Milano, 14 luglio 2014 – Lavinia Dickinson Editore ottiene un altro importante riconoscimento: la nostra autrice Elisa Amadori Brigida è premiata quale Finalista nella sezione Poesia edita del Premio Internazionale di Poesia “Mario Luzi” 2014, con la sua opera prima A rigor di stelle. È un ingresso perentorio e importante nel mondo “accademico” della poesia e della cultura di una poetessa di rara intensità e profondità, caratterizzata da uno stile nuovo e originale, che non appartiene ad alcuna scuola, ma è già scuola per tanti giovani aspiranti poeti. Il Premio Luzi, che si tiene ogni anno sotto gli auspici del Senato della Repubblica Italiana, è diretto da Mattia Leombruno, fondatore e presidente di Evento Festival. La grande Carla Fracci, assessore alla Cultura della Provincia di Firenze, è ambasciatrice del Premio, mentre la giuria, presieduta da Maria Luisa Spaziani, è composta da Donatella Bisutti, Marco Guzzi, Mattia Leombruno, Carlo Ossola, Paolo Peluffo, Luca Serianni e dalla stessa Maria Luisa Spaziani.
Il Premio Internazionale di Poesia “Mario Luzi” 2014 è stato vinto da Mario Artz con la sua raccolta Soliloqui (Digipress Editore); al secondo posto Cinzia Demi con Ero Maddalena (Puntoacapo Editore) ex aequo con Rosa Tuccio e il suo libro Di vento e d'acqua (Luigi Pellegrini Editore); terzo Alessandro Quattrone con Prove di lontananza (Book Editore). Gli altri finalisti al sito ufficiale del Premio.
A rigor di stelle di Elisa Amadori Brigida ha già ottenuto i seguenti riconoscimenti: Premio internazionale “Milano per la Poesia” 2014; Premio internazionale di Poesia “La ragazza di Benin City” 2013 (assegnato per le poesie “Salvi tutti” e “Anima a strapiombo”); Invito ufficiale al Festival Internazionale di Poesia di Genova 2013; Invito ufficiale alla Notte della Poesia di Genova 2013; Invito ufficiale per la stagione culturale 2014 presso il Salotto del Consolato Generale dell'Ecuador a Milano.
La prefazione alla raccolta A rigor di stelle
Elisa Amadori Brigida è una poetessa. È una poetessa sempre, non solo quando scrive in versi, ma anche quando osserva il mondo intorno a sé, quando chiude gli occhi e contempla la propria interiorità, quando respira l’ossigeno della vita e percorre la “via dell’anomalia”.
Questo amore è anomalo
non c’è niente da dire
ma in un fiato ruzzoliamo nel cielo
e da lì
a uno a uno
mi insegni il nome degli alberi.
La bellezza ci attanaglia vivi.
Nelle liriche di questa autrice non vi è confine fra anomalia e poesia, perché il suo sguardo – occhio attento, occhio interiore – contempla dimensioni parallele, che non appartengono alla norma, al pensiero comune. Dove non regna la bellezza, si apre l’abisso e dove le nubi molecolari dell’amore non generano stelle si affaccia, simile alla degenerazione della materia astrale, la disperazione. Non esistono, in mezzo, i gradi del compromesso. È difficile, oggi, imbattersi in una poesia sorprendente, vitale, capace non solo di carezzare l’emisfero destro del cervello, ma di spingersi oltre, fino a raggiungere – per cantare ai sensi – il proscenio dell’inconscio e ascendere infine agli spazi dell’anima, dove la parola si traduce in radiazione. Così mi piace definire la poesia, che è poiesis, parola attiva. Ed è proprio in quest’ambito che leggo i versi di Elisa Amadori Brigida o li ascolto durante le sue letture in pubblico, sempre intense e avvincenti. La poetessa è molto impegnata in ambito umanitario e lavora per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Questa sua vocazione traspare in alcune liriche, dedicate alla tragedia dei migranti e particolarmente dei loro bambini.
Certo era la fuga
a tradire negli occhi
l’incerto sogno...
“Come fiume d’inverno
arriverò da qualche parte
senza temere gelate.
I bambini ecco i bambini!
Salvi tutti!”.
Il resto è dolore.
Fa paura
solo a chi
non l’ha mai incontrato.
Il titolo della raccolta, A rigor di stelle, che relega lo strumento della logica in un’area banalmente mondana, rispetto a quello alato dell’intuizione, ci conduce nel campo del mito. Mito che è onnipresente nei versi di Elisa, dove ogni minimo accadimento è vibrazione e contemporaneamente simbolo, mentre gli orizzonti della vita si spostano continuamente, rendendo incerta la vista. Questo tema è centrale nelle poesie dell’autrice. Ne ho parlato con lei, che mi ha spiegato cosa rappresenta, nella sua poetica, il simbolo dell’orizzonte: “È il raggio di pensiero e di azione di ognuno di noi. Gli orizzonti delle mie poesie sono spesso verticali. Sono mura interne o esterne che bloccano, impediscono, annichiliscono il nostro agire. Qualcosa che non ci dà scampo né via d’uscita. È in questo crocicchio di orizzonti sbagliati, quindi di azioni gettate come reti o salvagenti e muri che si frappongono ad esse, che si produce uno scacco e un andirivieni continuo. L’agire è soffocato. Il pensiero rimbalza su se stesso, non avendo la possibilità di tradursi in fatto compiuto. Esempi di muri contro cui ci si imbatte sono la pazzia, la morte, l’ostacolo dell’azione e del pensiero altrui che limita il nostro orizzonte, la lontananza dell’amato, sia essa fisica o anche più sottilmente spirituale, l’asperità del mondo. Ciò che mi sta poeticamente a cuore è la continua declinazione di questi muri contro cui ci si abbatte, sempre in volo alto e spericolatissimo, desquamandosi ogni volta, nell’atto di rinnovare la speranza”. Muri. Muri d’aria. Muri di parole. Muri d’anima. E versi sottili, acuti, vibranti, sempre in grado di aprire brecce attraverso cui respirare ancora e chiamare con tutta la voce che si ha in corpo chi sta “oltre”. Magari la stessa persona che ha eretto la muraglia che ci esclude da quella felicità che è convenzionale e mai anomala, perché anomali sono l’amare e il sentire oltre la soglia dell’ego.
E lama dopo lama
taglio dopo taglio
il filo esiguo della speranza
squarcia il cielo.
Mi hai fatto male
ma non da morirne.
Sono versi che parlano al mondo con un linguaggio che definisco ancora “anomalo”, carico di silenzio e musica, di affanni e respiri, di ombre e radiazioni. Versi che ho scoperto al di là del muro e al di sopra del cielo, “appesi all’ultima stella”. Ho la fortuna e il piacere, adesso, di accompagnarli nel mondo dagli occhi distratti, dove il peso del vivere che grava sulle anime trova da sempre conforto nella poesia.
Roberto Malini
Due poesie da A rigor di stelle
Era neve
La morte accadde.
Era neve
ammantata dal lusso
di essere un altrove per sempre.
E la metro
tinteggiava le ore
sempre uguali
sempre presenti.
Nel buio
indistinto e perenne
ci trovammo
tra fiammiferi e fuochi
a cercarci le mani
a riconoscere voci.
L’ora del lupo
È l’ora del lupo
la neve ha un odore
di glicini in cerca
e voglia di pioggia.
Manca l’aria
è te che ci manchi
sei tu che rimani
impresso nel ventre.