Perché la politica non risponde ai richiami internazionali dei giorni scorsi? Perché i media non ne parlano e non si discute di problemi così gravi?
Sembrano caduti nel vuoto i due severi richiami rivolti fra l’8 e il 10 giugno da rappresentanti dell’Onu, dell’Osce e del Consiglio d’Europa alle autorità italiane affinché adeguino le norme sulla diffamazione agli standard giuridici europei per consentire una più ampia circolazione delle notizie (leggi il primo e il secondo dei loro interventi). Perché la politica non risponde a questi circostanziati richiami internazionali? Perché i media non ne parlano? Perché non si discute di problemi così gravi?
A che serve chiudere gli occhi e fare scena muta? A chi giova ignorare gli allarmi e tirare dritto? Perché i richiami della scorsa settimana non sono stati riferiti all’opinione pubblica? Perché non sono stati commentati dal mondo politico? Perché il problema è stato schivato? Come interpretare il grande silenzio che avvolge ciò che avviene? Chi ha responsabilità politiche e istituzionali, risponda. Ci aiuti a capire.
Non si può ignorare un problema così serio quando bussa alla porta con l’imperiosità dei fatti e con sollecitazioni istituzionali così importanti. Si può discutere sul modo di risolvere i problemi, ma bisogna portarli sulla scena pubblica e discuterne, trovare il tempo e il modo di occuparsene. Così si fa nelle società democratiche per risolvere i problemi nell’interesse generale.
La tutela legislativa della libertà di informazione e di espressione è uno di quei doveri inderogabili imposti dalla Costituzione, dai Trattati internazionali, dall’appartenenza a comunità democratiche più vaste. Fra l’altro, l’articolo 10 della Costituzione italiana dice: “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”. Questo principio non è pienamente attuato per quanto attiene alla libertà di informazione e alle norme sulla diffamazione. Lo dicono innumerevoli fatti, lo confermano i ripetuti richiami internazionali formulati in questi decenni. Lo dice la vasta giurisprudenza della Corte Europea. Ed è un problema quanto mai attuale.
Anche in questi ultimi giorni Ossigeno per l’Informazione, come fa da anni, ha reso noti nuovi episodi di grave violazioni del diritto di parola, di espressione e di informazione. Cos’altro deve accadere prima che si provveda, ci dicono molti giornalisti che abbiamo assistito in questi anni? Fino a quando il mondo politico potrà ignorare queste cose? Cosa ne sarà del già debole tessuto dell’informazione pubblica, se non si interviene? Quanto si ridurrà ancora la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica? Possiamo discuterne?
Alberto Spampinato
(da Ossigeno per l'informazione, 17 giugno 2014)