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Marco Miele e il giallo in vernacolo 
Intervista di Gordiano Lupi
23 Agosto 2014
 

Marco Miele è uno scrittore di Piombino, terra ricca di tradizioni in provincia di Livorno - quasi Grosseto - un promontorio che si affaccia sull’Isola d’Elba, posto a me caro, ci sono nato e ci ho ambientato l’ultimo romanzo (Calcio e acciaio. Dimenticare Piombino, Acar). Nato nel 1963, pubblica dal 2011, ha al suo attivo due romanzi: L’umore del caffè (Multistampa, 2011 - ristampato da Govane Holden), Un pesce da aprire (Giovane Holden, 2013) e un paio di racconti lunghi usciti in antologie edite dal mio Foglio Letterario: Raccontare Piombino (2013) e Piombino in Giallo (2014). Marco Miele usa il giallo per raccontare la vita quotidiana della provincia maremmana, impiegando al meglio un personaggio seriale: il commissario Franco Danzi, detto il Nero, che torna da Roma a Piombino dopo un matrimonio fallito, rivede i vecchi amici e riscopre i sapori della vita passata. Nel primo libro il Nero deve risolvere un mistero d’annata, un omicidio sulla spiaggia le cui indagini vengono riaperte e conducono a un’imprevista soluzione. Nel secondo romanzo – più maturo e anche ben realizzato a livello editoriale – deve risolvere un omicidio contemporaneo e scagionare un vecchio amico da un’accusa infamante. I due romanzi sono ambientati in una perfetta scenografia maremmana, scritti ricorrendo al dialogo, dosando pittoresche espressioni vernacolari e inserendo piccanti situazioni erotiche. I due romanzi tecnicamente sono definibili come gialli, perché c’è un mistero da risolvere, tra l’altro appassionante, ben mimetizzato tra indizi contraddittori, ma sono anche racconti ironici, frizzanti e scorrevoli, scritti in modo appassionato e divertente. Il Nero ritrova una banda di amici dei vecchi tempi, ricorda la giovinezza, preti sporcaccioni, amiche disponibili ed esperte nell’arte amatoria, compagni d’avventura dai nomignoli strani (L’Ora, Legno, Zero…); con quel gruppo trascorre serate sul mare davanti a un tramonto e in locali del centro bevendo birra e consumando patatine fitte. Ginepre è una minuscola Piombino, un paese di fantasia localizzabile nei pressi di Populonia Stazione, tra San Vincenzo e Baratti, un luogo popolato da mille anime, ma che possiede la sua Scuola Magistrale, piena zeppa di femmine da tampinare. Molto camilleriana come scelta, anche perché nel racconto convivono location realistiche (Piombino, Cecina, Isola d’Elba…) e il paese fantastico ideato dall’autore. Il Nero, paradossalmente, è il personaggio meno tratteggiato psicologicamente rispetto al gruppo, ma nel secondo volume resta memorabile uno scontro generazionale tra padre e figlio che si conclude con una cena a base di stoccafisso.

Abbiamo avvicinato Marco Miele – senza grande difficoltà perché entrambi piombinesi – per avere qualche informazione di prima mano sulla sua attività di giallista.

 

Perché il giallo?

Il giallo, oltre a essere un appassionato, mi ha dato l’opportunità di raccontare storie che con il genere hanno poco da spartire. L’amicizia e la vita reale, sono temi che mi sono più cari. Il giallo è un pretesto.

Ti trovi bene a gestire un personaggio seriale?

Il protagonista dei due racconti, Franco Danzi detto il Nero, è suo malgrado il carattere descritto meno, viene intuito dai comportamenti, suoi e dei suoi amici, comprimari, coprotagonisti. Il protagonista seriale si muove in diversi spazi temporali, e mi è piaciuto tratteggiarne i cambiamenti nel tempo, suoi degli amici e del territorio che li circonda.

La scenografia dei luoghi conosciuti (Piombino e Val di Cornia) quanto è importante nei tuoi romanzi?

Ginepre è un luogo di fantasia, ma tutto quello che c’è intorno è reale. Il territorio della Maremma è il protagonista silenzioso. I  luoghi dove si ambientano gli eventi salienti di entrambi i racconti, sono verificabili, passo dopo passo, i luoghi veri e reali, e soprattutto indispensabili e insostituibili.

Perché l'uso del vernacolo toscano?

Ho cercato di trasferire la lingua parlata nella realtà, specie in certe fasce d’età, per rendere ancora più realistici i protagonisti. poi diciamo la verità noi toscani in generale, i maremmani in particolare, anche i più ostinati non riusciamo a togliere del tutto il “nostro” vernacolo.

 

Marco Miele è un talento naturale, imbastisce storie avvincenti, le ambienta con naturalezza in location conosciute, rende a dovere la suspense ricorrendo a trucchi del mestiere, racconta lo scorrere del tempo, il cambiamento di luoghi e situazioni. In una parola fa letteratura, con la elle minuscola, certo, ma letteratura…

 

Gordiano Lupi


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