivo per essere allarmisti nel senso stretto del termine, però senz’altro prestare molta attenzione e non dare per scontato che condizioni favorevoli ambientali ed economici continueranno ad esserci per sempre se non si mantiene un’attenzione e una sorveglianza a vari livelli: non si può dare per scontato che le risorse idriche, ad esempio, saranno disponibili nella misura in cui lo sono ora. La Puglia importa acqua, perché guardando il bilancio idrico, la regione perde acqua e deve importarla. In questo contesto, considerazioni che permettono di valutare quanta acqua si potrebbe importare andrebbero valutate con anticipo.

 

Quanto crede che i comportamenti di ognuno di noi possano incidere sulle dinamiche evolutive di queste colture?

I comportamenti individuali possono essere eticamente ammirevoli però possono avere un impatto limitato, d’altra parte, di sicuro la società è fatta di tanti individui, per cui il comportamento individuale è parte delle risposte sociali, ma sempre organizzate.

 

A tal proposito, avrebbe da suggerire possibili cambiamenti nelle pratiche colturali da mettere in atto nell’immediato?

No, mi dispiace, ma non sono un agronomo e non voglio rubare il mestiere a nessuno. È vero che quando discutiamo tra colleghi si parla adesso di periodo di semina e di raccolto, di cambiamento nella modalità di irrigazione, di valutazione della necessità o meno di accettare una certa percentuale di stress idrico sempre in un contesto di costi e benefici. È necessario che gli esperti facciano delle valutazioni e seguano delle indicazioni. C’è forse un po’ di retorica, ma è necessario investire nella ricerca: chi ha la competenza scientifica e la capacità tecnologica è fondamentale nei meccanismi di adattamento.

 

Come vede il futuro del nostro territorio salentino e non solo?

In un contesto di cambiamento che è quello che a vari livelli ci troviamo ad affrontare, è anche un contesto di opportunità: se siamo intelligenti potremmo tra 10 o 20 anni essere in condizioni migliori delle attuali. In questo contesto di cambiamento si potrebbero avere delle opportunità nuove per migliorare le condizioni economiche, sociali ed ambientali. Certamente se non faremo nulla, di sicuro staremo peggio. Le prospettive possono essere buone se ci comportiamo con intelligenza.

 

Non abbiamo superato dunque il punto di non ritorno?

No non lo abbiamo superato, però forse tra dieci anni potrebbe anche succedere.

 

 

 

 

INIZIATIVA CONNESSA

Dal sito web del CMCC

 

In linea con la tematica affrontata si segnala

a LECCE la MARCIA PER IL CLIMA

Cosa sono i Cambiamenti Climatici

Scienza e conoscenza per comprendere

le sfide per il territorio

 

Domenica 21 settembre 2014, ore 17:30

Open Space Piazza Sant’Oronzo, LECCE

 

In occasione della marcia per il clima, l’iniziativa che si svolge in contemporanea in 1.500 città di tutto il mondo, a Lecce un incontro per raccontare un tema globale che però è molto importante anche sul territorio pugliese e salentino.

I cambiamenti climatici sono un fenomeno particolarmente complesso di cui si parla spesso su scala planetaria. Eppure il clima che cambia produce effetti e impatti che si possono distinguere e analizzare anche su scala locale. Quali sono le implicazioni di questi fenomeni per il territorio pugliese e del Salento in particolare? Come possiamo fare in modo che le nostre società siano pronte a fronteggiare gli effetti di questi cambiamenti senza subire contraccolpi dal punto di vista ambientale, economico e sociale? Per trovare risposte a queste domande è necessario mettere in campo ricerca scientifica di avanguardia e capacit‡ tecnologica di ultima generazione. È quello che avviene a Lecce, dove lavorano gruppi di scienziati e di ricercatori che concentrano le proprie attività sulla conoscenza dei cambiamenti climatici, su come interagiscono con la nostra società e sugli strumenti che è possibile realizzare per trovare soluzioni adeguate per il prossimo futuro. Dal dialogo tra questi scienziati ed esperti proviamo a conoscere qualcosa di più sul rapporto tra il tema dei cambiamenti climatici la Puglia.

 

Discutono:

Dott. Andrea Guido – Ass. all’Ambiente, Comune di Lecce

Prof. Giovanni Aloisio – Università del Salento, CMCC

Prof. Piero Lionello – Università del Salento, CMCC

Prof. Arturo De Risi – Università del Salento,

Dott. Giovanni Coppini – OceanLab, CMCC

Prof. Ferdinando Boero – Università del Salento, CNR-ISMAR, WWF


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