Mi scuso di essere tanto schematica, ma credo sia utile partire così (naturalmente è una mia opinione, peraltro suffragata da una diuturna riflessione).
Chiamo oggi SINISTRA una cultura politica che considera necessario allungare lo sguardo oltre il vigente capitalismo in crisi, dunque una cultura politica che si definisce RIVOLUZIONARIA, nel senso che reputa storicamente finita la possibilità di “riformare” il capitalismo e di vivere oggi -definendosi sinistra- entro una cultura politica socialdemocratica, che pure in Europa ha avuto una gloriosissima storia.
La dico MOLTEPLICE, perché credo che il soggetto della rivoluzione non sia più solo il movimento operaio cosciente di sé, cioè la CLASSE operaia, ma anche il nuovo proletariato mondiale, formato dalle donne, che sono ovunque sul pianeta la maggioranza della popolazione intera e in ogni paese, ma in nessun luogo adeguatamente rappresentata e spesso priva di coscienza di sé, quindi più correttamente definibile sottoproletariato o proletariato straccione, Lumpenproletariat.
La dico di CLASSE, perché credo che il lavoro e la collocazione ideale e pratica nei suoi confronti sia un principio di identità storica precisa e modificabile, restando vero che il processo è di “liberare il lavoro dallo sfruttamento” e in seguito “liberarsi dal lavoro”, attraverso una crescente riduzione dell'orario di lavoro e degli anni di prestazione, per avere una pensione. Il che postula di accrescere le attività che non producono merci, (ma beni d'uso), di estendere la laicità, cioè la libera scelta sulla base di una razionalità condivisa e storica per regolare la riproduzione della specie, assicurare il diritto alla salute, allo studio, alla pace, a una vita degna di questo nome.
La dico di GENERE, perché credo che il massimo ostacolo all'avvio di una sinistra come quella che sto cercando di definire sia la plurimillenaria e persistente ingiustizia verso le donne, che caratterizza il cammino storico, e ha nome PATRIARCATO, che non voglio certo sostituire col MATRIARCATO, ma con una molteplice forma di compartecipazione umana, differenziata nelle più varie scelte e definizioni di sé in ordine al genere di cui si fa parte.
Poiché -sia pure tanto sommariamente elencata- l'impresa è enorme, credo sia utile partire con obiettivi definiti bene, costituendo gruppi comitati studi, le forme più varie di umana spinta associativa, e pattuire un impegno di reciproco e continuo scambio, con precise citazioni (la citazione è l'unica regola etica degli studi “morali o storici”, dove non si può usare la logica deduttiva né fare la prova cruciale dell'esperimento fisico).
Lidia Menapace