«La Chiesa secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare».
Con queste parole del numero 111 di Sacrosantorum Concilium, la costituzione del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla liturgia, la Chiesa indica con chiarezza uno dei suoi tesori più preziosi: quella moltitudine immensa, che nessuno può contare – appartenente ad ogni nazione, tribù, popolo, lingua –, che già davanti al trono dell’Agnello e che magnifica il suo progetto di salvezza intercedendo per tutta l’umanità (cfr. Ap 7,9-19). In questi giusti, nelle loro reliquie e nelle loro immagini, risplendono ancora oggi in pienezza le meraviglie operate da Cristo, attraverso il suo mistero pasquale, nelle varie situazioni della loro vita.
Il rapporto che fin dai primi secoli del Cristianesimo ha legato i Cristiani ai santi nasce non soltanto dai loro luminosi esempi di vita e testimonianza ma anche dai tangibili servigi che hanno sempre reso ai loro devoti. I santi sono soccorritori, difensori, protettori. L’efficace intercessione di essi, i sepolcri e le reliquie dei testimoni del Signore sono state considerate da sempre fonte di grazie e di benessere per tutti, raccogliere i loro resti, ricercati come preziosi tesori, era ed è reputato segno evidente di vera devozione.
San Tommaso d’Aquino nella Summa teologica dice: “se si ama una persona, si onora dopo la sua morte anche quello che rimane, non solo il corpo o parti di esso, ma anche le cose eterne come le vesti e altri oggetti consimili”. Collezionare numerose reliquie era ritenuta gloria senza pari, possederle e custodirle certezza di sicura protezione. Ecclesiastici, imperatori, principi, le collezionavano ricercando le più rare, rivaleggiando in sontuosità nel creare ricche e preziose custodie.
La mostra dedicata alla ricostruzione della Cappella delle Reliquie in Palazzo Pitti (aperta fino al 2 novembre 2014, a cura di Riccardo Gennaioli e Maria Sframeli, catalogo Sillabe), come recita il titolo sotto l’epigrafe sintetica ma evocativa “Sacri Splendori”, fa si che a distanza di quasi quattro secoli riaffiori, manifestandosi nella sua magnificenza, l’identità dimenticata e dispersa di un autentico santuario interno alla reggia medicea, ch’era stato inaugurato con cerimonia solenne nel 1616. La mostra ha luogo al Museo degli Argenti, nelle sale di rappresentanza di quelli che furono gli Appartamenti estivi della famiglia Medici.
Ubicata al piano nobile della reggia medicea, accanto agli appartamenti riservati alle granduchesse di Toscana, la Cappella delle Reliquie svolse infatti, per oltre centotrenta anni, il ruolo di scrigno di una delle più vaste e ricche collezioni di reliquiari e oggetti devozionali d’Europa, paragonabile per fasto a quella di Spagna all’Escorial.
Questo straordinario patrimonio, formato da quasi mille oggetti di inestimabile valore fu disperso a iniziare dal 1785. A decretare la dispersione fu in parte proprio il suo splendore: l’oro, l’argento, le pietre preziose e gli altri materiali di pregio di cui erano costituite molte custodie dei sacri resti furono destinati a incrementare le casse del Granducato dai Lorena, divenuti i nuovi signori di Toscana dopo la morte di Gian Gastone de’ Medici, ultimo granduca della casa fiorentina.
L’evento che diede inizio alla disgregazione del prestigioso insieme fu, nel 1785, la volontà di acquisire i vasi in pietra dura appartenuti al più illustre membro della famiglia Medici, Lorenzo il Magnifico, richiesti alla basilica di San Lorenzo dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena per arricchire le collezioni della Regia Galleria degli Uffizi. Questi vasi erano stati recuperati dai due papi medicei, Leone X e Clemente VII, sul mercato antiquariale, e quindi trasformati in reliquiari da Clemente VII e da lui donati nel 1532 alla Basilica di San Lorenzo. In cambio di questi esemplari – oggi custoditi nel Museo degli Argenti – alla basilica fiorentina furono donati quasi cento dei reliquiari appartenenti al patrimonio della cappella di Palazzo Pitti. A distanza di pochi mesi da tale avvenimento, Pietro Leopoldo ordinò un completo riordino delle suppellettili rimaste nel palazzo, che comportò lo smantellamento della Cappella delle Reliquie e il trasferimento di ventinove reliquiari nella nuova Cappella Palatina realizzata al piano terra del Palazzo, con ingresso dal cortile dell’Ammannati. Altri reliquiari furono donati all’allora arcivescovo di Firenze, Antonio Martini, e da questi distribuiti alle pievi e alle chiese della diocesi.
Le quattro sezioni previste dal percorso espositivo sono dedicate ai protagonisti di questo particolare ambito del collezionismo mediceo, quegli esponenti della Casata che più degli altri contribuirono all’incremento del tesoro della Cappella delle Reliquie, a partire da Cristina di Lorena, nipote della regina di Francia Caterina e del 1589 moglie di Ferdinando I, affiancata dall’arciduchessa Maria Maddalena d’Astria, moglie di Cosimo II de’ Medici e vera fondatrice della Cappella delle Reliquie.
Le successive sezioni hanno per protagonisti Vittoria della Rovere, moglie di Ferdinando II de’ Medici e suo figlio, il granduca Cosimo III de’ Medici. Quest’ultimo, in particolare, si dedicò all’incessante ricerca di reliquie, privilegiando quelle appartenute a personaggi che provenivano da regioni remote.
Si ricorda in particolare l’osso del femore di San Casimiro patrono di Polonia e della Lituania, per la quale diede in segno di ringraziamento al vescovo di Vilnius, un dente ed alcuni cappelli di Maria Maddalena de’ Pazzi.
Per preservare le preziose reliquie raccolte Cosimo fece realizzare scenografiche custodie in argento, oro, pietre preziose e pietre dure, frutto della collaborazione tra i più valenti artefici della medicea Galleria dei Lavori e abili scultori come Massimiliano Soldani Benzi e il poliedrico Giovan Battista Foggini architetto di corte, progettista di reliquiari di grande fasto e dalle forme ricercate. Proprio Massimo Soldani Benzi realizzò l’originale reliquiario di San Casimiro, di altissima manifattura, composto da un trionfo di gigli e nastri in argento, sorretto da putti a tutto tondo.
Maria Paola Forlani