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In libreria/ Valeria Massari. Voci dall’ombra 
La prefazione di Patrizia Garofalo
07 Settembre 2014
 

«Aggrappati alla vita perché con noi qualcuno è stato felice».

Fin dall’incipit è già un “noi” la poesia di Valeria Massari, è corale la parola che incide lo spazio del foglio con forza, e ostinata tenerezza. È lo sguardo sul mondo e l’adesione ad esso a coniugare il verso che delle stagioni coglie il brillio e la tristezza e i ricordi e la vita che ritorna a segnare i passi incerti dell’esistenza.

Che la parola s’infranga contro un vetro, ferisca, sosti in un non-luogo come la soglia di una porta o il davanzale di una finestra, che possa quindi apparire, entrare e scomparire o che entri e resti a guardare e aspetti di essere detta è sempre e comunque una voce che abita la vita. E non giungeremo alla dimenticanza se solo un ricordo darà anima un giorno alla nostra naturale assenza. Con un sorriso, con un’eredità lasciata magari da un solo verso, gocciolante di brina nella sera che annotta o prima dell’alba, il vuoto sarà un nuovo spazio entro il quale altri scriveranno continuando l’insolita poetica del “noi” che la poetessa indica come sua adesione spontanea.

Affascina della Massari la dichiarazione d’appartenenza unica del mare alle rocce circostanti da cui lontano abita l’uomo e dove un gabbiano ferisce l’onda. Un doppio codice della poetessa, quello di alternare una silenziosa partecipazione alla natura ad un’estraneità che non consola ma anzi zittisce lo slancio all’interezza, all’“indefinito” leopardiano prima di planare nell’inafferrabilità del sogno vissuto come vita altra dove coabitano i linguaggi del cuore. Suggestivo l’ascolto della pioggia non più come acqua che monda, non più come catarsi ma piuttosto “evidenza dell’inganno”, del sogno, dell’assenza che anticipa il grande e necessario spazio del silenzio entro il quale riscrivere le carezze date e perse, l’anima potata perché tornasse a nuova crescita e ricostruirne il calore, l’intimità, la presenza.

Attraversano l’intera silloge lo sguardo, l’occhio che si fa coscienza e che il silenzio scandisce in segmenti di tempo che spesso affollano l’animo, affaticano il cuore e si diradano nei versi come piccole tappe, mete, soste prima della salita: scale del cuore che si scendono felici da bambini fino al traballare nel voler focalizzare un ricordo che sbiadisce e plana sull’acqua prima del graffio di un gabbiano così differente nelle parole della poetessa da quello a cui subito rimandiamo di Baudelaire. In questa raccolta è libero, forte, affascinante, per niente deriso, consapevole di vita. È un uccello libero dal legame storico ed anche un po’ stantio di gabbiano-io-poeta ma indica in modo decisamente intenso noi-poeti-amanti-amati. Anche da qui la specificità del testo insieme all’originale cifra poetica che alterna verso libero a rima e dove quest’ultima diviene necessaria cantilena a lenire dolore e nostalgia e spaesamento. E in una delle più belle liriche della Massari, l’esplosione del colore, del giallo di Vang Gogh, ricordi di campi di grano che sfumano dal giallo all’ocra e necessità di una luce che quasi bruci sulla nostra pelle la forza della vita nella poesia.

 

Patrizia Garofalo

 

 

Valeria Massari, Voci dall’ombra

Biblioteca dei Leoni


 
 
 
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