Quando compare in tv una manifestazione in paesi africani o asiatici di varie religioni, le donne sono sempre molte; quando alle manifestazioni seguono gli scontri le donne scompaiono; ricompaiono ai funerali; compaiono sole quando si tratta di ragazze rapite da guerriglieri e trattenute e forzate: gli uomini non ribelli tacciono, le donne protestano da sole. I maschi tra loro si “capiscono”?
La prima cosa da fare è organizzare l'azione politica, usando tutti e solo gli spazi agibili, fino allo sciopero, boicottaggio, picchetto, sabotaggio. Non usare la disobbedienza fino a che non si sono sperimentati tutti gli spazi esistenti di agibilità politica e del loro uso fare responsabili il potere politico e le sue “forze”. Quando si organizza una manifestazione mista o si aderisce a una manifestazione organizzata da altri far presente il limite della partecipazione e chiedere che il corteo sia protetto dalle forze dell'ordine da chi vuole entrarvi a viso coperto e con intenzioni non conformi ai limiti posti da chi organizza.
Questo vale per tutti i paesi che hanno qualche forma di democrazia. Solo se si vive in un paese senza esercizio alcuno della democrazia, si può passare ad altre forme di azione e alla clandestinità. Tutto ciò non per nobiltà d'animo o buonismo, ma perché è stupido mettere a rischio senza ragione chi prende parte ad azioni dimostrative. Fare gli eroi e cercare la bella morte (di solito altrui) è già fascismo, così almeno la pensavamo durante la Resistenza.
È decisivo mantenere i massimi spazi possibili di agibilità perché l'uscire dal capitalismo in crisi finale è un lavoro complesso, che ha una parte importantissima di tipo culturale: agire, cambiare le relazioni, sovvertire i “valori” capitalistici e introdurre relazioni alternative, avere bisogni reali e non indotti, conoscere i limiti delle risorse e imparare la responsabilità verso chi verrà dopo di noi e ha diritto di trovare ancora risorse e possibilità ecc. ecc. Molte che oggi sono considerate qualità importanti come la competizione, il merito, l'affermazione di sé, l'industrializzazione a qualsiasi costo sono solo induzioni della cultura capitalistica e vanno cancellate e sostituite convintamente da pratiche, non da prediche: pratiche di vita alternative, nell'uso ad esempio dei “beni d'uso”, che debbono essere lasciati a chi verrà dopo di noi: essi non sono beni comuni, cioè proprietà pubblica, non sono proprio proprietà ecc. ecc.
Iniziative di tipo alternativo ve ne sono molte, ma non si conoscono tra di loro e non raggiungono dimensioni che “disturbino” il sistema: mettere in relazione tra loro queste alternative pratiche è un bellissimo indispensabile lavoro politico.
Tutto questo si può fare rispettando la premessa fatta e cioè ricordando che la rivoluzione che va oltre il capitalismo ha almeno due soggetti e non solo la classe lavoratrice (classe, cioè cosciente di sé, non sociologicamente solo lavoro dipendente). E le donne. Qualsiasi disegno progetto riforma che non passi dall'unico soggetto rivoluzionario (la classe operaia) anche alle donne alla pari come soggetto politico della totale laicità, senza gerarchie né politiche né sociali né culturali né religiose non basta:per questo il ragionare complesso sostituisce la dialettica che è sempre falsamente “plurale” e sempre anela a un approdo riduttivo all'uno.
Così la rivoluzione non si fa e poiché il tempo di una buona socialdemocrazia all'europea è scaduto, resta trionfante la barbarie. È chiaro?
Lidia Menapace