Aleppo, 10 luglio 2014 – È di oltre 20 vittime il primo bilancio del bombardamento con barili Tnt iniziato nelle prime ore del pomeriggio nel popoloso quartiere Myassar ad Aleppo. Lo hanno denunciato fonti locali all’AMC (Aleppo Media Center).
Sul posto sono intervenuti decine di volontari e uomini della Protezione Civile Libera, che si sono trovati davanti scene raccapriccianti: persone incastrate tra le macerie, corpi di bambini smembrati. Le immagini sono drammatiche, ma continuano ad essere ignorate dal mondo.
Il dramma siriano è ormai finito nel dimenticatoio, mentre in Siria si continua a morire. Aleppo, Daraya, Dar’à, Idlib e Hama sono continuamente bombardate dall’aviazione militare che sgancia sulle città decine di barili al giorno. Oltre alla conta delle vittime e al bilancio delle case distrutte gli abitanti di queste città devono affrontare l’emergenza medico-sanitaria: secondo i dati recentemente diffusi dal Syrian Network for Human Rights il numero dei feriti dall’inizio della repressione è di oltre 1 milione, di cui più di 650 mila i mutilati.
Le testimonianze raccolte durante il mio viaggio in Siria tra medici, farmacisti e infermieri raccontano di una situazione al collasso: in molte zone sono attivi solo gli ospedali da campo, che funzionano solo grazie al loro lavoro instancabile e agli aiuti portati da associazioni umanitarie internazionali. Mancano farmaci anti-tumorali e anti-diabetici e molte tipologie di interventi che sarebbero assolutamente indispensabili per salvare la vita dei pazienti o la funzionalità dei loro organi sono impossibili da fare senza una struttura adeguata. Diametralmente opposta la situazione in Siria dal punto di vista delle forniture belliche: i magazzini del regime continuano ad essere ben riforniti di ogni tipologia di arma e il combustibile per far decollare elicotteri ed aerei militari non si è mai interrotto, mentre i civili non hanno più nemmeno il gas per cucinare. Anche le riserve di armi dei terroristi di Isis godono di buona salute, mentre la resistenza siriana, invece, arranca con armi rudimentali.
È anche da questo che continuano a fuggire i civili siriani, scegliendo spesso il mare come una via di fuga, nonostante ogni giorno si contino nuove vittime di naufragi. Eppure la Siria non fa più notizia e questo assordante silenzio rende la comunità internazionale sempre più complice dell’eccidio del popolo siriano.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 10 luglio 2014)