Il “Libro Bianco” di Maroni parte da una corretta rappresentazione della realtà che la Sanità lombarda deve affrontare: mi riferisco in modo particolare al rilievo che le cronicità hanno e avranno negli anni a venire con il prevalere di patologie legate alla terza e quarta età e che richiedono soprattutto servizi integrati.
È certamente apprezzabile il metodo che il Presidente ha voluto adottare: tecnici per l’analisi della realtà, “saggi” che fanno da supervisori, eccetera.
Mi preme però segnalare almeno sei cardini la cui mancanza rende fragile e instabile tutta la costruzione.
A fronte del problema della corruzione, espressione dell’inefficienza e dell’iniquità del Servizio Pubblico, il Libro Bianco propone una “Struttura Regionale di Controllo e Promozione dell’Appropriatezza e Qualità” non meglio precisata (ad esempio: con quale indipendenza dall’esecutivo regionale?).
La sanità è la principale competenza della Regione: legalità, trasparenza e controllo sono perciò indispensabili e sono anche obiettivi possibili. Occorrono politiche della salute integrate che trovino attuazione in tutte le principali politiche ‘sociali’ della Regione: da quelle dell’ambiente, a quelle della casa, a quelle di un equilibrato sviluppo economico. Tutto ciò è assente nel Libro Bianco.
Il Libro Bianco nulla di nuovo dice sul rapporto con i privati e su come evitare di considerare la salute non come un business, ma come un fondamentale servizio pubblico. E resta anche sullo sfondo quello che è invece uno dei patrimoni più fruttuosi della regione Lombardia: cioè quella rete di Università pubbliche e private che possono sviluppare una profonda sinergia col sistema sociosanitario, dando il via ad immense opportunità.
Per anni si è investito troppo sulla produttività ospedaliera e la competizione, perdendo la sfida della qualità. Serviva una stagione che rilanciasse la prevenzione, per evitare interventi sempre a posteriori, con costi maggiori, rilanciando così le ASL e i Distretti. Ma di prevenzione nel Libro Bianco non c’è cenno. Le vecchie ASL, invece che essere rafforzate, sono trasformate in Agenzie, diventano di fatto delle vecchie mutue, con una identità poco chiara e un assetto macchinoso. Le eccellenze cliniche che esistono nella nostra Regione non riescono ancora a trovare valorizzazione in una rete di presidi e servizi che collaborano operativamente tra di loro e così la questione fondamentale dell’assetto dei servizi sanitari e ospedalieri nell’Area Metropolitana è ancora una volta rinviata.
Infine basta privilegiare le affiliazioni partitiche! Professionalità, merito e etica del servizio pubblico sono alla base di un Servizio Sanitario Regionale efficace ed efficiente. Ma niente ho letto sulla rivoluzione delle attuali logiche di selezione e promozione di manager e professionisti, su come effettivamente ed in concreto evitare nomine di direttori generali e di primari con criteri di lottizzazione e di appartenenza partitica. Vorrei essere smentito: per il bene della sanità lombarda e dei cittadini che ad essa si affidano.
Umberto Ambrosoli
(da Ri.generazione, 19 luglio 2014)