“M’inganneranno forse la vecchiaia e il timore, ma sospetto che la specie umana, l’unica, stia per estinguersi e che la Biblioteca perdurerà,
solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, incorruttibile, segreta”
(Jorge Luis Borges)
Biblioteca di parole
È “comunione” la parola che attraversa per intero il lavoro di Giuseppina Rando e la leggiamo a pagina 39. È infatti nella coesione del pensiero che abbraccia libri e autori letti e amati che l’autrice coniuga un piccolo dizionario del pensiero. Un pensiero “gentile che rempaira” all’anima la profondità della bellezza e si coniuga nella condivisione con il lettore per dire la vita per dare una ragione… all’essere… che noi stessi siamo e che ha tra le altre possibilità, quella del cercare e, nel riportare Heidegger, l’autrice legge l’amore come forza di “comprensione e diretta esperienza del nostro essere Uno con Tutto ciò che ci circonda, che fa parte della sfera infinitamente grande dell’universo” riferendosi con empatia alla sua lettura di Piera Isgrò. Nell’intensità di quest’ultima nel dialogo poetico con la sorella, vibra la forza fragile della parola che riemerge da un altrove dal quale il confine tra essere e non essere più è fragile, quasi inesistente tanto che la parola, proprio tramite la poesia rivive una nuova epifania che Pina Rando coglie e dona. È così che si articola più che un libro di bella lettura, uno spartito musicale di belle parole che iniziano dentro l’animo di Pina Rando e che lei stessa, da dietro le quinte del grande teatro della vita, nomina quasi a titolo nella riconsegna alla lettura di un mondo poetico amato e sofferto.
Vivono nell’autrice, l’irrequietezza, la tonalità vibrante, la corda tesa del lavoro e la poetica della conoscenza nella polisemia della sua originale connotazione (da notare che certo a caso amicizia e violenza aprono e chiudono il testo). È così che il suo testo diventa una “biblioteca di parole” che si significano per scomporsi e riattrarsi, per vivere le loro antinomie, per saggiare la libertà di essere ri-nominate. E se esse nascono dall’oscurità abissale della coscienza per attraversare l’esilio e la nostalgia, solo nel silenzio condiviso e necessario alla parola potranno pronunciare la loro bellezza.
Patrizia Garofalo
Giuseppina Rando, Le belle parole
Prefazione di Flavio Ermini
Scrittura Creativa Edizioni, 2013, pp. 216, € 15,00