Se la filosofia di Spinoza assomiglia ad uno specchio di acqua privo di impurità, se il suo viver pratico e il suo pensare teoretico sono mirabilmente ed inscindibilmente improntati alla purezza spoglia d'ogni vanità terrena, dove tra il divino e l'umano non si frappone nessuna barriera, dove ogni nota d'umiltà è armoniosamente legata all'umiltà scientifica e il tutto aspira diamantinamente all'alto come in una “fuga” di Bach, tutt'altro si deve dire di quel grande predecessore che fu Francis Bacon, senza per altro volere disconoscere i suoi meriti, portandolo così alla sua vera dimensione storica ma soprattutto umana.
Infatti tra gli intrighi della corte di regina Elisabetta e, successivamente, di Giacomo I troviamo senza tanti scrupoli anche Francis Bacon prima come “Barrister” poi come «Sollecitor general» con una paga altissima infine quale “Lord”.
Per attività illecite da lui stesso confessate, lo ritroviamo imprigionato e condannato a 40.000 sterline di multa. Ma ricevette il perdono del re e, a quanto pare, si ritirò a vita privata prima che la morte lo cogliesse nel 1626, dopo essersi esposto ad un freddo insopportabile per il suo stato di salute, a causa di un esperimento.
Bacon, come si è potuto desumere dalla sua vita, si trova in un ambiente dinamico, ricopre cariche importanti. Forse, azzarderei affermare, la sua acuta mente, favorita dalla fervente attività politica, intuì quali progressi la tecnica avrebbe portato, modificando letteralmente le strutture e i rapporti sociali. Non dimentichiamo l'apogeo inglese sotto Elisabetta e la nascente industrializzazione. Fautore di quella tecnica che timidamente era avversata da pregiudizi e bussava sempre più frequentemente alla luce del sole. Anche se Bacon non è stato uno scienziato nel senso che comunemente viene intesa questa parola oggi (pensiamo al nostro Galilei, suo coevo, i cui meriti, azzardando un parallelo, non sono paragonabili), egli capì che la “scienza” per nascere e svilupparsi, aveva bisogno d'una riforma radicale che attaccasse le basi del sapere precostituito. Questa battaglia a favore della riforma del “sapere” anticipa le istanze della Rivoluzione Industriale che, alla fine del secolo, caratterizzò non solo il Regno Unito, ma, successivamente, anche le epoche a venire compreso la nostra.
Questo atteggiamento radicale accattivò le simpatie degli Illuministi che guardarono a Bacon come loro guida.
Non ci si deve stupire che nei Saggi (1597), si trovi la classificazione delle Scienza, già delineata per altro nel Progredire della scienza (1605) in inglese poi aumentata, come del resto le sue opere, nelle successive edizioni in latino.
La conoscenza storica, poetica e filosofica sono i tre gradi dello scibile umano.
Secondo Bacon, acerrimo nemico del grande Platone:
la conoscenza dell'uomo è simile alle acque: alcune scendono dall'alto, altre scaturiscono dal basso; nel primo caso infusa dalla luce della natura, nel secondo caso ispirata alla divina rivelazione. La luce della natura consiste nelle nozioni della mente e nelle indicazioni dei sensi; quanto poi alla conoscenza che l'uomo riceve attraverso l'insegnamento, essa è cumulativa e non originaria come un corso d'acqua che oltre ad avere la propria sorgente è alimentato da altre fonti e ruscelli. Così dunque secondo queste due differenti illuminazioni ed origini, la conoscenza si divide prima di tutto in teologia e filosofia. (Del Progredire della Scienza, libro II, V, 1^).
Quindi per Bacon la filosofia può essere “divina”, “naturale” ed “umana” secondo l'oggetto su cui l'indagine si proietta. Comunque tutte hanno come minimo comune denominatore la philosophia primaovvero la sorgente della conoscenza particolare: l'induzione.
La filosofia divina si propone d'arrivare, di giungere a Dio ma senza chiarire la tematica religiosa. La filosofia naturale può essere teorica o pratica tra le quali la Fisica, quella umana comprende la Medicina e via dicendo. Ma senza addentrarci minutamente in questa classificazione delle Scienze operata dal Nostro in vari scritti, riportiamo il giudizio di d'Alambert, che oltre a definire Bacon “il più sublime tra i filosofi”, fu d'accordo con Diderot, l'altro enciclopedista francese, per la preparazione della celeberrima Encyclopédie, ad adoperare il metodo baconiano nella suddivisione scientifica. È altrettanto indubbio che l'Académie des Sciences e la Royal Society trassero ispirazione proprio dagli scritti del Nostro per la difesa della “Filosofia sperimentale”.
Tutto ciò dimostra e riprova la felice e profonda intuizione di Bacon, definito, non a torto, da uno storico della filosofia inglese, filosofo dell'industrializzazione.
Le sue opere sono numerose, spesso incompiute, ma trattano del solito tema: la riforma del sapere e la forza della scienza (ma scarta la matematica, grave limite teoretico, gnoseologico).
Una scienza che non nega Dio, tutt'altro - Bacon cerca di non intaccare il problema religioso né l'essenza stessa della religione. La sua lotta è diretta, invece, contro quell'opprimente tradizione che ha dogmatizzato il conoscere e sclerotizzato il libero pensiero. Il culto non ponderato per gli antichi, la amalgama tra “filosofia aristotelica” e il “cristianesimo”, sono forme che isteriliscono ogni slancio creativo e riformatore. Bacon non disprezza tanto la tradizione ma il fanatismo.
Attacca, come fecero a suo tempo gli Umanisti, poi i Rinascimentali, l'ipse dixit costrittore.
Egli esalta i progressi tecnici, le invenzioni e questo lo porta ad affermare che coloro che ci hanno preceduti sono stati “i bambini agli albori del mondo”. Noi, invece, che abbiamo ereditato l'esperienza dei tempi, siamo i veri vecchi, gli antichi. Al sillogismo aristotelico pone quello che considera il parto mascolino del secolo (Temporis Partus Masculus) cioè l'arte di cercare, di indagare.
“Analizzare” la mente per determinare i limiti e le possibilità, lfuso che se ne può fare. Rimane il fatto che la NATURA è il campo della Scienza e non le tenebre, gli abissi, la polvere dell'antichità. Quindi Bacon struttura, convinto che la nuova scienza debba scaturire non come continuatrice dell'antica ma ex novo, autonoma, il nuovo strumento della ricerca, il Nuovo Organon (opera del 1620) contrapposto all'Organon aristotelico.
La nuova “logica” non deve essere “verbale” ma “operante”; deve dominare la Natura con il felice incontro della natura della mente con la natura delle cose. La mente, per instaurare il Regnum Hominis, deve conoscere i propri errori, purificarsi. Nascono così le famose “sorgenti d'errore”: gli Idola.
Gli idola tribus comuni a tutti, quali la fallibilità dei sensi che ha deformato le cose, cioè l'errore di considerare buono tutto ciò che ci è stato tramandato.
Gli idola specus sono invece particolari, individuali. Dipendono dalla propria formazione mentale, forma mentis, dall'educazione ricevuta... Fanno vedere, questi idola specus, le cose con falsi pregiudizi.
Gli idola fori sono gli errori del linguaggio (problema oggi molto dibattuto e fu ripreso con acume da R. Carnap contro la metafisica esistenzialista - senza peraltro scalfire il movimento medesimo o il Nulla di Heidegger con una mera analisi del linguaggio e questione sviluppata dall'Empirismo Logico che ha finito la sua corsa comunque da tempo) che spesso crea parole vuote, prive di senso.
Gli idola theatri sono le teorie che ingannano. In ultima analisi, gli idoli del teatro non rappresentano che la vecchia tradizione aristotelica e la cattiva interpretazione fattane.
Liberata dall'errore, la mente -continua Bacon- abbisogna delle suddette regole indispensabili per fondare la Nuova Scienza: è la famosa teoria dell'induzione baconiana.
Questa, in fondo, come quella aristotelica, nasce da fatti empirici: però fatti non solo percepiti, registrati ma comparati attraverso tavole apposite.
In una si registrano i casi positivi, nell'altra negativi e, nell'ultima, le variazioni subite e registrate nel corso dei vari fenomeni.
Dopo un'ipotesi, per dare una provvisoria e sommaria soluzione al problema, si procede all'esperimento e da questo procedimento pratico, fisico, si verificherà la validità dell'ipotesi fatta all'inizio dell'esperimento.
Lo scopo dell'indagine scientifica è la causa del fenomeno che Bacon chiama Forma, ovvero la natura stessa del fenomeno. È qui che il filosofo inglese, subordinando la Matematica, ricorre ad argomentazioni che esulano dal nuovo spirito scientifico, ciò che non succede invece alla personalità e alla formazione più rigorosamente scientifica del nostro Galilei o di Cartesio.
Postuma esce anche la prima edizione inglese della Nuova Atlantide nel 1627, grazie alla cura del suo segretario Rawley.
Dal titolo si può benissimo dedurre il racconto utopico dell'opera e viene quasi spontaneo collocarlo nella scia de L'Utopiadel Moro e de La città del Sole di Campanella, il famoso religioso italiano che si fece credere pazzo per non finire sul rogo.
Però il racconto baconiano si diversifica nettamente dalle due opere succitate in quanto la società della Nuova Atlantide è retta non da motivazioni morali ma dal potere che all'uomo deriva dalla forza della scienza.
La Nuova Atlantide è una sorta di concentrato delle idee baconiane: tutto preannuncia, o sembra profetizzare, il mondo futuro, l'età moderna, osservando specialmente gli abitanti che vivono comodamente sfruttando le nuove invenzioni nate dal connubio tra Scienza e Tecnica.
Non v'è interferenza tra Religione e Progresso, altrimenti si cadrebbe nella superstizione. Anzi; c'è accordo tra ricerca scientifica e spirito religioso. L'una non intralcia l'altro ma sono propedeutici.
Interpretando la storia dell'isola felice con strumenti storici e sociali, si può giungere ad affermare che le religioni riformate (si veda l'opera magistrale di Max Weber, Etica protestante e Spirito del capitalismo) non sono state di intralcio ai Paesi che si avviavano alla industrializzazione, ma c'è stato quella amalgama tra progresso tecnico-scientifico e religione, propugnato felicemente dall'Autore dell'isola di Bensalem. Sono concorde con Flavio Ascari quando scriveva che la Nuova Atlantide essere letta come pendant dell'Advacement of Learning.
La bibliografia su Bacone è nutrita ma riteniamo, tra i tanti, validissimo lo studio di P. Rossi, Francesco Bacone: dalla magia alla scienza (Bari, 1957) che dà il giusto valore al filosofo inglese il quale non presenta elaborazioni teoretiche eccezionali ma è comunque importante più come frutto storico che gnoseologico.
Enrico Marco Cipollini