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Christian Flammia. “È in corso la terza guerra mondiale” 
Intervista esclusiva di “Lombardi nel mondo” ad Antonio Ferrari, editorialista del “Corriere della Sera”
06 Settembre 2014
 

Ha fondamento l'affermazione di Papa Francesco secondo il quale la terza guerra mondiale è in corso? Che cosa è l'Isis, perché si è così rapidamente affermato? La fragilità della politica americana; le ragioni di Putin; la questione delle cluster-bombs, questi, ed altri, i temi affrontati con Antonio Ferrari

 

 

Come giudica l’affermazione del Papa che parla di una terza guerra mondiale in corso?

Io ho grande considerazione, stima e ammirazione per questo Papa che dice le cose che nessuno ha il coraggio di dire, e credo che questa affermazione sia sostanzialmente corretta. Un terza guerra mondiale, anche se non dichiarata, anche se non se ne sentono dappertutto i bombardamenti e le esplosioni, è in corso. Troppi paesi sono in uno stato di assoluta confusione e io credo sia in atto uno sgretolamento (sul quale ho anche scritto un libro), che parte dal crollo del muro di Berlino, e che si è trasformato nello sgretolamento di tanti valori. Siamo in una situazione di assoluta confusione e di incertezza. Papa Francesco la coglie e capisce che la somma di tutti questi conflitti può essere lo scenario di una terza guerra mondiale a pezzi, non complessiva, ma un pezzo dopo l’altro: una grandissima intuizione.

I possibili sviluppi di questa situazione?

Pessimi purtroppo, perché non esiste una volontà comune anche per i veti e i controveti di ciascuna delle parti. Oggi sono troppe le parti che giocano e io credo che quando i conflitti vengono fatti per interposto-Stato è molto più difficile fermarli. Le mie previsioni pertanto non sono ottimistiche perché ci vorrebbe uno sforzo complessivo globale che non vedo. Per contro, vedo trionfare l’egoismo di grandi e piccoli Stati. Quando c’è l’egoismo non vince la solidarietà e non vince la volontà di far tacere le armi. Io sono ottimista per natura, cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma questa volta non ho proprio il coraggio di dire che lo vedo mezzo pieno.

 

Qual è il suo giudizio sull’Isis, come ha potuto affermarsi? Non le sembra che i Paesi musulmani moderati siano stati troppo accondiscendenti nei loro confronti?

Chiariamo subito una cosa, l’Isis non si inventa da un giorno all’altro, da un’ora all’altra. Che cosa è l’Isis? Io vorrei sapere come nasce, chi lo finanzia, chi lo aiuta e lo sostiene. Parliamoci chiaro, qui c’è qualcuno che ha deciso scientificamente di armare una milizia e di mandarla come un siluro incontrollabile all’interno del mondo musulmano e del Medio Oriente. Dietro ci sono quegli Stati moderati che ne hanno favorito la crescita, magari non come Stato-istituzione, ma come privati cittadini al servizio di certi Stati. Voglio fare alcuni nomi, l’Arabia Saudita, il Qatar. Avverto insomma che esistono componenti impazzite di certi Stati. C'è quindi qualcuno che ha voluto che questo Isis diventasse una forza predominante. Quelli dell'Isis sono dei tagliagole assassini, è inutile che ci giriamo intorno. Oggi però sono molto felice perché ho letto un articolo che mi ha molto colpito. Ci sono dei Musulmani moderati che rischiano la vita per andare a salvare la vita dei Cristiani, perché l’Islam non è quel mondo che ci vogliono far credere. L’Islam è una grande civiltà, un grande mondo dove ci sono gli estremisti, in minoranza, ma ci sono i moderati che sono la maggioranza. Però alcuni Stati moderati, o presunti tali, si sono serviti dell’Isis per alimentare il conflitto che mi fa più paura, quello tutto interno all’Islam, fra Sunniti e Sciiti. Quello che vediamo altro non è che una lotta interna all'Islam. I moderati, per ragioni di potere, hanno favorito questi gruppi dell’Isis dove entrano forze assolutamente non islamiche e mi riferisco, per esempio, agli ex-seguaci di Saddam Hussein. C’è un sentimento di rivalsa, che nasce dalle umiliazioni subite, e allora alcuni sono pronti ad allearsi con il diavolo. È il passaggio più pericoloso, è la confusione, è l’assenza di valori umani, l’assenza di tutto. L’Isis è da questo che nasce.

Chi è Abu Bakr Al Baghdadi, il loro capo?

Osama Bin Laden, almeno, aveva una sua storia, nasceva in un certo ambiente, è andato a combattere contro i sovietici una guerra che riteneva giusta, con l'aiuto degli americani, in Afghanistan. Poi ha rivolto le armi contro gli stessi americani, ma aveva una sua dimensione. Chi è questo Al Baghdadi? Chi è questo signore che viene a dettare le regole, sgozzando i cristiani e gli yazidi, e trasformando le donne catturate in schiave? Questa è civiltà? Ma per favore, c’è qualcuno che ha giocato e gioca sporco... se oggi siamo davanti al fatto che gli Stati Uniti potrebbero unirsi alla Siria, che volevano bombardare l’anno scorso, allora è giusto che qualche domanda ce la poniamo.

Come vede gli sviluppi di questa situazione?

Io vedo un mondo che deve reagire davanti a tutto questo. Non vedo nessuna differenza tra i campi di sterminio di Hitler e decapitare gli uomini e violentare o sequestrare le donne. Ecco perché chi si oppone a tutto questo è sicuramente un “giusto”, come lo era quello che si opponeva allo sterminio degli ebrei. Ho letto che un ricco signore musulmano ha sottratto alcune ragazze ai suoi rapitori, comprandole e restituendole ai parenti. Queste sono cose che mi fanno un enorme piacere, vuol dire che anche all’interno di questo mondo impaurito, c’e qualcuno che reagisce ascoltando la coscienza. È bello. È davvero incoraggiante.

Come giudica l’atteggiamento dell’ America?

Non voglio fare una critica assoluta all’America, l’amministrazione di Bush figlio è stato un disastro totale, ma devo dire che mi piaceva l’America di Bush padre perché colpiva ma aveva anche una visione molto più kissingeriana, magari cinica ma realistica. Hanno fatto la guerra, assieme ad una gigantesca coalizione internazionale, per liberare il Kuwait, ma non volevano far cadere Saddam Hussein, perché un Saddam caduto avrebbe rischiato di mettere in discussione gli equilibri dell’intera regione, e questa la trovo una visione molto lungimirante. Il figlio purtroppo non è stato all’altezza del padre. Oggi Obama è un presidente apprezzabile, cerca di evitare al massimo i coinvolgimenti militari, ha tutta la mia ammirazione per quello che ha fatto nel suo Paese e penso alla riforma sulla sicurezza sociale e le pensioni. È chiaro che lui pensa, “io non posso commettere errori gravi come sono stati compiuti prima di me” e in effetti non li ha compiuti, ma il problema non è non commettere errori, il problema è l’immobilismo. Obama l’anno scorso si chiedeva se attaccare la Siria, oggi si chiede se andare a combattere assieme all'aviazione siriana contro l’Isis e anche queste sono cose che rivelano la fragilità di tutti, a cominciare dall'unica superpotenza.

 

Come vede la situazione in Ucraina e la politica di Putin?

Io devo dire che non ho molta simpatia per Putin, però in politica ci sono dei limiti che non si devono superare. Penso insomma che non bisogna mai umiliare l'avversario, perchè nel momento in cui ti accanisci sull'avversario crei grave instabilità, e faciliti percorsi terribili, come quello di Adolf Hitler in Germania... La Russia è un grande paese, che ha una grande storia e grande dignità. Quella della Crimea non può essere considerata soltanto un'aggressione, dal momento che la maggioranza della sua popolazione non vuole più lo Stato di prima. L'Ucraina non è europea e non è russa. Non so con certezza che cosa voglia la maggioranza del popolo ucraino. Sospetto che la maggioranza voglia essere legata in qualche modo alla Russia. La volontà del popolo è sovrana, e faccio un paragone tra l'Ucraina e l'Egitto. L'Egitto, con la rivolta, o primavera delle piramidi, abbatte il regime di Hosni Mubarak, i giovani vogliono cambiare. Però alla fine chi si impossessa della rivolta è la fratellanza musulmana che impone il suo Presidente, Mohammed Morsi. Noi siamo abituati a pensare che un golpe viene fatto contro il popolo, quindi è un passaggio inaccettabile e perverso. Tuttavia, se il golpe viene fatto perché lo domanda la maggioranza del popolo, allora la cosa è completamente diversa. In Egittto la maggioranza era irritata con Morsi e dopo un anno ha scelto di farlo cadere, premiando il generale Al Sisi... Io non so come sia effettivamente la situazione in Ucraina, ma ripeto: mi sembra di capire che gran parte della popolazione non voglia interrompere il cordone ombelicale con la Russia. La Crimea è stata la punta avanzata nel Mar Nero della flotta russa. Noi possiamo pensare che Putin abbia torto da tutti i punti di vista, ma mettiamoci anche nei suoi panni. Personalmente, scelgo la via della prudenza. A volte mi viene da pensare (e cerco di censurarmi il pensiero) che stavamo meglio quando stavamo peggio, quando c'erano due blocchi e ciascuno dei due non osava compiere il passo talmente grave che avrebbe provocato qualcosa di veramente drammatico, come un conflitto nucleare. C'è chi dice che se ci fossero ancora i due blocchi, la ex Jugoslavia non si sarebbe disintegrata, Saddam Hussein non avrebbe invaso il Kuwait e infine Bush ci avrebbe pensato mille volte prima di fare la guerra in Iraq. Sono solo pensieri, d'accordo. Ho conosciuto il mondo comunista e so bene che cosa ha sopportato la gente sotto quei regimi. Ma una cosa è la valutazione umana e politica, un'altra cosa è lo squilibrio strategico che si è creato.

 

Negli ultimi tempi si parla di meno del problema delle cluster-bombs in Medioriente, che hanno effetti devastanti sulla popolazione e anche sulle coltivazioni locali, qual è la sua posizione in proposito?

Le cluster-bombs sono una pugnalata alla schiena. Dovremmo smetterla con l'ambiguità, che impedisce di informare la mano destra su quello che fa la sinistra. Un giorno, a Beirut, il generale Angioni, che era il comandante del contingente italiano in Libano, dopo una furibonda battaglia che aveva visto coinvolti Maroniti, Sunniti, Sciiti e Drusi, disse a noi giornalisti “Andate a cercare proiettili e cartucce, e vedrete che tanti pezzi arrivano dall'Italia”. Questo per dire che dobbiamo tutti fare un serio esame, evitando di pensare che i colpevoli siano sempre gli altri. Per tornare alle cluster-bombs, nessuno vuol metterle al bando per interessi economici. Io sono per la abolizione di tante armi, perché servono solo come strumento di morte. Le cluster-bombs colpiscono durante la guerra, ma colpiscono e uccidono soprattutto dopo. Sono davvero ripugnanti, come le armi nucleari. Come dice un mio grande amico, Arrigo Levi, giornalista ebreo di straordinaria bravura e grande coraggio, noi abbiamo avuto uno sterminio di popolo durante la Shoà con cinque-sei milioni di ebrei morti. E pensare che allora non c'erano le armi di distruzione di massa che vi sono adesso. Oggi mi risulta che oltre venti paesi abbiano e comunque siano in grado di produrre l'arma nucleare. Basterebbe schiacciare un pulsante per annientare gran parte della popolazione mondiale. Questo, lo sappiamo, è un grande pericolo ma forse anche una grande opportunità, perchè tutti sanno che se schiacci quel pulsante puoi provocare un'immane catastrofe. Cominciamo a togliere di mezzo tutte le cluster-bombs. Io trovo insopportabile che un essere umano rischi di essere ammazzato e ferito anche quando le armi tacciono. Io sostengo la messa al bando totale. Oggi si fa troppo poco su questo tema, si pensa ad altro perchè magari abbiamo problemi più gravi di questo, però la questione delle cluster-bombs deve essere risolta quanto prima.

 

Vorrei chiudere l'intervista con un suo appello per la pace in Medio Oriente, per tutti gli operatori che agiscono in quella zona e per le due ragazze italiane rapite.

Sono contro tutti gli appelli, un mio amico diceva c'è chi fa l'appello e chi fa la pelle. Si fanno troppi appelli inutili. Io sono diventato molto pessimista di fronte alla situazione mediorientale. Ho sognato per anni un Medio Oriente pacificato: dopo il 1993, quando ci furono gli accordi di Oslo, ho pensato che quello fosse l'inizio di un cammino verso la pace. Oggi tutto si è sfaldato. Non sono neanche più convinto che il conflitto israeliano-palestinese sia quello centrale. Dappertutto vi sono forze disgregatrici che per interessi religiosi, politici ed economici stanno cercando di prevalere. Se riusciamo a rinunciare ai nostri egoismi, alla nostra incapacità di condividere questo mondo, possiamo fare un passo in avanti. Per le due ragazze italiane rapite in Siria, non so bene in che mani siano finite. So che sono due ragazze spinte da un entusiasmo giovanile verso il bisogno di aiutare gli altri. A chi dice che se la sono andata a cercare, io rispondo con disprezzo. Queste ragazze erano mosse da bontà, erano mosse da un desiderio di soccorrere il prossimo, e credo che questo sia molto bello. Se ci vogliono privare anche di questo, non so dove andremo a finire... Bisogna incentivare la solidarietà, l'amicizia, se perdiamo questi valori siamo perduti e questo lo sostengo fortemente. Non dobbiamo arrenderci. Tutto il resto è solamente la nostra sopravvivenza, uno può fare quello che può nella vita, ma bisogna mantenere la schiena dritta almeno su qualche valore.

 

 

Antonio Ferrari, modenese, editorialista del Corriere della Sera ed esperto di problemi mediorientali. Ha seguito per decenni, come inviato speciale, tutti i conflitti della regione, a partire dalla guerra civile in Libano. Ha intervistato quasi tutti i leader dell'area. È autore di libri (Sami, una storia libanese; Islam sì, Islam no; Sgretolamento) e cura una rubrica per il Corriere tv dal titolo “Voci dal Vicino Oriente”.

 

Christian Flammia

(dal portale.lombardinelmondo.org, 6 settembre 2014)


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