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Scrivere la musica: Sebald e i momenti musicali
26 Giugno 2014
   

Winfried Georg Sebald è stato sicuramente uno dei maggiori intellettuali che la seconda metà del Novecento abbia incontrato lungo la sua strada. Fine saggista, chiarissimo pensatore e anche grande raccontatore. Nella sua tutto sommato breve vita (morto per un incidente stradale nel 2001, all'età di 67 anni), Sebald è riuscito a conciliare l'attività più filosofica (in senso lato) con quella più romanzesca (anche qui, ovviamente, in senso lato), riuscendo nella difficile impresa di creare due mondi comunicanti, di unire il racconto più tradizionale con la riflessione più profonda. Di qualsiasi cosa parlasse, Sebald lo faceva con un modo e uno stile tutto suo, riusciva a trasformare ogni cosa in letteratura; basti pensare ad un'opera come Le Alpi nel mare, quattro brevissime prose per raccontare i percorsi di una Corsica che solo lui è riuscito a vedere in uno dei suoi numerosi viaggi contemplativi.

La letteratura di Sebald è una letteratura che, in maniera molto semplicistica e incompleta, si potrebbe definire di viaggio, una letteratura irrequieta, difficilmente catalogabile che mischia al suo interno miriadi di vettori diversi, mirando però ad un obiettivo unitario. E anche l'apporto della musica alla sua opera o, più in generale alla sua vita, segue coordinate simili, imprendibili e figlie di un vagabondaggio fruttuoso.

Ogni persona ha dentro di sé una musica che si porta dietro; negli scrittori questa musica si esplica e si rende visibile, donando un'andatura e un ritmo particolare alle loro parole. Da dove però essa venga, per quale motivo essa risuoni o ritorni alla mente, questo non ci è dato saperlo. Sebald, nelle prose contenute in Moments musicaux, mostra come la musica sia veicolo di rimembranze, di fatti passati riportati alla mente, rivestendo piccoli fatti o memorie personali legate alla musica, di un'importanza centrale. Ne è un esempio fondamentale uno dei racconti autobiografici che Sebald affida a queste pagine. Lo scrittore racconta infatti che a Wertach, il villaggio in cui è nato nel land della Baviera, nell'immediato dopoguerra non esisteva la musica, se non quella dei “solenni accordi” della banda locale. Non possedendo un grammofono, la famiglia Sebald ascoltava una vecchia radio Grundig, regalo di una zia americana; solo nei giorni domenicali però, perché durante la settimana non si poteva entrare in salotto. Fino a quando, in una delle solite domeniche, dall'apparecchio iniziano ad uscire fuori le musiche dei valligiani di Rottach, con i loro suoni di cetre e chitarre, ridando vita alla vecchia musica popolare bavarese, amatissima dal padre ma odiata dal piccolo Winfried per i suoi “tratti raccapriccianti”. E poi, anni dopo, quando già lo scrittore si è trasferito a Londra, quella odiata musica si riaffaccia alle sue orecchie tramite una radiosveglia, con il suo riproporre ancora le loro filastrocche, direttamente dalle valli natie. E, il ricordo dell'elemento bavarese, ritorna per l'ennesima volta da un rigattiere londinese, sotto la forma di una vecchia cartolina su cui campeggiano le figure di chi suona quella musica; un monito, che mai si assopisce, per ricordare allo scrittore che mai sarebbe riuscito a sfuggire alla sua storia prenatale.

Inoltre si trova anche il ricordo di un rapporto difficile non con la musica in generale, ma con uno strumento, la cetra. Le pressioni dei genitori lo portano a sottoporsi allo studio di questo strumento, studio che Sebald ricorda come una tortura; ma sarà quello stesso strumento, con il suo suono e con Sebald come musicista, ad alleviare il dolore delle ultime ore di vita del nonno.

Più in generale, la musica assume in queste poche pagine, il peso che aveva assunto in altri scritti di Sebald l'architettura, il paesaggio e la fotografia (indispensabile citare il più grande capolavoro di Sebald, Austerlitz), ovvero si erge al ruolo salvifico di conservazione del passato. Si tratta di un mezzo per fuggire dalla contemporaneità, dal tempo presente, per rituffarsi in paesaggi passati, riattivare memorie assopite e, come dice lo stesso Sebald rifacendosi a Freud, non essere sommersi dagli orrori della realtà contemporanea. Così tutti gli input che colpiscono la mente di Sebald (le foreste della Corsica, le melodie dei compositori) si trasfigurano in qualcosa di alt(r)o, una lontana destinazione che solo la mente più sognante ed evocatrice può raggiungere.

 

Matteo Moca


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