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Giampiero Falasca. Divieto di assumere
13 Settembre 2014
 

Giampiero Falasca

Divieto di assumere

Cambiare le regole per rilanciare il lavoro

edizioni Lavoro, 2014, pagg. 168, € 16,00

 

Si dà colpa alla crisi, ma questa lettura finisce per essere troppo consolatoria, se viene applicata per spiegare quello che sta accadendo in Italia. Dietro i licenziamenti non c’è solo la crisi, vero è che molte volte un’azienda non è più in grado di stare sul mercato, allora è inevitabile il licenziamento. Ma talvolta questo è la conseguenza di politiche aziendali, di ristrutturazione della organizzazione del lavoro per finalità più varie: per abbassare il costo del lavoro, per ringiovanire la forza lavoro, per investire in altri paesi dove il carico burocratico e normativo è meno pesante. I licenziamenti sono scorciatoie davanti ad assenza di investimenti nella formazione continua, di fronte a rigidità di orario, di fronte a mille pastoie normative e burocratiche.

Questo il pensiero di Giampiero Falasca, avvocato esperto di diritti del lavoro e delle relazioni industriali, collaboratore di numerose riviste giuridiche e del quotidiano Il Sole 24 ore, che in Divieto di assumere affronta il problema delle eccessive regole e della difficoltà della loro applicazione, in un sistema come il nostro complicato dal fatto che ad ogni nuovo governo il ministro incaricato si affretta a modificare il pregresso, magari con tentativi gestiti attraverso tecniche sbagliate. Le leggi in fatto di lavoro si susseguono, ma sono “lenzuolate” di precettazioni burocratiche, poco attente ai bisogni, in un labirinto senza uscita che invita alla fuga verso ordinamenti meno complicati, ingiusti e cervellotici del nostro. Senza parlare poi di leggi regionali entrate in conflitto con la contrattazione collettiva, o di leggi quali il Testo Unico del 2011, approvate e non tenute in considerazione, o addirittura oscurate con lo scopo di semplificarle.

È indispensabile –sottolinea Falasca– «snellire, alleggerire il sistema, perché le leggi non uccidano nella culla altre leggi, e intanto aziende e capitali scappano altrove». Sarebbe oltremodo necessario un linguaggio meno sibillino, in modo da evitare circolari esplicative di interpretazione soggettiva.

Fiducia rimane a Giampiero Falasca nel Jobs Act di Matteo Renzi, «che può essere un buon punto di partenza, a condizione che le tante leggi delega di cui si compone si traducano in tempi rapidi in norme concrete».

 

Marisa Cecchetti



 
 
 
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