È la cronaca di un viaggio in Nepal particolare, l’avventura di Mauro Vanoli, questo 31enne maslianichese non nuovo ad imprese del genere. E, come per le altre, ecco serate spese tra il garage con amici e il “biciclettaio” lariano di fiducia (Lario Bike - Cernobbio) per sviluppare l’idea e arrivare alla vera protagonista al pari della bicicletta: una “cadrega“.
Proprio così, una sedia, di quelle pieghevoli in metallo da pochi euro, adattata alla bisogna, tagliata, saldata, rinforzata e pitturata. Una sedia da utilizzare come portantina (diventa con pochi accessori e in pochi secondi anche un carrello da trainare) per caricare agevolmente, per quanto agevole possa esserlo, la fida mountain bike lungo il sentiero trekking del Campo Base Everest a 5.540 mt.
Una giacca pesante, un saccoletto per affrontare le notti di un periodo (Febbraio scorso) non troppo indicato per quelle altitudini, un pannello solare e poco altro. Ventiquattro chilogrammi complessivi come indicato sulla bilancia al momento di prendere il volo interno che, dalla capitale Kathmandù, portava il nostro “selvatiko” (questo il suo nick-name, www.selvatiko.com il suo sito internet) ai 2.800 mt di Lukla, classica base di partenza per i trekking di quel versante Himalayano.
Ha così inizio l’avventura, una lunga scarpinata, un continuo salire e scendere di quota e, comunque, sempre intorno, se non oltre i 3.500 metri. Una cifra importante che, se non porta il “mal di montagna“, non regala sconti, il fiato si fa corto e i chilogrammi si sentono tutti, specie poi se, per realizzare un discreto video-report, si è costretti a percorrere tratti due o più volte, non fosse altro per recuperare telecamera e treppiede; unica soluzione possibile in un viaggio affrontato in solitaria.
E, salendo, pochi i momenti concessi “al pedalato”, per via di gradinate e/o sentieri stretti, ripidi e sporcati da pietre, ponti sospesi, e… militari. Già, l’esercito, il primo problema, il vero ostacolo verso il successo e il raggiungimento dell’ obiettivo. Una situazione politica tesissima (erano i giorni in cui di Nepal si sentiva qualcosa attraverso le nostre Tv) e l’ottusità di un graduato hanno fatto sì che il viaggio terminasse anzitempo, in un lodge a 4.500 metri, dove, inseguito e minacciato poche erano le alternative.
Un'assurda legge a vietare l’ingresso alla Riserva per le biciclette (anche se trasportate), i pochissimi turisti in circolazione dato il “fuori stagione”, e, come già detto, la non trascurabile guerra interna tra ribelli maoisti e i soldati del Re, hanno portato a più miti consigli e suggerito un mesto ritorno a valle.
Avrebbe avuto poco senso salire lassù senza la bicicletta, senza la cadrega, e, in segno di rispetto verso gli sponsor a supporto dell’ impresa, la sofferta decisione. Non ultimo il voler tutelare per certi versi i gestori del lodge, minacciati anch’essi se solo si fosse optato per proseguire. Meglio quindi avanzare del tempo da dedicare al fine benefico che questo viaggio si era riproposto.
Così, a malincuore, la discesa a valle, resa un poco meno sofferta per via dei parecchi tratti in fuoristrada percorsi in sella, incrociando colonne di portatori e di yack, indispensabili per assicurare ai vari rifugi il necessario per ospitare visitatori nella stagione che andava a cominciare.
Un ritorno in città, in una Kathmandù vittima del coprifuoco, l’aria tesa da scontri quotidiani per i quali si contavano vittime sui giornali locali e un rientro in Italia anticipato che non ha mancato di destare la curiosità di vari media, con ospitate in Tv e articoli a mezzo stampa sulle riviste specializzate o meno.
Curiosità che ha per protagonista indiscussa la “cadrega”; è piaciuta la soluzione-idea e, il termine dilettale, ben conosciuto lungo tutto lo Stivale, si è meritato persino l’attenzione del secondo canale nazionale e la prossima partecipazione alla trasmissione del mezzogiorno “Piazza Grande” nella particolare rubrica “Invenzioni & Brevetti”.
Se ne riparlerà con la nuova programmazione autunnale, quando inviti e partecipazioni alle fiere dedicate saranno ulteriore vetrina per questo viaggio che prevede anche l’uscita di un libro-racconto e raccolta di immagini. Neanche a dirlo, “una cadrega in Nepal”, il titolo.
Ad oggi, ciò che prevale è un senso di rivincita per il “torto subito”; non è da escludere, ma Mauro rimane sul vago, un ritorno entro l’anno a tentare qualcosa di più sorprendente, in barba all’assurdo divieto e per proseguire nell’opera di solidarietà intavolata con due istituti scolastici del Paese. Tempo, ma soprattutto budget, permettendo.