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Alejandro Torreguitart Ruiz. Lettera a Maradona
25 Giugno 2014
   

Il vecchio non ci sta più con la testa, ormai è risaputo, è talmente rimbambito che passa le giornate coltivando moringa e guardando partite di calcio in televisione. Proprio lui che da ragazzo vedeva solo basket e baseball e che avrebbe potuto diventare un lanciatore professionista accettando di trasferirsi negli Stati Uniti. Proprio lui che il calcio manco sapeva che si giocava con i piedi, una volta lo invitarono a dare il via a una partita esibizione della nazionale, lui tirò di punta e per poco non fora il pallone. Ma ora che è soltanto un vecchietto da ospizio, innocuo relitto della storia, si diletta a guardare l'amico Maradona che conduce il programma De Zurda sul canale televisivo Telesur. Non si limita a guardare, scrive pure lettere di felicitazioni, come un piccolo fan che rincorre l'attrice preferita, augura un buon mondiale alla nazionale argentina e al suo gioiello Leonel Messi. Il vecchio dice di raggiungere l'estasi mentre guarda il campionato mondiale di calcio grazie al programma del suo indimenticabile amico, annega ogni dolore nella spettacolare bellezza di uno sport che ha imparato ad amare. Messi è la nuova gloria del popolo argentino, quasi meglio di Che Guevara, ormai passato di moda, come la coerenza, come il comunismo, come l'uomo nuovo, come una società giusta composta da cittadini uguali, come un luogo ideale dove non si vive per avere. Siamo nel 2014, adesso abbiamo Maradona e Messi, mica Cienfuegos e José Martì... ogni epoca ha i suoi miti, in fondo. E poi Diego Armando è stato molto importante nel sostenere Hugo Chávez, promotore dello sport e della rivoluzione latinoamericana. Fidel ricorda i bei tempi, quando era campione di basket al liceo e correva da una base all'altra sui campi di baseball, rammenta di aver dedicato un sacco di tempo all'attività sportiva, un po' come Ernesto che c'aveva l'asma ma giocava a rugby come un leone. Peccato che poi si innamorò della politica mettendosi a girare armato per le strade d'una capitale frequentata da politici e gangster, non necessariamente personalità distinte. Altri tempi. Altri eroismi. Adesso il vecchio ricorda Maradona e una grande amicizia nata all'ombra del trionfo delle idee più giuste dei nostri popoli che nessuno ha mai potuto schiacciare, perdendosi in considerazioni frutto di un'overdose di medicine contro la demenza senile. Svegliate il vecchio, per favore. Ditegli che le nostre idee non hanno mai trionfato. Neppure quelle degli altri, certo. Ma non è una consolazione. Capitalismo e comunismo pari sono: due modelli perdenti, due modi diversi per soggiogare i popoli. Maradona conclude alla grande, ci mette del suo, da personaggio sportivo che in vita sua ha compiuto due imprese epocali: dare calci a un pallone ed evadere il fisco. “Non può esserci soddisfazione migliore. Il più grande uomo di tutti i tempi ha scritto a De Zurda”, dice. Certo, pibe de oro ormai gordo de plata, poteva andarti peggio, poteva scriverti Speedy Gonzales, oppure l'autista di autobus venezuelano che fa riti magici per evocare lo spirito di Chavez. Certo, poteva scriverti un dissidente cubano sputtanato – uno a caso, tanto cogli sempre nel segno – per chiedere comprensione dopo la sua fuga dai tropici.

T'ha scritto Fidel, invece, rincoglionito e stanco, appassito ricordo d'una rivoluzione, emblema vivente di quel che siamo diventati. Un uomo al tramonto che porterà via con sé tutte le idee del passato, la sua triste agonia è la morte lenta della nostra rivoluzione, il lento incedere della realtà che sovrasta le illusioni. Se un tempo c'era il sogno d'una cosa adesso resta solo il niente che ci circonda, mentre un triste leader sopravvissuto scrive lettere d'amore a Maradona...

 

Alejandro Torreguitart Ruiz

L'Avana, 24 giugno 2014

Traduzione di Gordiano Lupi

 

 

 

Garrincha su Maradona

(vignetta in allegato)

Raúl – Gli sportivi che non sono ancora scappati, non vedono l'ora di farlo...

Fidel – Ci resterà sempre Maradona.


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