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Maria Luisa Spaziani e Claudio Recalcati a Sondrio (2005) 
“Otip-SO” realizza un doppio, interessante appuntamento con la cultura per il suo II 'Festival delle arti'
03 Luglio 2014
 

Che bella occasione incontrare Maria Luisa Spaziani e Claudio Recalcati nella nostra città, spesso sopita. Nell’ambito del II Festival delle Arti, organizzato dall’associazione Otip-So e patrocinato fra gli altri anche dal mensile, sabato 16 maggio, presso la Sala Vitali della Banca Credito Valtellinese di Sondrio, erano presenti i due autori, accompagnati dal critico Silvio Raffo (grande estimatore della poesia della Spaziani) e presentati da Dome Bulfaro.

Letture poetiche, declamazioni, aneddoti si sono susseguiti per quasi due ore in un clima informale e direi delicato. Poco più di una trentina, soltanto, gli spettatori: peccato, perché la Spaziani è grande affabulatrice, capace di catalizzare l’attenzione con parole semplici che raccontano una vita ricca di esperienze e di incontri di spessore.

Una vita lunga, (nata nel ‘22 a Torino e “uscita” per la prima volta nel ‘54 con Le acque del sabato), testimonianza di fedeltà in un credo che è quello della poesia, precisa Silvio Raffo e di una poesia, quella della Spaziani, che resta ragazza di cinquant’anni anche ora, nell’ultima raccolta La traversata dell’oasi, appunto a cinquant’anni di distanza dall’esordio letterario. Come tutta la vera, grande poesia – continua Raffo – capace di unire con leggerezza forza e grazia: forza dei contenuti, mai superficiali bensì materia incandescente, in grado di arricchire e accendere luci dentro il lettore; grazia di musicalità senza pretese di perfezione formale né cantabilità scontate. Il tutto si traduce in immediata comunicazione, profonda, senza artifici e dolce al contempo, in tensione verso la perfectio animi, quel traguardo in cui finalmente tutto è calma, bellezza e voluttà, per rubare il verso a Baudelaire.

Che il poeta sia una sorta di angelo, portavoce e messaggero di istanze che conducano a questa meta, lo conferma anche Maria Luisa Spaziani raccontando come delle volte si sia stupita essa stessa delle poesie scritte, giudicandone alcune addirittura troppo intelligenti per essere mie. Il poeta scrive lì per lì delle cose che nemmeno capisce; solo poi, in un secondo tempo, ne riconosce il significato e il valore, proprio come se un angelo le dettasse a chi ne appare l’autore.

A volte, dunque, la poesia riesce a sorprendere come quella volta in cui, durante una trasmissione televisiva, “Quelli che il calcio”, il conduttore dell’epoca, Fabio Fazio, decise da vero pazzo – dice sorridendo la Spaziani – di leggere una mia poesia, rivolgendola ai giovani. Poesia che io, certo, avevo ben presente, senza però averla mai investita di un’importanza, per così dire, educativa. Invece la poesia in questione (“Aspetta la tua impronta”) ebbe grande risonanza: un’insegnante di un liceo ligure, il “Luther King”, ne fece ciclostilati e la diffuse in Lunigiana, poi arrivò in Lombardia, in Sicilia... Vennero inviate al conduttore moltissime mail di apprezzamento: roba da matti! Sembrava che avessi cominciato quel giorno a scrivere poesie!

Questi versi presero spunto, all’epoca in cui li composi, da una conversazione avuta con Josif Brodskij (poeta russo, Premio Nobel 1987) di cui mi onora esser stata in rapporti di amicizia. Con lui si parlava di che risposta avrebbe potuto dare la gente alla richiesta di quale fosse stata la violenza massima consumata ai danni dei poeti e degli uomini in generale. Provammo a porre questa domanda a qualche passante; ci fu chi rispose i campi di sterminio nazisti, chi i campi staliniani, chi le persecuzioni verso gli indiani d’America, chi il rogo dei libri... ma infine fummo d’accordo, Brodskij ed io, ad individuare la massima vigliaccheria verso l’umanità nell’indifferenza che non attribuisce alcun valore all’essere umano, al contrario di quanto perfino i fautori degli orrori citati riconoscevano alle proprie vittime, non fosse altro che per poi tentare di deprivarle di tali valenze. Così la Spaziani parla dell’indifferenza come di inferno senza fiamme, del fatale grigio che bisognerebbe stare attenti a non scegliere nelle proprie vite, per non condannare il mondo ad un’assenza di senso.

Ma oltre a lasciar cadere perle di saggezza quasi involontaria, la Spaziani ha catturato la platea con la semplicità di aneddoti personali e spiritosi. Ha raccontato della sua passione per Giovanna d’Arco, definendola un vero innamoramento iniziato a dodici anni e tuttora in corso, e di quanto lunga sia stata la gestazione del libro su di lei: Non riuscivo a scriverne; tutti mi chiedevano quando sarebbe uscito il romanzo, ma io non mi decidevo. Fu un fatto curioso a dare finalmente il via al progetto. Mentre ad una cena spiegavo ad un giornalista le intuizioni avute su Giovanna d’Arco, e su come avesse potuto, lei giovane ragazza del popolo, cambiare i destini storici del suo tempo, mi accorsi dell’orecchio appiccicato del mio vicino di posto, niente meno che Giulio Andreotti, e subito temetti che lui, storico e scrittore, mi potesse rubare le idee per il libro. Tornai a casa allarmatissima e dalla paura mi gettai a capofitto nella scrittura. Così nacque Giovanna d’Arco, il testo a cui mi sento più legata, con tanto di ringraziamenti ad Andreotti, che ancora si chiederà il perché!

Anche dell’incontro con Montale, col quale visse un sodalizio culturale ed intimo durato undici anni, la Spaziani parla con il sorriso e con dovizia di particolari. Avevo 25 anni e dirigevo una rivista, Il dardo, grazie alla quale avevo conosciuto Ungaretti, Quasimodo, Luzi... ma non Montale (che pure adoravo, Ossi di seppia era la mia bibbia, in casa, insieme a Marcel Proust) perché di lui temevo la nomea che lo precedeva, di persona scontrosa, avara, inaffidabile. Quando lo incontrai ad una conferenza stampa al sentire il mio nome fu lui a rivolgermisi, chiedendomi come mai non l’avessi mai invitato a collaborare alla rivista ed io, presa alla sprovvista, trovai il coraggio di invitarlo a pranzo il giorno dopo, a casa dei miei. Ricordo mia madre che commentò: “Per fortuna Proust è morto!”. Ad una domanda di uno spettatore sul suo rapporto con Montale la Spaziani, con ironia, ha precisato come a volte, nell’immaginario collettivo, ci si figuri l’incontro di due poeti come l’unione di due anime tutte prese dal discutere sulle rime, i versi e le immagini poetiche. Invece, davvero, non è così: si parla delle uova che stanno per scadere, della pigione da pagare, delle piccole e grandi beghe quotidiane.

Simpatica, immediata, desiderosa di stabilire un contatto col pubblico, così mi è parsa questa donna poeta, ricca di un’umanità vivace e non data per scontata solo grazie ad un successo affermato da tempo.

 

 

ASPETTA LA TUA IMPRONTA

 

L’indifferenza è inferno senza fiamme.
Ricordalo scegliendo tra mille tinte il tuo fatale grigio.

Se il mondo è senza senso,
tua è la vera colpa.
Aspetta la tua impronta
questa palla di cera.

Maria Luisa Spaziani

(da La stella del libero arbritrio, Mondadori, 1986)

 

 

Claudio Recalcati, l’altro autore presente (nato a Milano nel 1960), inizia il suo cammino in crescendo nel ’92, segnalato fra i giovani emergenti al Premio Montale, curato proprio da Maria Luisa Spaziani; con la sua raccolta Idoli lunari. Nel 2002 è super-vincitore allo stesso Concorso con Un altrove qualunque. Di lui Dome Bulfaro parla come di un poeta capace ogni volta di distruggersi per dare vita a un capogiro del cuore e della mente attraverso i suoi versi e così ricrearsi. Quasi la rievocazione del mito della Fenice. Nella sua poetica si denota, secondo Bulfaro, la caratteristica dell’innocenza: la voglia di fare, di combattere che è pulsione tipica del giovane, della giovinezza. Non è azione a vuoto, ma ricca e feconda.

La mia poesia – afferma Recalcati – si sta orientando sempre più sui poemetti. Ne ho scritto recentemente su tre temi fondamentali nella vita umana: la pace, l’amore, la morte. E per non cadere nel banale, cosa assai facile con argomenti come questi da me scelti, ho voluto affiancare sempre due modi di vedere il medesimo evento, uno più concettuale, l’altro più carnale e concreto. L’evento morte nella serietà del suo essere momento ultimo dell’esistenza, accoppiato ad un approccio direi quasi ironico, sfumatura che a volte non manca in questa circostanza. L’amore come passionalità e romanticismo, ma anche come animalesca carnalità. La pace come difesa di un atteggiamento positivo, ma anche ipocrisia di un certo pacifismo.

“Madre, bestemmia e borbotta” è stato il poemetto, scelto per la serata, proprio su quest’ultimo tema, declamato con voce stentorea da Recalcati e dedicato a Giovanni Testori.

 

 

È QUESTO DOLORE

 

È questo dolore, pressione
costante, al torace, sulle anche è
questo il male che porta al bene
la gioia irriverente dello stare al mondo e
sentirsi assente, estraneo, amorale.

È questa carenza di sonno dice
devi nutrirti e mi tende la mano ma
non passa la gola neppure parola
figurati l’osso, l’oliva, il grano.

Solo l’insetto inghiotto stupito
nella mia bocca ad O.

Ti invito ad un atto concreto,
più umano, violento.

Claudio Recalcati

(da Un altrove qualunque, Moretti & Vitali 2001)

 

 

 

BIOBLIOGRAFIA di M.L. Spaziani

Torinese d’origine (1922), vive a Roma. Fin dalla fondazione nel 1981, è presidente del Centro Internazionale Eugenio Montale e del Premio Montale. Insegna lingua e letteratura francese all’Università di Messina.

Ha pubblicato la sua prima raccolta Le acque del Sabato nel 1954 (Mondadori). Successivamente, presso lo stesso editore, sono apparse numerose altre raccolte poetiche, tra cui Il gong (1962), Utilità della memoria (1966), L’occhio del ciclone (1970), Transito con catene (1977), Geometria del disordine (1981, Premio Viareggio), La stella del libero arbitrio (1986), il poema-romanzo Giovanna d’Arco (1990), divenuto un testo teatrale più volte rappresentato, I fasti dell’ortica (1996), La traversata dell’oasi (Mondadori 2002).

È autrice di racconti, testi teatrali, di lavori critici sulla letteratura francese, e di una serie di “interviste parapsicologiche” con venti grandi poetesse, vissute tra l’otto e il novecento, raccolte in Donne in Poesia presso Marsilio (1992, 1994).

Vasta e diversificata la sua attività di traduttrice: da Ronsard a Goethe, da Shakespeare a Gide, da Gombrich a Tournier.

 

BIOBLIOGRAFIA di C. Recalcati

Claudio Recalcati è nato a Milano nel 1960.

Ha pubblicato le raccolte di poesia Idoli lunari (Scheiwiller 1992), Riti di passaggio (Campanotto 1995), Senza più regno (Lions Club Salerno, Premio A. Gatto 1998), Un altrove qualunque (Moretti & Vitali 2001). Ha scritto sulle maggiori riviste letterarie quali Poesia e Nuovi Argomenti, ha tradotto numerosi testi di Francois Villon, in milanese. Collabora con l’Università Cattolica di Milano con progetti inerenti la poesia.

 

Annagloria Del Piano

(da 'l Gazetin, giugno 2005)


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