Sono passati dodici mesi dal sequestro in Siria di Padre Paolo Dall’Oglio, religioso gesuita italo-siriano. Dodici mesi in cui si sono alternati, nei cuori e nelle menti di chi l’ha conosciuto, stimato e amato, silenzio, ansia, preoccupazione, frustrazione e speranza. La speranza di riaverlo presto tra noi, di rivederlo all’opera, impegnato nel dialogo, deciso a far arrivare al mondo la voce della Siria, forte nella sua volontà di costruire ponti tra popoli e confessioni. Padre Paolo Dall’Oglio è la perfetta incarnazione di un ponte che collega occidente e mondo arabo, un romano doc folgorato dalla Siria, un cristiano consacrato, “innamorato dell’islam, credente in Gesù”, come lui stesso ama descriversi. Un anello di congiunzione di cui si sente terribilmente la mancanza, perché nessuno come lui ha saputo capire i siriani e la loro voglia di libertà e cambiamento e li ha saputi tradurre al mondo occidentale tramite le sue parole e la sua testimonianza. Un pellegrino del dialogo, coraggioso, determinato, generoso.
Siamo in molti a sentirci in qualche modo orfani in questa attesa, siamo in molti a scrivere stanotte, perché Padre Paolo ognuno l’ha vissuto a modo suo, ognuno lo ricorda con un aneddoto, ognuno ne sente la mancanza per una ragione o per l’altra, ognuno ha una foto scattata con lui nel periodo in cui è rientrato in Italia, che conserva gelosamente.
Dodici mesi di lontananza sono tanti, sono troppi per la famiglia, gli amici, i conoscenti, per i suoi compagni in questo pellegrinaggio della vita tra due mondi. Dodici mesi dolorosi perché in questo lungo periodo la Siria che lui tanto ama ha continuato a soffrire e morire nell’indifferenza generale e le voci del male e della discordia che ha sempre combattuto si sono fatte sempre più forti, soffocando i sussurri degli innocenti e il loro desiderio di un mondo libero per tutti.
Torna presto fratello Paolo, torna presto Padre Paolo, il mondo ha bisogno di ascoltarti, l’Italia e la Siria hanno voglia di riabbracciarti e di sentirsi di nuovo più vicine grazie a te, grazie alla tua voce decisa e potente, ma allo stesso tempo gentile e rassicurante. Una voce del bene, una voce che da troppo tempo non ascoltiamo.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 28 luglio 2014)